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I giovani nella costruzione del partito rivoluzionario

Verso il IV Congresso del Pdac: intervista ad Adriano Lotito (Gcr)

(10 Marzo 2015)

AdrianoLotito

a cura della redazione web

Continuiamo le interviste sulll'imminente IV Congresso nazionale del Partito di Alternativa Comunista (maggio 2015). Dopo la prima intervista a Ricci, dell'Esecutivo nazionale del partito, oggi incontriamo Adriano Lotito, coordinatore nazionale dei Giovani Comunisti Rivoluzionari, il progetto di costruzione giovanile avviato da poco dal Pdac.
Adriano, innanzitutto qual è lo scenario nazionale e internazionale in cui si trovano a intervenire i Gcr?

La situazione generale della lotta di classe in Italia è molto problematica. Ci troviamo di fronte ad un governo che gode di un moderato consenso popolare e ha messo in piedi degli attacchi durissimi alla classe lavoratrice e alle nuove generazioni.
Il Jobs Act si inserisce in un ventennale percorso di precarizzazione del lavoro e del futuro dei giovani: con quest'ultimo tassello si va a svuotare definitivamente il senso dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cancellando la possibilità del reintegro in conseguenza di un licenziamento senza giusta causa; si opera un drastico ridimensionamento dei diritti e delle condizioni dei lavoratori (si pensi al demansionamento, alla eliminazione della causale per i contratti di apprendistato, già fucina di precariato in particolare per i più giovani che intraprendono le prime esperienze lavorative, ecc.).
Il progetto della “Buona scuola” invece continua il processo di dequalificazione e subordinazione dei saperi alle logiche di mercato, di apertura dell'istruzione pubblica al dominio e ai condizionamenti dei privati, di cancellazione del diritto allo studio e di trasformazione delle nostre scuole in aziende governate in piena autonomia da presidi “manager” che premieranno i docenti sulla base di criteri di “merito” e “competitività”; criteri lontani anni luce dalla concezione di scuola come laboratorio di saperi critici.
Altri progetti antipopolari sono il Piano Casa, che priva di ogni diritto le famiglie costrette a occupare una casa per la crisi economica, il decreto Sblocca-Italia, che continua con le Grandi e inutili opere inondando di colate di cemento il nostro Paese, e il decreto Milleproroghe, che cancella il blocco degli sfratti per il 2015. Insomma, un attacco su tutti i fronti.
La classe lavoratorice, le masse studentesche e le organizzazioni che dovrebbero rappresentare gli interessi di queste categorie sociali subalterne come stanno reagendo alla guerra sociale scatenata dal governo Renzi?
Purtroppo stiamo assistendo ad una resa incondizionata da parte di quelle organizzazioni che dovrebbero difendere i nostri diritti. Le burocrazie sindacali hanno inscenato degli scioperi e delle manifestazioni-passeggiata lo scorso autunno (in particolare lo sciopero generale della Cgil, pur gigantesco, si è avuto quando il progetto del Jobs Act era ormai già andato in porto). Adesso perfino i leader che avevano alzato un po' più la voce, come il sopravvalutato Landini, hanno deciso di abbassare il capo davanti a questi attacchi (riaprendo anche a Marchionne nel mese di gennaio). La Camusso, che aveva promesso un rilancio del conflitto, ha fatto anche lei dietrofront, lasciando quelle poche avanguardie operaie che resistono isolate. Invece i sindacati di base sono occupati nel difendere i propri orticelli facendo di tutto per evitare un'azione unitaria e compatta dei loro lavoratori iscritti e anzi spesso vedendo come un pericolo qualsiasi iniziativa unitaria che tenda a superare questi inutili e dannosi recinti.
Anche le organizzazioni studentesche non sono compatte e tendono a risolversi sempre e solo in manifestazioni rituali slegate da una prospettiva di lotta di lungo periodo. L'unica prospettiva in grado secondo noi di mettere in difficoltà il governo e i poteri forti che rappresenta.
Invece sul versante dell'organizzazione politica qual è la situazione? E perché c'è bisogno di un nuovo progetto?
Assolutamente non migliore, anzi. La sinistra politica è in crisi perchè non riesce a dare risposte concrete alla classe. Proprio sulla base di questa situazione si rende necessario costruire un progetto alternativo: per questo motivo il Pdac ha valutato la opportunità di avviare questo importante strumento costituito dai Giovani comunisti rivoluzionari. Le nuove generazioni meritano un punto di riferimento nella lotta per il cambiamento. Quel punto di riferimento che manca a sinistra.
Dopo anni di egemonia da parte della direzione riformista di Rifondazione comunista, lo sgretolamento di questa, la totale apatia e paralisi nel lavoro della sua organizzazione giovanile, i Giovani comunisti, hanno lasciato un campo libero per la costruzione di un soggetto alternativo. I Gcr nascono appunto con l'intento di intercettare le energie conflittuali delle nuove generazioni e di incanalarle nella prospettiva politica della rivoluzione socialista e nella forma organizzativa del bolscevismo e della migliore tradizione del movimento operaio. La sconfitta, o meglio l'autodistruzione, del riformismo, dopo anni di tradimenti operati nei governi di centrosinistra, da un lato ha l'effetto sicuramente negativo di un “esodo” (il ritorno a casa di tanti onesti militanti rimasti delusi dall'opportunismo), ma dall'altro può rappresentare l'occasione per costruire qualcosa di diverso, un progetto irriducibile ai fallimentari tentativi messi in campo negli anni passati e tutti compatibili con l'ordine delle cose.
