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10 GIUGNO 1940: L'ITALIA ENTRA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE (un abbozzo di ricostruzione storica)

(9 Giugno 2015)

10 Giugno 1940, esattamente settantacinque anni fa, l’Italia entrava direttamente nella fornace distruttiva della più grande tragedia della storia.
Dal balcone di Piazza Venezia Mussolini annunciò a un Paese secondo molte testimonianze più perplesso che entusiasta (e che si vergognava non poco dell’opportunistica scelta dei tempi) che era finalmente giunto il momento di “spezzare le catene” che imprigionavano l’Italia nel Mediterraneo e di entrare nella “lotta dei popoli fecondi e giovani” contro gli “affamatori che detengono ferocemente il monopolio delle ricchezze e di tutto l’oro della terra”, ma ormai “isteriliti e volgenti al tramonto”.
Una bolsa retorica nazionalista che, in alcuni e non secondari tratti, riemerge oggi nell’oratoria pseudo-immaginifica di chi si è imposto, in un eccesso d’indifferenza e sottovalutazione generale, al governo del Paese.
La guerra che ha insanguinato il mondo tra il 1939 e il 1945 è stata “mondiale” e “totale” in un senso ancora più ampio e profondo di quanto non fosse stata quella del 1914-18.
Anzitutto essa non soltanto ha coinvolto tutti i continenti nel senso della partecipazione alla guerra, ma ha visto operazioni militari dispiegarsi su una scala e con un’intensità senza precedenti in Europa, in Africa e in Asia, sugli oceani e nei cieli.
In secondo luogo ha richiesto una mobilitazione di risorse naturali e umane in una misura tale da superare qualsiasi paragone con il passato.
In terzo luogo la guerra “totale” ha trascinato nel conflitto la popolazione civile in modo diretto.
Mentre la prima guerra mondiale era stata combattuta degli eserciti e la popolazione civile si era limitata a sostenere lo sforzo militare dietro i fronti, durante la seconda guerra mondiale la popolazione civile è stata massicciamente colpita dalle distruzioni su scala enorme dei centri abitati in conseguenza dei bombardamenti aerei, coinvolta in operazioni belliche attraverso la lotta partigiana, costretta dallo spostarsi dei fronti a giganteschi trasferimenti collettivi e, infine, nei paesi sottoposti all’occupazione degli eserciti nazisti, fascisti italiani e giapponesi, fatta oggetto di feroci persecuzioni di massa.
L’estrema mobilit6à dei fronti che si spostarono assai più che non durante la prima guerra mondiale anche in conseguenza degli effetti provocati dall’impiego sistematico di mezzi aerei e di mezzi mobili terrestri (carri armati, automezzi di ogni tipo), fece sì che un grande numero di Stati venissero occupati e quindi abbandonati con enormi devastazioni.
Tutto un volto dell’Europa venne cancellato per sempre con i suoi tesori di arte e di cultura.
La mobilitazione “totale” delle risorse umane e tecnologiche al servizio della guerra da parte di schieramenti opposti convinti che la sconfitta o la vittoria avrebbe cambiato in modo radicale il corso della loro storia, non soltanto portò l’industria a diventare la protagonista principale della guerra, che durò ben più a lungo delle previsioni di chi l’aveva scatenata, ma indusse tutte le potenze belligeranti a dare una giustificazione ai milioni di combattenti inquadrato negli eserciti e agli ancor più numerosi milioni di civili chiamati a sostenere lo sforzo bellico.
Come già durante la prima guerra mondiale, anche durante la seconda le potenze occidentali fecero della democrazia e della pace internazionale la loro bandiera ideale, in contrapposizione al militarismo e all’autoritarismo del fascismo internazionale e del suo alleato giapponese.
Le potenze fasciste e il Giappone dal canto loro agirono il mito di un “nuovo ordine” che doveva dare ai paesi “giovani” e “poveri” il diritto storico di creare un rinnovato ordine internazionale, ponendo fine all’imperialismo anzitutto delle “vecchie” e “ricche” potenze democratiche.
A questo fronte ideologico, indirizzato contro la democrazia borghese, le potenze fasciste e il Giappone unirono quello rivolto contro il bolscevismo.
Democrazie borghesi e bolscevismo furono poi, secondo le teorie hitleriane, ricondotti da nazisti e fascisti alla “congiura internazionale ebraica”, vista come matrice comune delle due degenerazioni, l’imbelle democrazia dei popoli “decadenti” e il disordine “barbarico” dell’Unione Sovietica.
