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Don Riccardo Seppia

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(20 Maggio 2011) Enzo Apicella
In carcere a Genova don Riccardo Seppia, accusato di acquistare cocaina che scambiava con ragazzini in cambio di prestazioni sessuali

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    Ciò che successe con il Papa in Nicaragua

    (17 Aprile 2005)

    "Bienvenido a Nicaragua Libre gracias a Dios y a la Revoluciòn", recitava uno striscione messo all'aeroporto quando arrivò il Papa. Se Giovanni Paolo II lo lesse sicuramente gli provocò più arrabbiatura di quella che aveva già dentro.

    Analisti religiosi fecero notare che era stato molto effusivo e cordiale durante tutto il suo giro per il Centroamerica. Aveva accarezzato i bambini, salutato i ragazzi e le ragazze ed alcuni menomati, ma non fu lo stesso in Nicaragua perché rimase molto serio e rigido, senza nessuna spontaneità affettiva, senza alcun gesto che non fosse controllato. E questo accadde prima della confusione che si generò durante la Messa in piazza.

    Una delle prime cose che il Papa fece toccando suolo nicaraguense fu l'umiliazione pubblica che mi fece all'aeroporto davanti a tutti i mezzi di informazione. Nonostante questo non mi colse di sorpresa perché me lo aspettavo ed ero preparato.

    Il Nunzio Apostolico già mi aveva avvertito che sarebbe potuto accadere.

    Il Papa non voleva che i sacerdoti che formavano parte del Governo venissero ad accoglierlo all'aeroporto, ma solo a me successe questo. Il Padre Miguel D'Escoto, che era Ministro degli Esteri, era ad una riunione a Nueva Delhi. Mio fratello Fernando, che sarebbe poi diventato Ministro dell'Educazione, ma che era già dirigente della Juventud Sandinista. Il Padre Parrales, che aveva un incarico diplomatico a Washington. Solo io, come membro del Governo, dovevo essere presente all'aeroporto. Dissi alla Direzione Nazionale che non avevo nessun interesse nell'essere presente al ricevimento e che sarebbe stato meglio darmi un incarico da qualche altra parte dato che, per l'arrivo del Papa, era una negoziazione continua. Chi sarebbe salito sulla scaletta per accompagnare il Papa a terra, se si toglieva il mural con i fondatori del Frente Sandinista dietro alle spalle del Papa quando avrebbe celebrato la messa (non fu tolto). Anche le cose più apparentemente insignificanti si discutevano perché, quando viaggia il Papa, nulla è insignificante.

    Per quello che mi riguarda la Direzione non cedette e mi dissero che dovevo stare lì perché, oltre a far parte del governo, ero anche una gloria nazionale.

    Venimmo minacciati di sospendere il viaggio del Papa, ma siccome poco tempo prima Reagan aveva fatto un giro in tutto il Centroamerica ed aveva evitato il Nicaragua, per il Papa sarebbe stato molto brutto ripetere la stessa cosa. Alla fine il Governo fece una proposta: il Papa avrebbe salutato i Ministri da lontano in modo da non venire a contatto con me.

    Il Cardinale Silvestrini, che era il Vicesegretario di Stato mentre il Cardinale Casaroli era il Segretario, arrivò una settimana prima per definire tutti i dettagli e disse che questa era una soluzione geniale e che così si sarebbe fatto. Il Papa, però, decise in un altro modo.

    Dopo tutti i saluti di protocollo, compresi quelli della guardia di onore ed alla bandiera, il Papa chiese a Daniel, che lo portava a braccetto, se poteva salutare i Ministri e lui disse naturalmente di sì.

    Si diresse verso di noi. Affiancato da Daniel e da Casaroli il Papa cominciò a dare la mano ai Ministri e quando mi si avvicinò, io feci quello che ero già pronto a fare in base ai consigli del Nunzio: mi tolsi il "basco" e mi inginocchiai per baciare l'anello. Lui non permise che glielo baciassi e blandendo il dito come fosse un bastone, mi disse con tono di rimprovero: "Lei deve regolarizzare la sua posizione".

