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ARIA DI FASCISMO

COSTRUIRE L’OPPOSIZIONE: PRIMA ANCORA CHE SUL PIANO POLITICO SU QUELLO CULTURALE E DEL SENSO COMUNE DI MASSA

(23 Maggio 2015)

La priorità di questa fase, sul terreno politico e insieme culturale e dell’indirizzo del senso comune di massa, è quella di costruire l’opposizione al dilagante processo di eversione antidemocratica e di arretramento che emerge dal comportamento da quelle che si vorrebbero “classi dirigenti del futuro”: un fenomeno ciclico nella storia d’Italia, al riguardo del quale c’è stato un solo momento di effettivo contrasto, quello segnato dalla presenza dei grandi partiti di massa emersi dalla lotta al nazifascismo.

Non è il caso però di cercare di recuperare soltanto antichi valori: è il caso di leggere ciò che accade in termini di vera e propria modernità, della quale questo governo sta tragicamente facendosi interprete.

Il primo elemento con il quale fare i conti è quello di un ritorno, banale ma pericolosissimo, a una tendenza nazionalista e bellicista.

Ciò avviene tra l’altro a fronte di un fenomeno che rappresenta, in questo senso, un vero e proprio terreno di coltura per tutti gli egoismi di vario tipo che inquinano il quadro culturale e sociale: il fenomeno delle migrazioni al riguardo del quale non si riesce proprio a far passare il senso della globalità che contiene, e dell’estrema gravità che presenta in altre parti del mondo prima ancora che qui, nel nostro piccolo orto di casa.

La tendenza a una stupida glorificazione nazionalista appare poi confortata dall’atteggiamento dei mezzi di comunicazione di massa, in particolare dalle televisioni che esaltano qualsiasi piccolo avvenimento in una chiave che, soltanto qualche anno fa, sarebbe apparsa del tutto ridicola. Un altro segnale di vero e proprio “arretramento dell’intelligenza” prima ancora che culturale: pensiamo soltanto alla scenografia kitsch imposta alle cerimonie pubbliche.

Non si tratta di un segnale secondario perché il rinnovo della retorica nazionalista si accompagna con una scelta ben precisa al riguardo dell’economia, che la compensa largamente.

La scelta è quella della totale separatezza tra politica ed economia, con quest’ultima affidata al “pilota automatico” del monetarismo della BCE e della Commissione Europea e alla ferocia della gestione capitalistica ispirata al “modello Marchionne”.

Alla politica rimane il compito della distribuzione di incentivi (gli 80 euro, la parzialità nel rimborso ai pensionati, la riduzione nel numero delle assunzioni dei precari nella scuola, ecc.).

La politica che si occupa soltanto di nomine e di spesa in funzione meramente elettoralistica, con l’anello di congiunzione con l’economia rappresentato dalla “legislazione dello sfruttamento” (vedi job act).

E’ questo, fin qui descritto nei due punti del recupero del nazionalismo e della separatezza di gestione tra politica ed economia il quadro di contorno della realtà italiana così come questa si presenta rispetto ad alcuni mutamenti di fondo nei rapporti interni alla società.

Esiste un filo (naturalmente non “rosso”) che tiene assieme alcuni provvedimenti che tendono a mutare e a snaturare proprio i rapporti sociali impostandoli e definendoli sul terreno dell’individualismo corporativo, dell’affermazione di una sorta di “unicità” nella sopraffazione politica, nella barbarie dello scambio diseguale.

Il primo terreno sul quale ci si sta misurando, da questo punto di vista, è quello della costruzione di un “gruppo di potere” inteso in senso lato, a tutti i livelli, costruito verticalmente e orizzontalmente, fuori e dentro le istituzioni ma reso compatto dall’adozione del verbo “unico” della prevalenza del singolo e del potere che rappresenta sul collettivo.

Una scala di capi e capetti (cape e capette, beninteso in un’esaltazione della presenza femminile attuata nel senso del più puro maschilismo dell’arroganza) costruito a tutti i livelli e tenuto assieme, compattato, dall’idea del dominio e dell’assenza di contrasto in ispecie sotto l’aspetto dell’idealità: la nuova legge elettorale è costruita proprio su questo modello, ma si cerca di far rispondere l’insieme delle strutture pubbliche e private a questo tipo di criterio di fondo.

L’idea del capo e dei capetti (della capa e delle capette) si accompagna perfettamente all’ideologia del “merito di classe” che spunta a ogni piè sospinto in ogni atto e provvedimento non solo del Governo. Una vera e propria ideologia negativa che emerge, ad esempio, con grande forza nella legge di riforma della scuola e non soltanto nel passaggio, comunque decisivo, del preside – padrone.

Preside – Padrone che rappresenta il vero e proprio “anello di congiunzione” tra la filosofia del comando (che ispira la cosiddetta “democrazia esecutiva”) e quella del merito: merito naturalmente da assegnare attraverso la disugualità dei punti di partenza, stabiliti rigorosamente attraverso l’applicazione dell’antico ma sempre valido “concetto di classe”.

Il resto della società, che non potrà mai avere accesso all’area di comando e a quella del merito, grazie alle disuguaglianze acclarate e consolidate dal “pilota automatico” dell’economia sarà affidato alla carità gestita dai soggetti privati sussidiari che risponderanno, com’è scritto nelle linee guida del Civil Act, ai luoghi del comando preventivamente stabiliti e resi immutabili nel loro prestabilito Empireo.

Si tratta di un progetto a lungo termine che punta a stravolgere il ruolo della politica e l’insieme dei rapporti sociali attraverso l’espressione di una sorta di trimurti: individualismo egoista, segno del comando unico inteso a livello di ideologia, carità quanto mai “pelosa”.

Intanto, all’interno di un quadro generale dominato dall’esaltazione concreta del concetto di disuguaglianza economica e sociale, si intrecciano già gli elementi del “pensiero unico” che diventa vera e proprio totalitarismo.

E’ così per la circolare emessa dal Ministero della Pubblica Istruzione che vieta di introdurre nella sede del famigerato Circo Barnum Expo di Milano: “testi e documenti che contengano asserzioni o concetti diversi da quelli esplicitamente autorizzati dalle Autorità di Pubblica Sicurezza”. Evidente richiamo alle norme che durante il ventennio consentivano l’esclusione da “tutte le scuole del Regno” agli studenti oppositori.

Ed è così anche per le dichiarazioni del ministro Padoan che chiede “concertazione” tra Corte Costituzionale e Governo nell’emissione delle sentenze: una dichiarazione in perfetto dispregio con la separatezza dei poteri fondamento dello Stato Liberale.

Senza contare la “sparata” renziana sul sindacato unico.

Insomma: si respira in giro aria di fascismo.

E’ questo il nemico che ci troviamo di fronte in una politica del dominio che recupera Carl Schimtt sotto mentite spoglie e prepara la dittatura di un ceto di predestinati e privilegiati, tenuti assieme dalla capacità del gonfiarsi il petto davanti alle telecamere.

Serve un’analisi di fondo attorno a questi temi per riprendere le fila del discorso dell’opposizione, sociale e politica: per adesso non se ne intravedono i segni, per l’eccesso di legami con il passato, la voglia di accomodarsi ai piedi del potere, la pigrizia dell’affidarsi ai luoghi comuni.

Sarà possibile aprire un discorso diverso raccolto attorno alle contraddizioni reali e concrete dell’oggi e del futuro?

Franco Astengo

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