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Lampedusa, un avamposto di guerra nel Mediterraneo

(8 Maggio 2015)

La punta più avanzata nel Mediterraneo del dispositivo bellico italiano e Nato, centro d’intelligence e spionaggio e potenziale trampolino di lancio per i raid aerei in Nord Africa. Mentre mass media e politici offrono di Lampedusa l’immagine di un remoto territorio sotto assedio e le aziende e le cooperative sociali si spartiscono il business dei centri detentivi di migranti e richiedenti asilo, l’isola delle Pelagie è stata segretamente convertita in uno degli avamposti militari e strategici più moderni e aggressivi. Lo scalo aereo civile, recentemente ampliato e ammodernato, è utilizzato dai velivoli cargo, dai cacciabombardieri e dagli elicotteri delle forze armate italiane e dagli aerei-spia di Frontex, la famigerata agenzia europea di sorveglianza e “contenimento” dei flussi migratori. Le aree portuali e le coste sono presidiate da navi da guerra della Marina e dalle imbarcazioni veloci della Guardiacoste, della Guardia di finanza e dei Carabinieri. Jeep e furgoni blindati scorazzano per le vie del centro e i sentieri tracciati all’interno delle aree naturali e paesaggistiche d’incomparabile bellezza; gli innumerevoli cartelli gialli con la scritta Zona militare Divieto di Accesso Sorveglianza armata sui portoni di antichi edifici trasformati in caserme; i fili spinati e le reti che delimitano presidi e impianti vetusti o super sofisticati per le guerre elettroniche; selve – ovunque - di tralicci, antenne di telecomunicazione e radar che bombardano l’etere di pericolosissime onde elettromagnetiche.

La zona più intensamente militarizzata, con ben quattro grandi infrastrutture destinate alle operazioni d’intelligence, è senza alcun dubbio la punta occidentale di Lampedusa, un tempo occupata dai tralicci che sostenevano l’antenna di 190,5 metri d’altezza della stazione Loran C della Guardia Coste degli Stati Uniti d’America, target mancato degli Scud libici lanciati nell’aprile del 1986 in ritorsione ai ripetuti attacchi aerei di Washington su Tripoli e Bengasi. A Capo Ponente ci sono antenne radar, ponti radio e telecomunicazione; nella contigua area di Albero Sole, una serie di fabbricati che ospitano attrezzature top secret e centrali elettriche, la grande base radar dell’Aeronautica (oltre 2,900 metri quadri di superficie), una stazione della Marina militare, le postazioni di avvistamento avanzato (reporting post) per intercettare e analizzare le frequenze, le caratteristiche e le procedure delle trasmissioni radio, vocali e radar “nemiche” e “alleate”. Centro d’eccellenza è la Stazione della 4^ Squadriglia AES (Analisi ed Elaborazioni Speciali) dell’Aeronautica Militare, preposta all’individuazione e alla raccolta di tutte le emissioni elettromagnetiche d’interesse strategico e alla guerra elettronica. Nello specifico, le sofisticate apparecchiature in dotazione dell’AES sono in grado di rilevare i segnali elettromagnetici emessi dalle strumentazioni nemiche (Signal Intelligence – SIGINT), identificare le emissioni diverse dalle comunicazioni radio (Electronic Intelligence – ELINT), ottenere informazioni su come operano i sistemi di guerra elettronici e testare le loro capacità di risposta. “Le attività ELINT sono ad alto livello di segretezza e comprendono pure la raccolta di dati relativi alle emissioni radar, dei centri di comando e controllo, dei sistemi di difesa aerea e di guida missili installati a terra o imbarcati su aerei o navi”, riportano i manuali delle forze armate. I dati intercettati a Lampedusa sono poi inviati per la loro elaborazione al Reparto Supporto Tecnico Operativo Guerra Elettronica (Re.S.T.O.G.E.) di Pratica di Mare, transitato dal 1° dicembre 2013 alle dipendenze della neocostituita 9^ Brigata Aerea Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance - Electronic Warfare (ISTAR-EW). Come specificato dal ministero della Difesa, questa importante brigata dell’Aeronautica ha il compito di “fornire il supporto operativo di guerra elettronica attraverso attività tecniche ed addestrative finalizzate a migliorare l’autoprotezione degli aeromobili e ad assicurare una tempestiva risposta alle evoluzioni della minaccia presente in uno scenario operativo”.