    Siccome non dissi nulla ripeté la sua brusca ammonizione. Mentre tutte le telecamere del mondo stavano riprendendo la scena.

    Un giornalista del Atlantic Monthly scrisse che quando raccontai il fatto a mia mamma, dispiaciuta per l'incidente, mi disse: "Pensavo che ti avrebbe trattato da padre" ed io risposi: "Mi ha trattato da padre, ma non da madre". Francamente non mi ricordo di questo.

    Credo che tutto questo fu premeditato dal Papa e che le telecamere fossero allerta. Il fatto è che queste immagini furono diffuse in tutto il mondo e continuano ad esserlo: ancora adesso, 29 anni dopo, mi hanno informato che le hanno tirate fuori in occasione di un recente viaggio del Papa in queste zone.

    In quella occasione, il nordamericano Blase Bonpane, scrisse una lettera aperta al Papa dicendogli che era scandaloso quello che mi aveva fatto e che doveva chiedermi perdono pubblicamente e gli fece notare che, mentre a me aveva fatto questo, in Salvador aveva abbracciato l'assassino di Monseñor Romero.

    In effetti l'atto del Papa era stato ingiusto dato che la mia situazione con la Chiesa era già regolarizzata. Il Vescovo locale mi aveva già dato l'autorizzazione ad avere incarichi pubblici e così anche gli altri sacerdoti che avevano questi tipi di incarichi e questa autorizzazione era stata resa pubblica (Fu solo dopo che il Vaticano ce lo proibì).

    La verità è che la cosa che più dava fastidio al Papa era che la Rivoluzione nicaraguense non perseguitava la Chiesa. Lui avrebbe preferito un regime come quello polacco, anticattolico in un paese altamente cattolico e quindi, impopolare.

    Quello che meno voleva era una rivoluzione appoggiata in modo massiccio dai cristiani, in un paese cristiano e quindi una rivoluzione molto popolare. E la cosa peggiore era che si trattava di una rivoluzione con sacerdoti! Non era così la posizione del Cardinale Casaroli. Io ero stato ricevuto da lui in Vaticano un anno prima. Il suo ufficio era sotto a quello del Papa. Incominciò a dirmi che io sapevo benissimo quale era la posizione del Vaticano rispetto a sacerdoti che avevano posti di Governo, ma che credeva che il Nicaragua poteva essere un'eccezione perché era una cosa nuova. Lui era solito dire in Vaticano: "In Nicaragua tutto è nuovo". Mi domandò di Solentiname e quando gli dissi che volevo rinunciare all'incarico per tornare là vidi uno sguardo preoccupato sul suo volto.

    Mi disse che era una decisione da non prendere con leggerezza e che doveva essere pensata e consultata. Quando gli dissi che gli incarichi per i sacerdoti nella Rivoluzione non erano onorifici, ma tra i più fondamentali, vidi che rimase molto impressionato come fosse qualcosa a cui non aveva pensato. Quello di Ministro degli Esteri era l'incarico più importante in un Governo, quasi paragonabile al suo che era Segretario di Stato. A Fernando gli avevano affidato la formazione della gioventù, che era il futuro della Rivoluzione. Quello della Cultura era il Ministero ideologico della Rivoluzione: incaricato delle pubblicazioni, letteratura, cinema, teatro, arti plastiche, musica, biblioteche, Case della Cultura. Mi disse nuovamente che dovevo pensarci bene prima di tornare a Solentiname. Anche a lui, quello che più gli piaceva, era dare lezioni di Filosofia, ma che aveva rinunciato per il lavoro che gli avevano affidato in Vaticano. Mi disse che conosceva bene il marxismo perché era stato Nunzio nei paesi socialisti per 8 anni e che non avrebbe avuto nessun problema con un marxismo che non obbligasse ad essere ateo e gli dissi che questo era il marxismo della Rivoluzione in Nicaragua.