Lo spazio lasciato vuoto dalle organizzazioni giovanili della sinistra riformista può essere occupato però anche da altri gruppi e ideologie; mi riferisco ai centri sociali dell'area autonoma, che in diversi territori e anche in alcuni settori della classe lavoratrice hanno imposto la propria egemonia.
Crediamo che siano vane ed effimere le soluzioni movimentiste e autonome: certo, la crisi del riformismo lascia libero il campo anche a queste correnti e ideologie, ma già in passato queste hanno dimostrato di non essere all'altezza dei compiti storici di emancipazione e progresso; di non essere all'altezza degli attacchi delle classi dominanti a giovani e lavoratori; di non poter e saper realizzare al meglio le aspirazioni rivoluzionarie della gioventù in lotta, e la sorte degli antenati di queste organizzazioni negli anni Settanta la dice lunga sull'efficacia di questi metodi e questi programmi.
Infatti l'impostazione politica della cosiddetta area dell'Autonomia, si traduce in un rifiuto del potere operaio: l'importante per chi sostiene queste posizioni non è la presa del potere da parte del proletariato che impone la sua dittatura per favorire la transizione ad una economia socialista, in grado effettivamente di soddisfare i bisogni di tutti; al centro del loro minimalismo politico c'è invece la lotta per "spazi autonomi" di gestione delle risorse (spazi all'interno della società capitalistica che non possono avere che una scala ultra-locale e che in ogni caso non possono rendersi totalmente indipendenti dal controllo sociale del capitale per quanto vengano definiti “zone liberate”); a questo si aggiungono altre teorizzazioni individualistiche come quella dell'"appropriazione" per cui il soggetto non deve più lottare per un interesse generale e perché tutti possano godere e fruire di determinati beni, ma deve "appropriarsene" nell'immediato attraverso la pratica dell'"esproprio".
Sostituire il faticoso lavoro della costruzione del partito rivoluzionario con pratiche frammentarie di "auto-realizzazione" immediata dei soggetti; sostituire la prospettiva universale e tesa al futuro della rivoluzione socialista con delle pratiche molecolari di presunto "contropotere" che non posso che avere un respiro territoriale e non andare oltre delle (a volte condivisibili) dichiarazioni di intenti: come se fosse possibile esercitare un autentico contropotere e affermare gli interessi delle soggettività sociali senza togliere il potere alla borghesia, senza distruggere il suo Stato per sostituirlo con uno Stato operaio, senza assumere il controllo dei mezzi di produzione e di scambio.
Siamo convinti che una politica basata esclusivamente sul sensazionalismo della protesta, sugli scontri con la polizia, sull'estetica del conflitto come surrogato di un'organizzazione e di una prospettiva assenti, non sia in grado di creare un reale cambiamento; non è con le occupazioni sporadiche né sfasciando le vetrine di banche e negozi che si può rovesciare il capitalismo; ma solo impegnandosi nella costruzione di un partito rivoluzonario, di una direzione consapevole che colleghi le lotte studentesche, con quelle operaie e per i diritti, alla prospettiva generale di una trasformazione in senso socialista della società.
Proprio per questo nascono i Giovani Comunisti Rivoluzionari.
Infatti. Per questi motivi abbiamo voluto costruire un ambito specifico di militanza e lavoro politico per le nuove generazioni, per fare avanzare da un lato l'analisi della condizione studentesca e del precariato giovanile e dall'altro il lavoro di costruzione di un'avanguardia all'interno di un settore tanto vitale quanto però poco attivo in questi ultimi anni nel nostro Paese. Un lavoro che portiamo avanti insieme ai giovani militanti di tutte le altre sezioni della Lit – Quarta internazionale, l'organizzazione mondiale di cui facciamo parte.
Crediamo che non sia possibile garantire un futuro alle nuove generazioni senza lottare per una prospettiva di lotta rivoluzionaria, una prospettiva che superi l'attuale sistema capitalistico per portare ad una economia pianificata sotto il controllo dei lavoratori e i cui assetti produttivi siano finalizzati al benessere di tutti e non al profitto di pochi.
In questa prospettiva, la lotta di studenti e giovani lavoratori si rivela importantissima e a volte decisiva: basta guardare alla decisiva presenza giovanile all'interno di tutte le mobilitazioni rivoluzionarie degli ultimi anni (dall'Egitto alla Siria). Oppure alle imponenti mobilitazioni che hanno attraversato Canada e Cile nel 2011-2012 sempre contro le stesse politiche di dequalificazione e mercificazione del sapere e di privatizzazione delle scuole che subiamo anche noi in Italia.
D'altra parte come abbiamo cercato di mostrare, non esiste oggi nessun soggetto politico che possa conferire a queste lotte una giusta direzione rivoluzionaria e internazionalista.
Per questo e con questa prospettiva i Giovani comunisti rivoluzionari hanno partecipato alle mobilitazioni studentesche dello scorso autunno, aderiscono alla mobilitazione nazionale del 12 marzo e fanno appello a tutti i lavoratori e le lavoratrici, a tutti gli studenti e le studentesse, ad aderire a questo progetto di lotta e di costruzione dell'unica reale alternativa al massacro sociale: quella comunista, rivoluzionaria e internazionalista.


Partito di Alternativa Comunista
Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale

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