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Marco Rovelli, "Eravamo come voi, Storie di ragazzi che scelsero di resistere"

Roma - Bari, Laterza, 2015, pp. 256, € 20,00

(5 Settembre 2015)

rovelli eravamo come voi

Dinanzi alle rovine prodotte dal revisionismo strumentale di questi decenni, c’è comunque da rallegrarsi nel constatare che, proprio in risposta ad esso, nella preoccupazione che il patrimonio della Resistenza venisse vilipeso e stravolto, la testimonianza della generazione partigiana sia al momento quella forse più documentata in Italia. Indipendentemente dagli effetti sortiti, è indubbiamente affollata la produzione di audiovisivi, spettacoli, concept album e, ovviamente, pubblicazioni cartacee che rispondono alle medesime esigenze di salvaguardia, come questo Eravamo come voi.

Sin dalle prime righe questo volume, infatti, ne ricorda inevitabilmente un altro, collettaneo, uscito qualche anno fa: Io sono l’ultimo, Lettere di partigiani italiani (Einaudi, 2012). Non si tratta di plagi o saccheggi, beninteso, ma di una similitudine negli intenti dei curatori di quello e dell’autore di questo. Ambedue citano già nel titolo delle frasi pronunciate dai protagonisti delle vicende riportate, al cospetto degli studenti e dei giovani in generale, per rimarcare la consapevolezza di essere gli ultimi superstiti di quella vicenda considerata la più epica della nostra Storia contemporanea e, parimenti, la modestia nel non pretendere di essere percepiti come speciali: ragazzi di allora proprio come quelli dell’epoca dei social, che ciò corrisponda al vero o meno. In ambedue i casi, il reperimento delle testimonianze è stato possibile grazie anche alle strutture dell’Anpi, ad oggi, comunque la si voglia considerare politicamente, la più grande e ramificata organizzazione partigiana e antifascista del Paese.

Venendo alle differenze, se Io Sono l’ultimo riguardava tutto il territorio nazionale, Eravamo come voi si concentra più sull’Italia centrosettentrionale, in particolare su quelle zone come l’Ossola o la Carnia che avevano visto consumarsi le esaltanti esperienze delle repubbliche partigiane: istituzioni certo effimere, messe in piedi alla garibaldina e destinate a soccombere nel breve periodo, non senza aver però gettato quei semi di progresso civile e sociale, soprattutto in termini di genere, che poi germoglieranno, nonostante le gelate che dovranno sopportare, dopo la Liberazione. I paesaggi sono quindi in larga prevalenza le montagne e le valli, luoghi partigiani per antonomasia, a fare da perimetro per ben ventitré vicende resistenziali di donne e uomini e, altra differenza con la pubblicazione presa a confronto: se lì erano trascritte testimonianze in prima persona, qui è l’autore a fare un po’ da voce fuoricampo con descrizioni e valutazioni, lasciando tra virgolette le parti dirette.

Affrontando nel merito i protagonisti, quello che, va da sé, li accomuna, oltre all’aver precedentemente conosciuto solo il fascismo, come il grosso del partigianato, nella fattispecie quello giunto ai giorni nostri, è quel crocevia della storia che è rappresentato dalla Lotta di liberazione. Le differenze stanno nel come a quella lotta ci si sia giunti, perché, a tutti gli appuntamenti con i crocevia, ci si può arrivare per forza, per caso, consapevolmente o incoscientemente; poi si deve decidere, scegliere, magari in un batter di ciglia. E ogni testimone qui lo racconta, partendo dai ricordi familiari, dai discorsi sentiti fare tra le mura domestiche o nelle osterie, da quel filo rosso che legava con le generazioni sovversive del periodo liberale, dalla divisa da balilla che proprio non si voleva indossare, o da quella scintilla scoccata assistendo ad un’ingiustizia, un pestaggio o una purga, “ammonimenti” e “diffide” nei verbali del regime fascista. Poi sopraggiungono gli eventi.

Di per sé tutto è autobiografico, indipendentemente dal genere o dal settore di riferimento, ragion per cui la personalità dell’autore o curatore non può essere indifferente ai fini dell’opera. E l’autore qui è Marco Rovelli, scrittore, performer e musicista, ora solista, già celebre voce dei disciolti Les Anarchistes, interpreti e ricercatori di quella canzone di protesta, libertaria nella fattispecie, di cui su queste pagine troviamo citati dei passaggi a più riprese. Redattore, inoltre, d’una decina di uscite, anche a quattro mani, riguardanti la stretta attualità come l’immigrazione, laddove il passato ci aiuta a comprendere e, auspicabilmente, a modificare il presente.
Rovelli, infine, vive a Massa, ed è perlopiù attivo tra la Lunigiana e le Apuane, in quel bacino di cave ove si è notoriamente salvaguardata la cultura anarchica e a cui è dedicata la chiusura di questo lavoro, quasi a rappresentare un necessario luogo di ritorno, per sé e per i propri princìpi e valori.

Silvio Antonini

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