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Attacco alla USS Liberty

Attacco alla USS Liberty

(8 Giugno 2012) Enzo Apicella
Il 9 giugno 1967, durante la guerra dei sei giorni, i caccia israeliani colpiscono una nave spia della marina Usa: 37 morti e 170 feriti.

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L’Unione europea ? Una galera di popoli

(27 Marzo 2015)

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Amadeo Bordiga

Marx ed Engels, come è noto, consideravano necessaria, per lo sviluppo del movimento operaio, la formazione di stati nazionali, Germania, Italia, Ungheria, Irlanda, Polonia... Lo stato nazionale democratico era la condizione migliore perché il movimento operaio e la lotta di classe potessero svilupparsi pienamente. Alla vigilia della 1 guerra mondiale, l’Europa occidentale, gli Stati Uniti e il Giappone avevano un livello di sviluppo economico che avrebbe permesso, in caso di rivoluzione, una trasformazione socialista (nel senso marxista di prima fase del comunismo). Porre il problema degli Stati Uniti d’Europa, soprattutto se unita a quella dell’eliminazione delle monarchie (russa, austriaca, tedesca) poteva sembrare estremamente rivoluzionario, ma una parola d’ordine politica non può essere lanciata prescindendo dal contenuto economico reale, che era ed è quello dell’imperialismo. Nell’articolo “Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa”, Lenin disse che una federazione degli stati europei era o impossibile o reazionaria, diretta a difendere le colonie europee contro i più dinamici imperialismi statunitense e nipponico.
In polemica con Kievski (Piatakov), “Intorno a una caricatura del marxismo e all’”economismo imperialistico””, scrisse: “La legge della concentrazione economica, la vittoria della grande produzione sulla piccola è riconosciuta sia dal nostro programma che da quello di Erfurt. P. Kievski nasconde il fatto che la legge della concentrazione politica o statale non è stata riconosciuta in nessun luogo.” Come dargli torto? L’Europa, agli inizi del secolo scorso aveva stati multinazionali come Russia zarista, Turchia, Austria, poi frantumatisi. In anni recenti si sono divise la Jugoslavia, la Cecoslovacchia, spinte autonomiste sono sorte in Scozia, Catalogna e nelle province basche; ci sono nel Quebec e persino in Texas. L’Europa oggi ha una cinquantina di stati. Chi ha detto, dunque, che, nel capitalismo, alla fase delle nazioni debba necessariamente seguire quella delle unioni federali continentali?
A metà del secolo scorso Bordiga , nello scritto “United States of Europa” denunciò pure lui il carattere reazionario del tentativo di unificazione, e sottolineò soprattutto la subordinazione agli Stati Uniti e la possibilità di una repressione congiunta contro le lotte proletarie.
Entrambi ripresero la polemica contro il federalismo presente in tutta l’opera di Marx ed Engels, contro Proudhon e gli anarchici, espressa in forma sintetica da Engels nella critica al programma di Erfurt. Questo scritto prende a modello la Francia rivoluzionaria e l’America: “Dal 1792 al 1798 ogni dipartimento francese, ogni comune godettero di un’amministrazione completamente autonoma, secondo il modello americano... Tale amministrazione autonoma provinciale e comunale è assai più libera che, ad esempio, il federalismo svizzero, dove il Cantone è bensì assai indipendente rispetto alla Confederazione, ma lo è anche rispetto al distretto e al Comune. Il governo cantonale nomina governatori distrettuali e prefetti, mentre di tutto questo non si ha traccia nei paesi a lingua inglese...”
La Francia rivoluzionaria e i paesi di lingua inglese nell’Ottocento facevano a meno di una pesante burocrazia, mentre la burocrazia europea surclassa quella prussiana quanto a pignoleria e stupidità. Molte norme europee sono scritte direttamente dalle multinazionali, presentate dai burocrati e votate da un parlamento di pendolari, che spesso non hanno neppure una sufficiente conoscenza di quello che stanno votando. Salvini, che ora sbraita tanto, diede un voto favorevole al trattato di Lisbona.
Ma la UE, è veramente una federazione? Un governo federale ha il monopolio della politica estera e una forza armata comune, mentre lascia i problemi secondari e locali ai singoli paesi. Invece nella UE si emanano norme comuni assurde su questioni inessenziali, ma, in caso di guerra, ciascuno segue linee diverse. L’esempio libico è illuminante: non la UE, non la NATO, ma Francia e Inghilterra con l’appoggio USA hanno cominciato la guerra. Francia e G.B. volevano sostituire le loro compagnie all’ENI nello sfruttamento del petrolio libico, gli USA volevano fare della Libia la porta d’ingresso per la loro penetrazione militare in Africa. Il governo italiano, troppo debole per difendere i propri interessi in Libia contro gli imperialismi rivali (anche se ufficialmente alleati nella Nato