Sempre nel settore dell’intelligence militare, dal 12 gennaio 2007 opera a Lampedusa il 9º Nucleo controllo e ricerca (N.C.R.) che ha assorbito le attività sino ad allora svolte dal 7° Distaccamento autonomo interforze (D.A.I.). Il 9° N.C.R. dipende dal Centro Intelligence Interforze di Castel Malnome, Roma, a sua volta subordinato con la Scuola interforze intelligence-guerra elettronica (S.I.I./G.E.) al 2° Reparto informazioni e sicurezza dello Stato maggiore della difesa che ha unificato e posto sotto il proprio controllo le diverse strutture di spionaggio delle forze armate italiane.

L’Aeronautica militare è presente a Lampedusa dal 1958 con un Teleposto Telecomunicazioni e una Stazione di Meteorologia. La prima grande installazione radar è entrata in funzione nel 1983, mentre tre anni dopo, a seguito della crisi Usa-Libia, fu costituita nell’isola la 134ª Squadriglia Radar, con lo scopo di garantire la sorveglianza e il controllo dello spazio aereo in ambito nazionale e Nato. Nel 1993 fu attivato pure un Distaccamento per il supporto logistico, tecnico e amministrativo di tutti gli enti dell’Aeronautica militare, attualmente ospitato in alcune palazzine nella parte sud-orientale dell’isola, adiacenti al sedime dell’aeroporto civile. Nel 1998 la sala controllo della 134^ Squadriglia radar, collocata geograficamente con i suoi sensori nell’area già occupata dalla Stazione Loran Usa, ha assunto la configurazione di sensore remoto con riporto dei data link al 34° Gruppo Radar di Noto - Mezzogregorio (Siracusa) e ai centri operativi del Gruppo Riporto e Controllo Difesa Aerea di Poggio Renatico (Ferrara) e del 22º Gruppo Radar di Licola (Napoli).

Da qualche mese l’Aeronautica ha sostituito il suo radar di sorveglianza FADR (Fixed Air Defence Radar) RAT 31-SL (operante in banda S con emissioni da 2 a 4 GHz) con il modello RAT 31-DL (operante in banda D con emissioni da 1 a 2 GHz). “L’operazione fa parte di un programma nazionale di sostituzioni per liberare le frequenze della banda D e renderle disponibili per le comunicazioni dei dispositivi WiMax”, spiega il prof. Massimo Coraddu, il fisico sardo co-autore dello studio del Politecnico di Torino che ha documentato i gravi rischi per la salute umana e il traffico aereo delle emissioni del sistema satellitare MUOS di Niscemi. “I due diversi modelli di radar RAT sono stati realizzati dall’industria italiana Selex (Finmeccanica) ed emettono impulsi di microonde molto brevi e di elevata potenza. Il RAT 31-DL ha una potenza media di 2,5 KW e forma brevi impulsi in cui la potenza concentrata è di 84 KW. Del radar RAT 31-SL non è invece nota la potenza media, mentre sappiamo che ha una potenza concentrata di 155 KW. Purtroppo non sono pubblici altri dati radiotecnici indispensabili per un’accurata analisi delle emissioni e né i militari e né Selex hanno fornito le previsioni sui livelli di irraggiamento nel territorio circostante”.

Secondo un primo censimento delle sorgenti elettromagnetiche presenti a Lampedusa effettuato da Massimo Coraddu e dall’Associazione culturale “Askavusa”, oltre al nuovo FADR RAT 31-DL nella zona occidentale dell’isola sono operativi pure due radar di sorveglianza costiera, un radar GEM e un radar EL-M 2226 prodotto dall’azienda israeliana ELTA-System di cui esiste un esemplare identico anche a Capo Grecale. “Ad Albero Sole sono presenti inoltre numerose antenne operanti su bande diverse e altri dispositivi non chiaramente identificabili, tra cui una cupola che potrebbe ospitare un altro radar”, spiega Coraddu. “Altri due radar per la sorveglianza costiera si trovano nel vicino sito della Marina militare. Le caratteristiche tecniche di questi dispositivi non sono note ma nel 2014 la Marina ne ha proposto la sostituzione con due nuovi radar, sempre per la sorveglianza costiera, il Gabbiano T200C e il RASS CI (Radar di Scoperta di Superficie), entrambi prodotti da Selex. Nello studio di fattibilità ambientale fornito dall’azienda italiana, ci sono alcuni dati tecnici solo per il primo modello radar (frequenza 9.1-9.7 GHz, potenza media 215 W, potenza di picco 3.45 KW, guadagno d’antenna 28.5 db). In base alle nostre conoscenze è però verosimile che il RASS CI sia molto più pericoloso del Gabbiano T200C: si tratta infatti di una versione costiera del radar RASS C imbarcato nelle unità militari, come si deduce dalla presentazione fatta da Selex alla fiera internazionale degli armamenti di Bourget 2011”.

