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Ustica. Monumento all'assassino ignoto

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Comitato Politico Nazionale del PRC (9 e 10 aprile)

(14 Aprile 2005)

Il voto del 3 4 aprile segna una sconfitta politica generale del governo Berlusconi. Ora si tratta di trasformare la sconfitta di Berlusconi nel rilancio di una mobilitazione di massa per la cacciata del governo e a favore di una alternativa vera: ciò che implica la piena autonomia della sinistra sociale e politica dal centro liberale e da Romano Prodi, e la sconfitta del loro progetto di alternanza.

LA CRISI DI FONDO DEL BERLUSCONISMO

Le elezioni regionali hanno espresso un verdetto politico inequivocabile. La coalizione di governo conosce una profonda crisi di consenso che investe come linea di tendenza l'intero paese, a partire, in particolare, dalle grandi città e dal meridione: una crisi di consenso che riflette le contraddizioni del blocco sociale del centro destra; che è stata sospinta dalla stagione di lotte del 2001-2004; che è stata alimentata dalla crisi economica italiana ed europea e dalla relativa chiusura di ogni significativo spazio redistributivo; che si è tradotta in una generale crisi di credibilità e di immagine del presidente del consiglio presso vasti strati popolari.

Forza Italia, in particolare, registra una caduta verticale in quanto partito immagine di Berlusconi. I limitati progressi elettorali di Lega e UDC, legati alle loro radici sociali e territoriali, non solo non compensano il crollo di Forza Italia ma approfondiscono le contraddizioni della coalizione. L'insoddisfazione elettorale e politica di AN, a partire dalla sconfitta in Lazio, spinge nella medesima direzione. A sua volta la sconfitta del governo e della coalizione può agire come ulteriore fattore di precipitazione della sua crisi politica e sociale: accelerando in alto il processo largamente in corso di cambio di cavallo dei poteri forti, e in basso la disaffezione di settori di popolo sfiduciatii e delusi.

IL SUCCESSO DEL CENTRO ULIVISTA

L'Unione guidata da Romano Prodi ha conosciuto un'indubbia affermazione elettorale e politica. Ma con una articolazione interna molto diversa di risultati e significati.

La coalizione di centro liberale (Uniti per l'Ulivo) ha conosciuto un successo politico reale e incontestabile. Elettoralmente, a differenza che nelle elezioni europee, l'unità di lista dei liberali non ha disperso voti ma è obiettivamente avanzata in tutte le otto regioni in questione. Parallelamente nelle regioni rimanenti, le forze di centro (maggioranza DS - Margherita - SDI) conoscono un buon risultato. Complessivamente il centro liberale ha capitalizzato sia i benefici della ricollocazione in campo di ampi settori di classi dirigenti, sia l'effetto bipolare della spinta antiberlusconiana del popolo della sinistra, sia il travaso diretto di settori di elettorato popolare proveniente dal polo. Politicamente il risultato della lista unitaria rafforza la prospettiva strategica di un soggetto unificato largo del liberalismo italiano come rappresentanza centrale della borghesia e guida dell'alternanza.

IL RISULTATO NEGATIVO DEL NOSTRO PARTITO

Le forze della sinistra dell'Unione (sinistra DS, verdi, PDCI, PRC) conoscono un risultato elettorale e politico sensibilmente diverso.

Verdi e PDCI realizzano un reale avanzamento, pur limitato. Il nostro partito invece registra un risultato deludente, molto lontano dagli obiettivi perseguiti e dalle aspettative diffuse. I limitati progressi elettorali in alcune situazioni del Nord si combinano con un diffuso arretramento al Sud, là dove maggiore è stata la spinta antiberlusconiana. Persino in Puglia l'affermazione personale del compagno Nichi Vendola - frutto del suo particolare radicamento popolare, della crisi generale del berlusconismo, ed anche del sostegno di alcuni poteri forti locali (Divella) che hanno investito nel centrosinistra - non solo non trascina il risultato del partito ma si combina significativamente col suo calo. Vendola vince anche come candidato ed espressione del centrosinistra, non come espressione di Rifondazione.

In linea generale il partito non registra elettoralmente la spinta popolare di cambiamento e gli effetti delle dinamiche di movimento. La svolta governista celebrata a Venezia e la "rivoluzione culturale" identitaria ad essa connessa non hanno premiato il partito neppure sul terreno elettorale. Il disegno di occupare lo spazio liberato a sinistra con una rifondazione socialdemocratica e di governo non ha trovato l'auspicata spinta della urne. Siamo apparsi talmente subordinati e integrati nel centrosinistra da demotivare sia il voto di settori di elettorato antagonista, privati di un riferimento alternativo, sia il voto di settori tradizionali di popolo della sinistra, spinti a votare, a parità di condizioni, i partiti maggiori. All'interno stesso dell'Unione i rapporti di forza tra liberali e PRC vedono oggi il partito ulteriormente indebolito: sempre più subordinato al carro dell'Unione, sempre meno caratterizzato; sempre più sinistra del centrosinistra, sempre meno sinistra alternativa.