    La notte precedente alla grande Messa del Papa a Managua, nella stessa piazza mentre si facevano i preparativi per la messa, il Governo e la gente celebrarono insieme i funerali di 17 ragazzi in età scolare che erano stati uccisi dalla Contra.

    Questo fu il primo attacco forte della Contra in Nicaragua. Non si era ancora conformato l'esercito e la difesa era gestita dai giovani che non avevano esperienza militare e nemmeno buone armi (quando li attaccarono non avevano nemmeno messo la guardia). Il sangue era fresco in questo posto e ci si aspettava, da parte del Papa, almeno una parola in favore della pace.

    Negli altri paesi centroamericani l'affluenza era stata dalle 75 mila alle 100 mila persone, ma a Managua ne arrivarono 700 mila ed avevano viaggiato giorni per poter sentire il Papa. Vennero da tutte le parti del Nicaragua con camion strapieni e tutta Managua era piena di questi camion. La massa di gente era lì dalla mattina presto sopportando il sole tremendo. Si era decretato giorno festivo per l'arrivo del Papa ed il trasporto era gratis in tutto il paese. In tutto il paese si formarono commissioni con le autorità civili, militari e con il prete di ogni parrocchia per permettere l'arrivo a Managua di tutti coloro che volessero ascoltare il Papa e tutto questo, costò 50 mila dollari all'impoverito Nicaragua. Il Governo fece tutto il possibile affinché la piazza si riempisse di gente perché, riempirsi di gente, voleva dire riempirsi di rivoluzionari.

    In quel tempo il Nicaragua aveva 3 milioni di persone e ne arrivarono 700 mila e cioè un quarto della popolazione. Anche la destra portò tutta la gente che poté e ne arrivarono 50 mila capeggiate dal Padre Carballo che li accompagnò la notte precedente per prendere i posti davanti.

    Rimasi molto perplesso quando il Papa, all'aeroporto, disse che gli dispiaceva per la gente a cui non avevano permesso di venire come avrebbero voluto fare. Durante la messa lo ripeté varie volte e ci metteva un'enfasi perversa in ogni sillaba affinché si capisse che pensava che erano molti quelli a cui non avevano permesso di venire.

    Sarebbero per caso potute venire più di 700 mila persone? E siccome il discorso era già scritto ed era stato portato da Roma, come potevano sapere che erano molte le persone a cui non si era permesso venire? All'inizio del pomeriggio di quel 4 marzo del 1983 eravamo già tutti sudati perché quello è uno dei mesi più caldi in Nicaragua e ci potevano essere 40°, ma nessuno poteva sapere che gli animi si sarebbero riscaldati più di quei 40°.

    In modo inatteso la Messa cominciò con un intervento del Vescovo Obando.

    La Rivoluzione si era sforzata così tanto per riempire questa piazza e tutto per sentire, ora, l'arcinemico della Rivoluzione stessa. Durante tutte le negoziazioni non si era mai contemplato che Monsignore Obando parlasse e lui dette il benvenuto al Papa paragonando il suo arrivo in Nicaragua a quello di Giovanni XXIII quando visitò un carcere di Roma.

    Mi colpì questo paragone del Nicaragua con un carcere, ma mi colpì ancora di più l'applauso della piazza. Il popolo si stava forse rivoltando contro di noi? Le Letture della messa non furono casuali e si vedeva che erano state scelte appositamente per usarle contro i sandinisti. Dall'Antico Testamento si lesse il pezzo sulla Torre di Babele: gli uomini che volevano essere uguali a Dio. Dal Nuovo Testamento si lesse la parte del Buon Pastore: solo Cristo può esserlo e gli altri sono ladri. Il tema dell'Omelia fu sull'unità della Chiesa che voleva dire un attacco alla chiamata "Chiesa popolare" o "Chiesa parallela": i cristiani rivoluzionari che venivano accusati di voler distruggere questa unità.