Nella parte restante dell’isola ci sono però altri pericolosi dispositivi emittenti: ripetitori radiotelevisivi e per la telefonia cellulare, trasmettitori VHF per le comunicazioni in mare e per quelle aeroportuali, il radar per la sorveglianza costiera avanzata EL-M 2226 di Capo Grecale installato dalla Guardia di finanza all’interno di un’area di proprietà del Comune di Lampedusa e Linosa affidata in concessione a Telecom. “I radar EL-M 2226 sono stati acquistati in Israele grazie al Fondo per le frontiere esterne Ue 2007-13 e dovevano essere attivati pure in tre località sarde e a Capo Murro di Porco a Siracusa, ma le proteste popolari e ben tre sentenze del Tar di Cagliari hanno costretto la Guardia di finanza a rimuovere gli impianti e congelare sine die il programma finalizzato ad un impiego militare contro i migranti”, ricorda Giacomo Sferlazzo di “Askavusa”. “Il radar di Capo Grecale emette un’energia estremamente concentrata in un fascio ristretto (EPR - Equivalent Power Rate)”, allerta il prof. Coraddu. “A prima vista, la potenza di 50 W dell’EL-M 2266 israeliano potrebbe apparire bassa, ma questa impressione è erronea. Per ottenere la potenza equivalente emessa nella direzione del fascio, bisogna moltiplicare infatti i 50 W per il guadagno d’antenna di 37-38 db, che equivale a un’amplificazione di 10G/10, cioè 5.000 - 6.000 volte maggiore. Nella direzione di emissione, l’intensità del fascio equivarrà dunque a 250-300 KW”.

Lampedusa, la sua popolazione, la flora e la fauna sono senza alcun dubbio le vittime inconsapevoli di un insostenibile inquinamento elettromagnetico, colpevolmente ignorato o occultato dalle autorità militari e sanitarie e dagli amministratori locali e regionali. “Dato il gran numero di sorgenti diverse, tutte di notevole intensità e la piccola superficie a disposizione, l’isola di Lampedusa presenta una densità molto alta e del tutto inusuale di emissioni elettromagnetiche”, denuncia il prof. Coraddu. “Sono state già evidenziate situazioni critiche, duplicazioni di funzioni (si pensi che sono presenti perlomeno sei radar di sorveglianza costiera da terra), mentre di molti dispositivi non sono note le caratteristiche radioelettriche e non è mai stata fatta una stima delle loro emissioni. La situazione appare in larga misura fuori controllo. Non esiste un’anagrafe completa e organica delle sorgenti elettromagnetiche operanti e della loro collocazione. Sarebbe quanto mai necessario uno studio di tutte le sorgenti, del loro irraggiamento complessivo, dei possibili effetti sulla salute della popolazione e sull’ambiente naturale, per procedere poi a una riduzione delle emissioni e alla ridistribuzione delle sorgenti in modo da evitare, per quanto possibile, le situazioni di rischio”.

“La proliferazione del tutto ingiustificata e con effetti pericolosissimi per la salute della popolazione, il territorio e l’ambiente, di sistemi radar e telecomunicazione militare e delle antenne della telefonia cellulare, localizzati vicinissimi agli abitati o in luoghi utilizzati per attività ecoturistiche, pregiudicando l’immagine e le attività socioeconomiche dell’Isola”, afferma Annalisa D’Ancona, rappresentante legale dell’Associazione “Askavusa”. “Il preoccupante quadro epidemiologico registrato dalle autorità sanitarie e dai ricercatori tra la popolazione lampedusana, con un’alta incidenza di alcune forme tumorali, ben al di sopra delle medie regionali, impone l’adozione immediata di misure che riducano drasticamente l’inquinamento elettromagnetico. Per questo, in occasione della mobilitazione antirazzista del 1° maggio abbiamo lanciato una sottoscrizione popolare per chiedere alle autorità militari e alle compagnie telefoniche di eliminare i radar, gli impianti di guerra elettronici e le infrastrutture telefoniche che svolgono funzioni analoghe e di di bloccare tutti i nuovi insediamenti previsti nell’isola. All’Amministrazione comunale chiediamo invece di varare un regolamento che imponga il rispetto dei limiti di legge alle esposizioni elettromagnetiche e vieti la presenza di fonti di emissioni in vicinanza di asili, scuole, presidi sanitari e nei pressi del centro abitato”.

Antonio Mazzeo

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