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Foibe: la memoria nel pozzo

articolo pubblicato dal settimanale La rinascita della sinistra del 18 marzo 2005

(25 Marzo 2005)

Mentre Rai 1 trasmetteva la sua fiction revisionista, a Trieste la Kappa Vu presentava la 2a edizione del libro “Operazione Foibe. Tra mito e realtà” di Claudia Cernigoi, un tentativo di inserire quelle vicende, strumentalizzate dalla destra italiana con l’accondiscendenza di una parte del centrosinistra, nel giusto contesto storico.

«Quando ho deciso di fare questa nuova versione non pensavo che ci saremmo trovati nel mezzo di una operazione di revisione storica così aggressiva. Le cose che i mass media riportano hanno dell’incredibile, spesso si tratta di episodi inventati oppure di stragi realmente compiute dai nazisti ma ora attribuite ai partigiani.» Un’ondata di odio antislavo e antipartigiano senza precedenti. «Non si può prendere a calci la storia così, piegarla ai propri meschini interessi politici. Senza contare le ripercussioni negative sulla precaria convivenza in queste regioni di frontiera tra le varie comunità etniche e linguistiche.»

Intanto si allunga la lista degli “esuli” italiani che pretendono un risarcimento economico da Croazia e Slovenia, già 14.000. «In teoria era l’Italia che avrebbe dovuto indennizzare gli italiani che abbandonarono la Jugoslavia. In base ad un patto siglato con Belgrado l’Italia, invece di pagare gli ingentissimi danni di guerra per le distruzioni prodotte dal suo esercito, avrebbe versato risarcimenti agli italiani per i beni abbandonati.»

La sensazione, aggiunge l’autrice triestina, è che dietro tutto ciò «ci sia una manovra oscura di dimensioni europee, rivelata dai collegamenti che si stanno sviluppando coi cosiddetti “esuli” tedeschi dei Sudeti e della Polonia.»

Il revisionismo ha due aspetti: la falsificazione della realtà, che porta ad aumentare senza nessuna prova il numero delle vittime delle foibe, arrivando a decuplicarle, e un altro aspetto di decontestualizzazione degli eventi. La tesi alla base della Giornata del Ricordo è che, alla fine della Seconda guerra mondiale, sconfitti gli eserciti repubblichino e nazista che occupavano le regioni di frontiera tra Italia e Jugoslavia, i partigiani jugoslavi operarono una scientifica pulizia etnica anti-italiana. Migliaia di cittadini di lingua e cultura italiana, per il solo fatto di essere tali, sarebbero stati buttati nelle foibe oppure espulsi dalle loro terre. «I territori liberati dall’esercito jugoslavo nel 1945 non erano abitati solo da italiani. In molti casi gli italiani uccisi erano o rappresentanti diretti del governo e dell’esercito occupante, oppure funzionari delle amministrazioni fasciste, oppure possidenti e imprenditori a volte arrivati da altre regioni e utilizzati dal fascismo come elementi di italianizzazione. Erano elementi riconducibili al potere fascista e all’occupazione militare e coloniale italiana.» Non si può quindi parlare di pulizia etnica ai danni degli italiani in quanto categoria etnica, linguistica o nazionale. Che ci siano stati casi di vendette private è indubbio, cosa inevitabile in un’area sconvolta dalla guerra.

«Anche prima di diventare fascista, l’Italia uscita vincitrice dalla Prima guerra mondiale impose nei territori slavi recentemente acquisiti - Istria e parte della Slovenia continentale – un processo di nazionalizzazione forzata che arrivò al punto di vietare i nomi slavi e di proibire l’uso delle lingue slave in pubblico: le persone, le città e le vie furono italianizzati a forza, furono chiuse le scuole locali.» La stessa politica operata da Roma anche nei territori di lingua tedesca.

«All’inizio della Seconda Guerra mondiale l’esercito italiano occupò la Slovenia fino a Lubiana, operando eccidi e deportazioni di massa, bruciando i villaggi e compiendo una lunga serie di crimini di guerra, aiutati dai collaborazionisti slavi Ustascia e Domobrani.»

E’ in questo contesto che va inserita la vicenda delle foibe. Non una vendetta etnica quindi, ma il tragico risultato di decenni di repressione contro gli slavi e contro gli oppositori del fascismo. «Molti italiani furono giustiziati in quei giorni, per la maggior parte esponenti del regime e dell’esercito occupante regolarmente processati e condannati dai tribunali partigiani. Molti criminali fascisti si salvarono solo perché le autorità italiane del dopoguerra si rifiutarono di punirli adeguatamente o di estradarli in Jugoslavia.»

Se si trattava di una enorme pulizia etnica come sostiene la nuova versione revisionista, come si spiega che i tanti cittadini di lingua e cultura italiana che decisero di rimanere nell’Istria jugoslava dopo il ’45 godettero di diritti assai maggiori di quelli garantiti dall’Italia ai propri cittadini di lingua slovena?

Marco Santopadre

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