    Fernando ed io eravamo seduti vicini nella tribuna del Governo e poco prima che cominciasse la messa, lo chiamò Daniel Ortega per chiedergli di dire ad un gruppetto di teologi, che erano pronti ad assessorare in caso di emergenza, che non c'era nulla da temere perché aveva letto l'Omelia del Papa e non era conflittuale.

    Il problema era che non sembrava conflittuale a chi la leggeva velocemente , ma lo era se letta dal Papa. L'aggressività non era nelle parole usate, ma nel tono accusatorio con cui venivano dette ed a volte, gridate. Una cosa era dare un'occhiata ad un testo innocuo, un'altra cosa era ascoltarlo letto dal Papa.

    Era chiaro che il Papa odiava la Rivoluzione sandinista ed era venuto in Nicaragua per scontrarsi. Quello che era più sconcertante era che, ogni volta che finiva una frase, la folla scoppiava in un applauso ed in Viva per il Papa. Ci sono stati momenti in cui ho pensato che la Rivoluzione sarebbe crollata e che, se continuava così, a tutti noi del Governo ci sarebbe toccato fare le valigie il pomeriggio stesso. Fu in quel momento che finirono i grandi applausi e quelli che applaudivano erano solo i 50 mila portati dal Padre Carballo ed il resto della piazza aveva cominciato a protestare contro il Papa.

    Più tardi mi resi conto che l'orientamento della Rivoluzione in tutto il Paese era stato di non gridare slogan politici e di applaudire ed invocare il Papa ad ogni frase dell'Omelia perché, come accordato con il Vaticano, si pensava che i contenuti sarebbero stati solo di tipo Pastorale.

    Se uno vede il video della Messa può rendersi conto come ci fu un cambiamento progressivo tra la gente nella piazza. Prima smisero di applaudire e poi cominciarono a protestare sempre di più mano a mano che si rendevano conto che il Papa, parlando della Chiesa, stava parlando contro la Rivoluzione e contro i cristiani ed i sacerdoti della Rivoluzione stessa.

    Quindi non fu, come molti hanno poi detto, un attacco premeditato al Papa da parte della Rivoluzione, ma fu il Papa che attaccò per primo ed il popolo rimase confuso e dubbioso per 20 minuti e poi reagì contro il Papa.

    Più volte aveva detto che il Nicaragua era la sua "seconda Polonia" e questo fu un grande errore perché il Nicaragua non era la Polonia.

    Pensava ci fosse un regime impopolare rifiutato dalla maggioranza cristiana e che la sua presenza belligerante avrebbe creato una sollevazione popolare contro i Comandanti della Direzione Nazionale e contro la Giunta di Governo che erano presenti nella piazza. Che sarebbe bastato parlare contro la Rivoluzione sandinista per avere l'appoggio di tutta la piazza. Il Papa venne in Nicaragua per destabilizzare la Rivoluzione e se non si fosse sbagliato tutti i giornali avrebbero detto che il popolo rifiutava la Rivoluzione e questa sarebbe stata la sua fine, come io ho per un attimo temuto. Siccome il popolo appoggiò la Rivoluzione e rifiutò il Papa la notizia che girò per il mondo fu "sull'affronto subito dal Papa in Nicaragua". Il popolo mancò di rispetto al Papa, è vero, ma il Papa fu il primo a mancare di rispetto al popolo.

    All'inizio le madri dei 17 ragazzi uccisi chiesero al Papa una preghiera per i loro figli e lui non le diede retta. Poi si avvicinarono all'altare e cominciarono a chiederlo gridando. Altri chiedevano una preghiera per la pace e poco dopo, erano in molti a gridare "Vogliamo la pace" e ciò fece sì che il Papa rispondesse alla moltitudine gridando: "La Chiesa è la prima che vuole la pace". Più tardi, mentre la protesta cresceva sempre di più, prese il microfono e gridò a pieni polmoni: "Silenzio!". Ciò fece ancora più arrabbiare il popolo che non era abituato a che i loro dirigenti gli gridassero in quel modo.