AVANZA L’ALTERNANZA LIBERALE

Non solo il dato elettorale ma soprattutto l'intera evoluzione politica richiede una svolta profonda del nostro partito. La sconfitta radicale di Berlusconi è oggi capitalizzata non dall'alternativa ma dall'alternanza. Ne è un riflesso lo stesso profilo politico e/o sociale di tanti candidati governatori dell'Unione e le aggregazioni di potere vecchie e nuove che attorno ad essi gravitano. Ne è un riflesso l'orientamento politico ulivista di tutta la grande stampa padronale, del grosso del mondo delle imprese e delle banche. Ne è un riflesso la natura politica e programmatica delle posizioni espresse lungo la stessa campagna elettorale dai massimi esponenti liberali: dai richiami al rigore finanziario espressi da Prodi di fronte all'assemblea di Confindustria, alle aperture di Piero Fassino all'amministrazione Bush quale possibile fattore di democratizzazione del Medioriente e del mondo, sino all'appello di Prodi a Berlusconi, dopo la sua sconfitta, perchè realizzi politiche di rigore e di taglio della spesa pubblica promettendo in quel caso il consenso dell'opposizione. Giorno dopo giorno, tutti gli accadimenti politici dimostrano, una volta di più, che una prospettiva di governo con i liberali è priva di ogni base programmatica e di principio. E che ogni pretesa o richiesta di poter "condizionare" l'intesa di Governo, o per via negoziale o per via di movimento, è del tutto illusoria e deviante. Di più: l'esperienza mostra che la subordinazione delle sinistre a Prodi e alla coalizione con i liberali frena le potenzialità di movimento, indebolisce l'opposizione dei massa a Berlusconi, priva le lotte di riferimenti e sbocchi, a tutto vantaggio dell'alternanza, contro i lavoratori e i movimenti.

CACCIARE BERLUSCONI DAL VERSANTE DEI LAVORATORI

Tanto più oggi si impone allora una opposta necessità di fondo: quella di trasformare la sconfitta di Berlusconi in una prospettiva di vittoria dei lavoratori, dei movimenti e delle loro ragioni, in piena autonomia dal liberalismo.

Il PRC deve chiedere all'intera sinistra sociale e politica italiana di unire nell'azione le proprie forze per imporre la cacciata del governo. Prodi, Rutelli, Fassino, il centro liberale chiedono a Berlusconi di restare fino al 2006 per svolgere quel "lavoro sporco" su sanità, TFR, pensioni, Enti Locali da ereditare poi, a proprio vantaggio, come futuro governo dell'Unione. Per questo si oppongono ad ogni spallata a Berlusconi, ad ogni ingresso in campo delle masse.

I lavoratori hanno l'interesse opposto. I progetti di Berlusconi in campo istituzionale e sociale vanno definitivamente bloccati e abrogati. Le profferte di Prodi a Berlusconi vanno denunciate e respinte. Nell’immediato è necessario impegnarsi a fondo per il successo al referendum sulla legge di procreazione assistita, che oltretutto può rappresentare un ulteriore colpo al governo delle destre. Più in generale è necessario e urgente promuovere una grande mobilitazione operaia e popolare, di carattere generale e prolungato, che ponga al centro le esigenze e domande di lotta di questi anni: il ritiro immediato e incondizionato delle truppe dall'Irak; l'aumento generale dei salari, delle pensioni, della spesa sociale in sanità e istruzione, finanziato dalla tassazione progressiva dei grandi profitti, rendite e patrimoni; la cancellazione della legge 30 e del “pacchetto Treu”, un vero salario garantito ai disoccupati senza contropartite di precariato e flessibilità; la nazionalizzazione senza indennizzo delle industrie in crisi a difesa dei posti di lavoro.

Il PRC deve proporre a tutta la sinistra questo programma indipendente di mobilitazione in funzione di una vera svolta.

Solo una grande mobilitazione operaia e popolare a carattere prolungato può precipitare da un versante di classe la crisi del governo. Solo una grande mobilitazione di massa può scompaginare la tela dell'alternanza, rovesciare dal basso i rapporti di forza, aprire il varco ad una alternativa anticapitalistica. Il nostro compito non è quello di consigliare la "fabbrica del programma" di Romano Prodi, ma di costruire il programma di azione unificante per il rilancio della lotta dei lavoratori, dei giovani, dei movimenti. La lotta dei metalmeccanici, dei lavoratori del pubblico impiego, dei lavoratori delle industrie in crisi sono il primo banco di prova di questa necessità politica.

Solo su questa base si può lottare per l'egemonia alternativa di un altro blocco sociale sull'opposizione a Berlusconi, capace di indicare uno sbocco anticapitalistico alla crisi del berlusconismo.

E’ NECESSARIA UNA SVOLTA DI FONDO DEL PRC

Questa necessaria svolta politica non ha niente a che vedere con la "fuga" o "l'isolamento" del PRC rispetto alle masse. Al contrario è una politica di lotta aperta nel popolo della sinistra e tra le più ampie masse per un'altra direzione politica e un'altra prospettiva: una prospettiva che richiede la rottura con Romano Prodi e con il centro dell'Ulivo.

Non si tratta di gestire diversamente la nostra attuale collocazione nell'Unione chiedendo una maggiore determinazione contrattuale o una maggiore pressione di movimento, come propongono altri compagni "critici". Si tratta di mutare la collocazione del nostro partito in funzione di un'altra proposta al movimento operaio e ai movimenti di lotta. Solo la rottura della sinistra sociale e politica col centro può liberare una opposizione di massa a Berlusconi. Solo la rottura col centro può porre le basi di una alternativa vera.

Il nostro partito ha l'esigenza urgente e vitale di avviare questa svolta di fondo del proprio indirizzo quanto più avanza la prospettiva liberale dell'alternanza.

marco ferrando

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