e federati nella UE), per non perdere tutto, li ha seguiti, stracciando vergognosamente trattati di amicizia firmati da poco. E’ uno dei tanti motivi per cui non è il caso di parlare di imperialismo europeo al singolare, ma di imperialismi europei, necessariamente conflittuali tra loro. Kissinger chiese una volta a De Gaulle come avrebbe potuto la Francia contenere la superiorità economica tedesca, e il generale rispose: “Con la guerra” (1). Non so se è vero che, quando la Francia perse la tripla A e le banche francesi corsero il rischio di crollare, Sarkozy minacciò Merkel e Berlusconi di una soluzione militare, se non accettavano i suoi diktat; è certa la sua frase nell’intervista all’”IB Time”: “Coloro che vogliono distruggere l’Europa e l’Euro pagheranno le conseguenze se nel nostro Continente torneranno a esserci dei Conflitti.” Nigel Farage rilasciò un'intervista alla TV Russa RT, dichiarando che Sarkozy era pronto a portare la Guerra in Europa pur di salvare le banche francesi. (2) Non possiamo certo basarci su queste indiscrezioni, ma il fatto stesso che siano trapelate queste voci è indice di una forte tensione e di gravi disaccordi.
La UE non è il superamento degli stati nazionali. Li conserva come animali in un serraglio, rende cronici e insolubili i loro contrasti, e approfitta di questa conflittualità per perseguire gli interessi delle banche, delle multinazionali, condannando le proteste, comprese quelle sindacali, come residue resistenze nazionalistiche.
Gli Stati Uniti hanno sempre alimentato i contrasti tra europei. Premono sull’Inghilterra perché non esca dalla UE -perderebbero una quinta colonna- creano divisioni tra Nuova Europa (Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia...) e vecchia Europa. Si servono di Soros. Nel 1992, quando Soros mise in difficoltà lira e sterlina, costringendole ad uscire dal serpente monetario, i media misero in rilievo l’azione dello speculatore, nascondendo il mandante, il governo di Washington. La funzione eminentemente politica di Soros e delle sue ONG la vediamo ora in Ucraina, e non è più possibile nascondere i suoi legami governativi. Qui vediamo il fallimento UE: a trattare con Putin sono andati Hollande e la Merkel, e non hanno neppure avvertito la Mogherini, il che indica quale peso abbia la presunta politica estera comune.
Non dobbiamo lasciare alla destra la denuncia di questa enorme struttura reazionaria che è la UE, non certo per riproporre gli orticelli nazionali. Però abbiamo paura di cadere nell’utopismo se parliamo di Repubblica dei consigli dei lavoratori. I socialisti dell’inizio del secolo scorso parlavano molto del socialismo nei comizi domenicali, ma in settimana la loro azione era basata su considerazioni immediate, che poco o nulla avevano con l’impostazione di classe. Oggi, ci sono analisi dello sviluppo capitalistico e delle lotte sindacali, mancano le indicazioni sul socialismo, quasi si trattasse di un problema del lontano futuro. Oggi, con la crisi della UE e con governi che ci portano alla miseria e alla guerra, bisogna riproporre la vera soluzione: il potere ai lavoratori. Basta con le false soluzioni che, a detta dei loro sostenitori, risolverebbero ogni problema: uscire dall’euro, tornare alla sovranità nazionale, una politica industriale e di investimenti (richiesta dei sindacati, che non tiene conto che a gestirla sarebbero coloro che ci hanno portato alla rovina), allearsi con la Russia per contenere lo strapotere USA, ecc. Le vere soluzioni borghesi della crisi sono guerra e repressione, con una forte distruzione di forze produttive, materiali e umane. La vera soluzione proletaria è la dittatura del proletariato.
Quasi cento anni fa, i menscevichi (e all’inizio anche una parte dei bolscevichi) respinsero la parola d’ordine della dittatura del proletariato, credettero necessario un lungo periodo di dominio borghese e le apparenze sembravano dare loro ragione, dato che la Russia era in gran parte un paese contadino. Oggi, in un capitalismo stramaturo, sarebbe assai più grave attendere, per lanciare la parola d’ordine del socialismo, il completamento della costruzione europea, che –ma questo è solo il parere di chi scrive- non avverrà mai.
E’ pericoloso accreditare l’ipotesi che tra lo stato nazionale e il socialismo ci sia la fase degli Stati Uniti d’Europa. Impossibili o reazionari, come diceva Lenin.





Note
1) Gianni Bulgari, “Da Versailles all’euro l’eterna gelosia francese per il vicino renano”,
Repubblica, 14 ottobre 2013.
2) Corrado Belli, “Sarkozy, l’omino Psicopatico minaccia l’Italia di aggressione militare”, Stampa Libera, 25-10-2011.
Sarkozy droht mit “Wiederkehr europäischer Konflikte”,24. Oktober 2011, verfasst von Bürgender, Gegenfrage .com-
Norbert Knobloch, "Die Lüge von der Euro-Rettung", Freigeisterhaus, 02.11.2011.

Michele Basso

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