    "Silenzio!". Da quel momento la mancanza di rispetto fu totale. Il Papa voleva recitare le parole della Consacrazione, il momento più solenne della Messa , ma non poteva per le grida della gente. "Vogliamo la pace", "Potere Popolare", "Non passeranno!" Vi erano anche grida in favore del FSLN mentre, le migliaia di persone di destra inneggiavano al Papa. In un video si sente una donna che grida: "Non è un Papa dei poveri, guardate come è vestito!".

    Ancora due o tre volte il Papa gridò di stare zitti e per la prima volta nella storia un papa veniva umiliato dalla gente. Nei video lo si vede sconcertato per quello che stava succedendo e molte volte dava segni di vacillamento con la voglia di abbandonare l'altare. Alla fine della messa riuscì appena a dare la benedizione dopo averci tentato per tre volte davanti alla moltitudine che stava cantando l'inno del Frente Sandinista.

    Il Papa andò direttamente all'aeroporto con un auto accompagnato solo dal Vescovo Obando e durante il percorso nessuno dei due disse una parola. L'autista della macchina, che era un ufficiale del Ministero degli Interni, raccontò poi che il Papa era taciturno e non disse nulla su quanto era successo.

    Arrivato all'aeroporto volle salire sull'aereo senza nessun protocollo di saluto, ma fu fermato e gli fu impedito di andarsene in questo modo.

    L'Ambasciatore del Nicaragua in Vaticano, il mio amico Ricardo Peters, mi raccontò che, terminata la messa, si avvicinò a Monsignor Casaroli per chiedere una sua opinione e gli disse: "Il Papa è venuto a fare un atto politico in Nicaragua e Sua Eminenza ha visto il risultato".

    Casaroli sembrava essere d'accordo e disse che avrebbero visto come riparare questo a Roma, ma non fu mai riparato.

    Casaroli era stato propenso a mantenere buone relazioni con il Nicaragua e magari fu anche contento di ciò che era successo perché dava ragione a lui e dimostrava che la politica del Papa era sbagliata. Quello che accadde fu che Casaroli fu sospeso dall'incarico di Segretario di Stato (il numero due del vaticano ed un possibile futuro Papa) e mandato in un'oscura parrocchia in Italia dove non so se avrà avuto la possibilità di dare lezione di Filosofia come diceva. Monsignore Obando divenne Cardinale e prima di tornare in Nicaragua si fermò a Miami per riunirsi con gli esiliati nicaraguensi che lo accolsero con giubilo.

    Quello che hanno detto il Vaticano, i mezzi di comunicazione dell'informazione capitalista del mondo intero, molti vescovi, fu che il regime marxista del Nicaragua aveva commesso un oltraggio contro il Sommo Pontefice e si parlò di sacrilegio e di profanazione della messa papale. In altre città di paesi centroamericani che visitò dopo furono celebrate messe per recuperare il fatto. Certamente fu gettato discredito sulla Rivoluzione, ma cosa sarebbe successo se il popolo avesse continuato ad applaudire? Mi sembra che fu una prova di fuoco per la Rivoluzione e che ne uscì trionfante. Era una popolazione prevalentemente cattolica quella che era presente e nemmeno tutto il prestigio ed il potere spirituale del papa di Roma riuscì a farla rivoltare contro i propri dirigenti, ma si rivoltò contro il Papa.

    Negli Stati Uniti il giornale cattolico National Catholic Reporter scrisse che il Papa in Nicaragua si era rifiutato di parlare di pace come aveva fatto in altre paesi centroamericani e la moltitudine gli si era rivoltata contro come aveva fatto San Paolo con il primo Papa.