La lotta ideologica s’incrociò indissolubilmente con la lotta militare.
Nelle regioni occupate dal blocco nazista – nipponico il terrore sistematico contro gli oppositori armati e non armati diede alla guerra un volto sanguinario senza precedenti.
Coloro che furono maggiormente oggetto della violenza nazista in Europa furono ebrei e comunisti, che Hitler era deciso a estirpare senza arretrare di fronte a nessun mezzo.
Fu così che, dopo avere, fin dalla presa del potere nel 1933, iniziato in Germania la repressione brutale anzitutto di ebrei e comunisti, nel corso della guerra i nazisti decisero di eliminare fisicamente tutti gli ebrei che si potevano arrestare nei territori occupati.
Un altro aspetto he la prima guerra mondiale non aveva conosciuto fu quello della guerra civile e della lotta partigiana.
In Jugoslavia, in Russia, in Francia, in Grecia, in Italia quando nel 1943 crollò il regime fascista, in Cina e in molti atre paesi, l’opposizione ai nazisti, fascisti e imperialisti nipponici, diede origine al fenomeno della resistenza armata da parte di civili e militari dietro le retrovie del nemico; resistenza che unì alle motivazioni di carattere militare quelle politiche e istanze di rinnovamento economico e sociale.
Un aspetto diverso ebbe invece la lotta partigiana nell’URSS, dove essa era politicamente e militarmente inquadrata nell’ambito del regime sovietico e dell’Armata Rossa.
Il carattere fortemente ideologizzato del conflitto e la formazione di movimenti di resistenza comportarono una politicizzazione delle masse di grande ampiezza; la quale, per le tendenze di autonomia politica che introduceva, in vari momenti determinò tensioni e contraddizioni rispetto agli obiettivi delle grandi potenze alleate contro i fascismi e il Giappone, volti a dare al mondo postbellico un ordinamento sostanzialmente deciso dai governi.
L’Italia, quando scoppiò la guerra mondiale nel settembre del 1939, era del tutto impreparata militarmente, nonostante l’ideologia bellicista che aveva caratterizzato il regime fin dal suo sorgere.
Povero di materie prime, con un’industria ancora complessivamente debole, provato dal consumo di materiali bellici prima nella guerra italo-etiopica poi nella guerra civile spagnola, il paese non era stato in grado né finanziariamente né tecnicamente di formare un esercito pronto a misurarsi non più con nemici di terzo o quart’ordine, bensì con grandi potenze.
Molta parte delle armi leggeri e dell’artiglieria risaliva ancora alla prima guerra mondiale.
Carri armati pesanti mancavano del tutto; e quelli medi e leggeri non solo erano scarsi, ma anche di cattiva qualità.
La motorizzazione delle truppe, essenziale in una guerra moderna, era insufficiente.
L’aviazione non era soltanto carente nel numero, ma soprattutto incapace di sostenere il confronto nelle prestazioni con i tipi di aerei in dotazione alle forze armate di altre potenze.
La marina era l’arma più solida; eppure anch’essa difettava proprio in quell’aspetto che era ormai decisivo per una marina tatticamente preparata: il coordinamento con l’aviazione (mancavano del tutto le portaerei).
Le forze armate italiane erano insomma comparativamente più deboli nel 1939 di quanto non fossero state nel 1914.
Nonostante il Patto d’Acciaio, la Germania era entrata in guerra con la Polonia senza tener conto dell’Italia e senza consultarsi con essa, così fin dall’inizio mostrando la posizione subalterna riservata al fascismo italiano.
In effetti Hitler, al quale Mussolini aveva fatto presente nell’agosto del 1939 l’impreparazione militare italiana e richiesto ingentissimi quantitativi di materie prime, non teneva in gran conto l’esercito fascista.
Scoppiata la guerra, l’Italia proclamò il 1 Settembre 1939, la “non belligeranza”, vale a dire una sorta di “pace armata”.
Si aprì una fase contraddistinta da un lato dal desiderio di osservare da una posizione non impegnata il corso della guerra, da una sostanziale ambiguità che si espresse anche in accordi economici con Francia e Gran Bretagna e in forniture militari a questi paesi per provvedersi di valuta pregiata e quindi di materie prime, dai tentativi delle potenze occidentali di trasformare la “non belligeranza” in “neutralità”; dall’altro la crescente insofferenza di Mussolini per la posizione dell’Italia di fronte ai travolgenti successi militari dei tedeschi.
