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I furbetti del quartetto

I furbetti del quartetto

(25 Settembre 2011) Enzo Apicella
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Perchè l’Unione Europea vuole un suo esercito?

(16 Marzo 2015)

unioneuropeaesercito

di Manuel Medina (*)

Sulla nuca europea soffiano di nuovo venti di guerra.
Negli ultimi tre decenni l’asse Stati Uniti-Unione Europea ha potuto mantenere senza apprezzabile concorrenza la sua egemonia economica e politica sul resto del pianeta. Ma, trascorsi 25 anni dalla caduta dell’Unione Sovietica il panorama mondiale ha fatto una svolta di 180°.Nuove potenze capitaliste emergenti stanno ponendo una dura sfida alle economie degli imperi storici. Quel pianeta di “pace” che gli esegeti del capitalismo disegnavano per noi dopo la scomparsa del socialismo nell’est europea sembra essere arrivato alla sua fine.
L’enorme capacità produttiva ed economica di alcuni paesi asiatici sta dando scacco matto alle economie delle potenze industriali di Europa e America del Nord. Dall’altra parte l’America Latina, condannata dal suo vicino del nord a svolgere il ruolo sussidiario di fornitrice di materie prime, sta cercando di farsi strada in mercati diversi da quelli tradizionali, a condizioni finanziarie meno lesive di quelle che le imponevano gli organismi internazionali, controllati dalle entità finanziarie degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

Perchè adesso la militarizzazione?
Non è dunque casuale che negli ultimi tempi, e con notevole insistenza, importanti portavoce sia della UE che del governo tedesco stiano chiamando al riarmo e alla riorganizzazione militare. Il dispiegamento militare è la “ultima ratio” ea cui ricorrono le classi egemoniche per imporre ad altri la preminenza dei loro interessi economici. E’ sempre successo così nel corso della storia, e non esiste alcuna ragione che permetta di pensare che questa regolarità oggi cambi.
Giorni fa il presidente della Commissione Europea, il destro Jean-Claude Junker, si pronunciava apertamente per la creazione di un “Esercito europeo”. Il suo ragionamento al riguardo è stato di grande nitidezza, proprio di quegli uomini e donne che hanno le idee chiare e i mandati per realizzarle. “Questo esercito – ha assicurato saggiamente Junker – ci permetterà di costruire una politica estera ed una politica di sicurezza comuni e di condividere le responsabilità dell’Europa rispetto agli avvenimenti nel mondo”. Junker ha aggiunto alle sue ragioni un compito chiave che “l’esercito comunitario” dovrebbe avere: “Permettere alla UE di reagire davanti alle minacce contro i paesi membri dell’Unione e gli stati vicini”. A qualsiasi lettore basterebbeper decifrare il significato di ciò che Junker intende per “politica di sicurzza comune”, “condivisione delle responsabilità” e “davanti agli avvenimenti del mondo”, per capire il lungo raggio del messaggio del presidente della Commissione Europea.
Questa iniziativa non è di poca importanza. Contiene significati esplosivi che toccano non solo la cosiddetta “politica estera europea”. In un continente immerso in una crisi cronica da 8 anni, l’unica politica economica che gli interessi del grande capitale contemplano come possibilità per il suo rilancio espansivo consiste nell’applicazione di drastiche riduzioni salariali, accompagnate da politiche autoritarie.
Ma le borghesie europee e i loro portavoce nelle istituzioni politiche e ammiinistrative, che hanno una centenaria esperienza accumulata nel governo die loro rispettivi paesi, sono coscienti che l’applicazione di questo tipo di politiche può avere – come già si comincia ad osservare – arrischiate e perturbatrici ripercussioni negli scenari sociali europei. L’ “esercito comunitario” che i vertici della UE stanno proponendo di creare ha anche come oggetto rispondere alla possibile apparizione e all’approfondirsi di quelle “contingenze” sociali.

Una sfida cruciale per le classi popolari
Senza entrare ora in maggiori dettagli, oggi sappiamo cos’è che intendono per “unità” le borghesie e i banchieri europei. L’unità economica europea non ha significato solo che i paesi periferici del Sud e dell’Est del continente siano stati trasformati in semplici consumatori di merci manufatte prodotte da Germania, olanda, francia e altri paesi industriali del Nord. Oltretutto, mediante l’imposizione di onerosi prestiti queste potenze industrializzate li condannano a dipendere dai loro diktat perpetuamente.
Ora la creazione di una “Unione europea” a dimensione militare non avrà un profilo diverso da quelli che conosciamo dell’Europa economica. Entrambe sono strattamente legate nei loro obiettivi. Se questo progetto di militarizzazione riuscisse a materializzarsi, gli scarsi resti che rimangono della sovranità dei popoli europei verrebbero cancellati. Sia i salariati che le classi medie del vecchio continente sarebbero impossibilitati a pronunciarsi per un modello di società differente dal modello imposto dalla società del “libero mercato”.
Un progetto come quello che viene proposto dai vertici della UE blinderebbe la banca e le borghesie locali intermediarie davanti alla possibilità che, nel quadro delle società dove operano, si produca alcun tipo di trasformazione sociale, economica e politica che colpisca i solo interessi.
Per far sì che questa possibilità non venga neppure sognata dai popoli, esisterebbe sempre un esercito “europeo” disposto a impedirlo.

(*) Giornalista spagnolo
da: lahaine.org; 13.3.2015

Traduzione di Daniela Trollio - Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli

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