    Altri segnalarono che nelle varie messe campali in Centroamerica il messaggio del Papa fu di pace, meno che in Nicaragua, dove era ancora di più necessario perché stava affrontando una guerra. Non pregò per la pace e nemmeno per i caduti. Venne anche segnalato che nei paesi latinoamericani dove esisteva una guerriglia il Papa si rivolgeva ai guerriglieri esortandoli a deporre le armi. In Nicaragua non lo fece nonostante soffrisse una guerra finanziata da Reagan ed era un posto dove la sua esortazione avrebbe potuto sortire qualche effetto dato che venivano commesse atrocità e crimini invocando il suo nome.

    Pochi mesi dopo circolò per il mondo un documento segreto dal quale il Papa prese spunto, informandolo sulla situazione politica ed ecclesiastica, per la visita che avrebbe fatto in Nicaragua. Teologi spagnoli dissero che l'attitudine del Papa sembrava derivata dal fatto di essersi attenuto letteralmente alle proposte di questo documento e che da qui si può ricavare una spiegazione al suo comportamento. La rivista francese Informaciones Catolicas Internacionales commentò: "Sembra più un documento fatto dal Consiglio di Sicurezza degli Stati Uniti che un documento pastorale. Tutto il testo riguarda la politica ed i rapporti di forza; non esiste nessuna preoccupazione pastorale o evangelica". Si scoprì che l'autore era il nicaraguense Humberto Belli, un fanatico di destra che dopo il trionfo della rivoluzione diresse la campagna ideologica del giornale La Prensa in campo religioso. Collaborò strettamente con Monsignore Obando e più tardi, con gli Stati Uniti, organizzò una campagna di diffamazione sulla Rivoluzione sandinista e sui settori della Chiesa che l'appoggiavano. Le tesi di Belli, sintetizzate da una équipe specializzata nordamericana, furono date al Papa con una struttura grammaticale e sintattica presa dall'inglese e da queste, elaborarono il discorso del Papa in Nicaragua.

    Inoltre c'è altro che il Vaticano ha tenuto segreto e sono molto pochi quelli che l'hanno saputo. Con il Papa in Nicaragua arrivarono anche 20 giubbotti antiproiettile ed insistettero affinché ne usasse uno durante la messa, ma lui non volle. Per me questo è un fatto molto chiaro: sapevano che il Papa avrebbe fatto un discorso di fuoco in Nicaragua e che avrebbe potuto rovesciare il Governo e che quindi, avrebbe potuto subire un attentato.

    Il Superiore Generale di un ordine religioso molto vincolato al Vaticano ha rivelato in confidenza che il Papa Giovanni Paolo II era molto vendicativo e che non si è mai dimenticato di ciò che era successo in Nicaragua. Questo mi venne confermato quando, anni più tardi, il Papa tornò in Nicaragua per vendicarsi dei sandinisti e non perse l'occasione per umiliare i dirigenti che lo avevano umiliato e che avevano perso il potere politico dopo la sconfitta elettorale. Ottenne anche che il National Catholic Reporter scrivesse questa volta che il Papa, che aveva visitato un carcere di Roma per perdonare la persona che aveva attentato contro la sua vita, non era riuscito a perdonare i sandinisti.

    Questa seconda volta il Papa, durante la sua messa campale, disse che questa volta finalmente erano potuti arrivare in piazza tutti quelli che avevano voluto dimostrare la loro fede e senza che nessuno glielo impedisse: nonostante che il pubblico presente non fosse nemmeno un terzo di quello che era arrivato la prima volta.

    Si riferì al Nicaragua della prima volta chiamandolo "la notte scura" nonostante quella volta la messa fu a metà del pomeriggio in pieno sole.

    Ed è vero che per molti cattolici, quella volta, quando verso sera si allontanarono dalla piazza coperta di fogli, quelle che caddero furono tenebre e vacillò la fede di molti e molti la persero.

    E forse chi interpretò nel modo migliore la maggioranza di coloro che colmarono la piazza fu un venditore di noccioline che disse: "Il Papa non ci ha detto niente, ci ha lasciato un vuoto".

    Ernesto Cardenal (sacerdote e Ministro della Cultura durante il governo sandinista 1979-1990).

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