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Il mito del federalismo europeo sta crollando

(12 Marzo 2015)

steinmeieri

Frank-Walter Steinmeier

Amadeo Bordiga, nel lontano 1950, non aveva a disposizione un’intera biblioteca di dati sull’economia mondiale, e neppure qualcuno che lo informasse sui segreti piani di Washington e di Londra; aveva solo il metodo marxista, che s’era rifiutato di rivedere secondo i suggerimenti dei mille revisionisti di destra o di”sinistra”, e poteva scrivere sui periodici, “Battaglia comunista” e “Prometeo”, degli internazionalisti allora non ancora divisi, con un numero di lettori assolutamente inferiore a quello che qualsiasi smanettone oggi può raggiungere tramite internet. Eppure comprese certe cose che noi ancor oggi stentiamo a capire fino in fondo, e ancor meno a divulgare.
Non c’era ancora la pesante struttura burocratica dell’Unione Europea, eppure poteva già affermare che “Il movimento federalista europeo, coi suoi stupidi progetti interparlamentari, maschera in realtà di un’organizzazione di guerra a comando extraeuropeo, non risponde ad altro che al migliore consolidamento della dittatura del Capitale americano sulle varie regioni europee, e al tempo stesso della interna dominazione sul proletariato americano, le cui vane illusioni di prosperità hanno per sicuro sbocco, nel volgere del ciclo storico, l’austerità che la più ipocrita delle borghesie fa inghiottire alle classi operaie d’Inghilterra” (1)
In altre parole, il federalismo europeo era l’involucro che imprigionava, in contrasti senza fine, le spinte dei singoli stati nazionali, rendendo impossibile, in ciascuno di essi, la formazione di una comune rivoluzionaria. Nello stesso tempo, poiché un popolo che ne domina altri non può essere libero, assicurava il dominio borghese sull’illuso proletariato americano. E si noti la previsione, alla fine del ciclo, dell’austerità, come oggi verifichiamo, con la dispersione dell’aristocrazia operaia e l’indebolimento dei sindacati in USA, il crollo dell’occupazione, la diffusione della povertà nei PIIGS, e il forte incremento dei salariati al limite della povertà nella “ricca” Germania.
Conseguenza di questa analisi era che, in assenza di una forte ripresa proletaria, la struttura europea poteva reggere finché almeno uno stato (verosimilmente la Germania) non fosse diventato abbastanza forte per sottrarsi alla dominazione USA. Forse oggi siamo vicini a quel momento. E non perché i tedeschi si scoprano improvvisamente patrioti o siano diventati coscienti del processo in corso, ma perché i loro interessi economici li portano in quella direzione. Le sanzioni economiche alla Russia e il tentativo USA di subordinare ancor più l’Europa con l’ingresso nel TTIP (Transatlantic Trade and Investiment Partnership) creano danni crescenti, e, mentre la parassitaria classe dirigente italiana si sta adeguando, ci sono segni di insofferenza in Germania.
Ne dà notizia “Sputnik Italia”: “Per la prima volta la Germania in aperto conflitto con la NATO” "La Germania cerca di evitare una soluzione militare alla crisi ucraina e non vuole rovinare i rapporti con la Russia, mentre gli Stati Uniti mirano a bloccare l'espansione dell'influenza di Mosca e sono pronti ad adottare misure radicali per raggiungere questo obiettivo, scrive il portale n-tv.de."(2)
Ma il portale tedesco è assai più esplicito di quanto non riporti Sputnik: “Il ministro degli esteri federale Steinmeier è intervenuto presso il segretario generale della Nato Stoltenberg, perché la Nato e gli USA hanno drammatizzato la situazione in Ucraina e volevano rifilare (unterjubeln) al governo federale informazioni evidentemente false”.(3)
I danni all’economia tedesca sono notevoli. Secondo l’agenzia di statistica federale di Wiesbaden, nel mese di agosto “la diminuzione del volume di esportazioni verso Mosca ha toccato il 26,3% rispetto all’anno precedente, -2,3 miliardi di euro in numeri assoluti. Nei primi otto mesi del 2014 sono stati esportati beni per 20,3 miliardi di euro, un calo complessivo del 16,6% rispetto all’anno precedente... Nel dettaglio dei beni colpiti, spiccano i punti di forza storici dell’export made in Germany: macchinari industriali, auto e componentistica, prodotti chimici. Il prolungamento delle sanzioni (e quindi del rallentamento delle esportazioni verso Mosca) ha già causato l’introduzione della riduzione dell’orario di lavoro in alcuni stabilimenti automobilistici tedeschi... ”(4)
Nonostante le durissime dichiarazioni della Merkel, fatte per salvare la facciata atlantica, proprio la Germania guida la resistenza contro le sanzioni. Siemens e Volkswagen si sono rifiutate di condurre sanzioni contro la Russia.
Gabor Steingart, editore del principale giornale economico e finanziario della Germania, “Handelsblatt”, si schiera pubblicamente contro le sanzioni: “Se l’Occidente avesse giudicato l’allora governo degli USA per l’invasione in Iraq con gli stessi standard che si utilizzano nei confronti della Russia di Putin, a George W. Bush avrebbero dovuto vietare l’ingresso nell’Unione Europea, i fondi della Warren Buffet all’estero avrebbero dovuto essere congelati, e le esportazioni di auto della GM, Ford e Chrysler sarebbero state bloccate”...“Nessuno ci obbliga a piegarci agli ordini di Washington, insiste l’editorialista, sottolineando che Berlino ha un interesse vitale nella stabilità e nella comunicazione con Mosca. I tedeschi sono vicini dei russi, ricevono le loro risorse energetiche e fornitori di ogni tipo di merce al mercato russo, argomenta. Il castigo e l’auto castigo, sono la stessa cosa, in questo caso”, conclude Steingart.” (5)
La Germania è la spina dorsale economica dell’Europa, e la sua resistenza ai comandi di Washington può mettere in crisi il sistema atlantico. Se il fronte unico mondiale della borghesia s’infrange, si crea uno spazio per il movimento operaio, a patto che non si lasci trascinare nello sciovinismo guerrafondaio. L’indebolimento dell’egemonia USA in Europa avrebbe inevitabilmente conseguenze mondiali, perché favorirebbe la lotta dei popoli contro lo strapotere della superpotenza e renderebbe di molto più efficaci le periodiche proteste nella madrepatria – quali Occupy Wall Street o le manifestazioni contro il razzismo poliziesco – spingendole apertamente verso posizioni classiste. Analoghe conseguenze per le lotte operaie europee. L’indebolimento della supremazia USA non sarebbe certo la rivoluzione, ma un primo passo verso la rinascita del movimento operaio rivoluzionario.

Note
1) United States of Europa, Prometeo n. 14, gennaio febbraio 1950.
2) “Per la prima volta la Germania in aperto conflitto con la NATO”, it.sputniknews, 08.03.2015
3)“Transatlantik Ukraine-Politik: Erstmals offener Konflikt zwischen Deutschland und der Nato“
Deutsche Wirtschafts Nachrichten , 07.03.15
4) Pierluigi Mennitti, “Le sanzioni contro Putin affondano l'export della Germania”, Limes Oggi,
4/11/2014
5) “In Germania i rappresentanti del Capitale industriale iniziano a fare pressioni contro le sanzioni anti russe”, controinformazione info, 13 ago, 2014.

Michele Basso

Fonte

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