Il “duce” doveva inoltre tener conto dei contrasti interni al gruppo dirigente fascista, che era diviso tra coloro che chiedevano l’immediato intervento a fianco della Germania e coloro, come Ciano, i quali si rendevano ormai conto che una guerra italiana sarebbe stata una guerra condizionata dall’indiscutibile primato nazista e ritenevano che il conflitto sarebbe stato di lunga durata e perciò pericoloso per un paese debole come l’Italia.
La contraddizione fra la consapevolezza della debolezza militare e il desiderio di non essere relegato a una posizione marginale, tale da liquidare l’Italia come grande potenza, venne sciolta da Mussolini dal crollo della Francia.
Egli volle ad ogni costo che l’Italia avesse la sua parte del bottino e il suo “migliaio di morti da buttare sul tavolo della pace”.
L’Italia avrebbe dovuto, nei piani di Mussolini, condurre una guerra “parallela” a quella tedesca, avente per liee direttrici l’espansione nel Mediterraneo (Nizza, Savoia, Corsica, Africa) e nel settore danubiano – balcanico.
Il 10 Giugno 1940, quando ormai l’esercito francese era sconfitto, l’Italia fascista entrò in guerra con la Francia e la Gran Bretagna agitando l’ideologia della “guerra proletaria” contro le potenze decadenti e plutocratiche.
La guerra era presentata come la continuazione della “rivoluzione fascista”.
L’esercito italiano aveva una forza di 1.630.000 uomini, male armati ed equipaggiati, con in più 140.000 camicie nere inquadrate militarmente.
Contro il fronte francese, difeso da 175.000 uomini saldamente attestati dietro valide fortificazioni, mossero oltre 300.000 uomini dell’esercito italiano, che passarono all’attacco il 21 Giugno, dopo che Petain aveva già chiesto l’armistizio ai tedeschi.
Avverse condizioni atmosferiche e cattiva preparazione fecero sì che l’attacco si risolvesse in notevoli perdite e scarsi progressi.
I francesi, intanto, per dimostrare la fragilità delle difese italiane avevano scatenato un attacco navale bombardando le coste dalla Liguria, in particolare i porti di Genova e Savona.
Il 24 Giugno, due giorni dopo l’armistizio con la Germania, la Francia firmò quello con l’Italia.
La guerra non era finita, al contrario.
Da quel momento si scatenò l’escalation bellica: 5 anni di conflitto mondiale fino alla caduta del terzo Reich e all’olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki.
La seconda guerra mondiale determinò così un mutamento nei rapporti di forza d’immensa portata, che nei suoi risultati più salienti può essere così indicato:
1) La Germania e il Giappone furono cancellati come potenze mondiali (l’Italia in realtà era sempre stata tale soltanto sulla carta);
2) La Germania uscì dalla sconfitta con la perdita della sua unità statale, che si concretò nella formazione di due Stati a regime politico e sociale diverso;
3) L’Europa, il cui peso era già uscito ridimensionato dalla prima guerra mondiale nella realtà, anche se non all’apparenza subì un vero e proprio tracollo con la sparizione definitiva della Gran Bretagna e della Francia da novero delle potenze mondiali;
4) Il mondo passò sotto la leadership di due sole potenze: gli USA da un lato e l’URSS dall’altro;
5) La guerra mondiale, con la sconfitta del Giappone e il crescente peso politico dei comunisti cinesi nella lotta antigiapponese, creò le condizioni per l’ascesa di Mao-Tse- Tung al potere in Cina;
6) Il diminuito prestigio e la scossa potenza della Gran Bretagna e della Francia furono alla base del processo di “decolonizzazione” che portò alla nascita in Africa e in Asia di nuovi stati indipendenti, le cui popolazioni nel corso della guerra mondiale aveva accumulato un’esperienza politica e militare che fu alla base della loro lotta contro il potere coloniale.
Per compilare questo lavoro sono stati consultati i seguenti testi: “Storia dell’età contemporanea” di Massimo L. Salvadori, Loescher editore Torino 1976; “La forza del destino. Storia d’Italia dal 1796 a oggi” di Christopher Duggan, edizioni Laterza, Roma – Bari, 2008.

Franco Astengo

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