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LA LETTERA DI RENZI AGLI ISCRITTI PD

(28 Aprile 2015)

renzi

La lettera inviata da Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Partito, agli iscritti PD sul tema della legge elettorale rappresenta un momento di particolare significato nel mutamento in atto dell’agire politico che merita un approfondimento e una riflessione.
Prima di tutto c’è da far notare come un episodio del genere faccia parte di quello schema riguardante il “dialogo diretto” tra il Capo e le masse (non certo una novità, soprattutto rispetto all’evolversi delle grandi tragedie del ‘900) con il superamento, anche all’interno del Partito stesso, delle strutture intermedie: non si riuniscono gli organismi dirigenti, non c’è mobilitazione delle sezioni. Arriva la lettera e il singolo iscritto, nella logica della presenza individuale, si misura con i contenuti esposti nella missiva.
In secondo luogo da rilevare l’argomento: un tema così delicato e specifico per la natura stessa della democrazia qual è la legge elettorale viene affrontato secondo lo schema appena enunciato del rapporto diretto tra il Capo e le masse: è la prima volta che avviene, nella vita interna del Partito Democratico. Non c’è stata nessuna lettera per giustificare i tanti casi di corruzione che agitano la vita di quel partito, oppure l’atteggiamento militarista che anima la politica del governo in tema d’immigrazione. Politica militarista ieri clamorosamente smentita e osteggiata dallo stesso segretario generale dell’ONU. Oppure, ancora, nessuna lettera è stata scritta per entrare nel merito delle logiche monetariste europee verso le quali il Governo (e di conseguenza il Partito, quale punto d’ispirazione e di sostegno della maggioranza) si è sempre dimostrato comunque del tutto acquiescente.
In terzo luogo deve essere rimarcato l’oggetto cui la lettera si richiama: quello della dignità. Se il progetto di legge elettorale non passasse, ciò andrebbe a discapito della dignità del PD. Si tratta davvero di un punto molto delicato perché , oggettivamente, nega dignità alle posizioni che, dall’interno dello stesso PD, chiedono di modificare il testo in questione. E più in generale, in questo modo, si nega la validità del confronto politico affidando soltanto alle posizioni della maggioranza il segno della dignità politica. Non è la prima volta che ciò accade all’interno del Partito Democratico, se pensiamo ad esempio alla vicenda delle primarie in Liguria, ma quel che è grave è il fatto che ciò viene suffragato in una lettera che il Segretario (Presidente del Consiglio) ha fatto recapitare a ogni singolo iscritto.
Un PD che pretende, muovendosi in questo modo, di incarnare l’ipotesi del vero e proprio “Partito della Nazione”.
La minoranza interna al PD, al di là delle sue confusionarie divisioni, paga così un prezzo altissimo ai grandi errori commessi nel corso della storia più recente del sistema politico di questo paese: in particolare quello di aver cercato di cavalcare la tigre del maggioritario personalistico, pensando che quella fosse la nuova frontiera della modernità di Governo.
A questo proposito cosa faranno le varie correnti interessa poco.
Il dato più importante però rimane il fatto che si cercava di richiamare all’inizio al riguardo del mutamento nelle forme dell’agire politico: siamo allo schiacciamento dell’idea stessa della dialettica e della rappresentanza collettiva, alla pericolosa confusione tra Partito e Istituzioni, alla codificazione di un vero e proprio Regime.
Aver fatto passare questi concetti è una responsabilità gravissima per un’intera classe politica, praticamente omologata attorno a questi pericolosi principi di sostanziale negazione della dinamica democratica.
In questo quadro al Parlamento viene chiesto di ratificare una decisione interna al Partito Democratico assunta con i metodi che sono stati appena esposti.
Si tratta della legge elettorale: una legge elettorale che presenta, nel suo progetto, evidenti elementi di incostituzionalità già fatti oggettivamente rilevare dalla Suprema Corte nella sentenza che ha bocciato l’impianto della legge precedente.
Un momento veramente buio per la democrazia italiana di cui pochi sembrano rendersi conto fino in fondo.

Franco Astengo

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