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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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ORA, TRE “SINISTRE”...
MA POCA COSA RISPETTO ALL'ATTACCO DEL CAPITALE!

(18 Dicembre 2015)

Editoriale del n. 36 di "Alternativa di Classe"

giuliano poletti

Del nascente Partito Comunista d'Italia, togliattiano di impostazione “teorica” e filo-cinese di pratica politica sull'attuale terreno internazionale, ne abbiamo già fatto più di un cenno nel n. 32 di ALTERNATIVA DI CLASSE (a pag.11), ma questa estate non erano ancora pronti tutti “i giochi” a “sinistra”. Ora che il 2015 sta finendo, ed i “poltronisti” di ogni risma stanno ricominciando ad avvertire “profumo” di elezioni, come minimo delle comunali di primavera 2016, e, come massimo, anche delle eventuali elezioni politiche nazionali anticipate, le “grandi manovre” per tornare “sugli scranni” si fanno più evidenti ed incisive.
E così, dopo la grande alleanza della destra, che va da “Fratelli d'Italia” fino a Forza Italia, passando per la Lega Nord, divenuta centrale con Salvini, il 7 Novembre scorso, al Teatro Quirino di Roma, nasceva “Sinistra Italiana”, che si costituirà come partito nei territori solo l'anno prossimo. Ma il fatto “più urgente”per costoro era di presentarsi ai media e di rappresentare “una sponda” per chi deciderà di uscire dal “PD di Renzi” (...come se il “PD di Bersani” fosse stato, invece, di sinistra! ...e come se non avessero votato fino a poco fa tutti quanti le varie nefandezze di questi ultimi anni: di tutto e di più!). Niente paura, i parlamentari ci sono già, e col nome di “Sinistra Italiana”: si tratta di 31 deputati (i 25 di SEL più 6 ex-PD) e 10 senatori (i 7 di SEL più Mineo, ex-PD, e due ex-M5S), così nessuno potrà parlare di velleitarismo, laddove le decrepite argomentazioni parlamentariste “di sinistra” sulla “dispersione dei voti” continuano ad attecchire.
Mentre alla “fauna” di cui sopra viene appioppato l'epiteto, offensivo alle loro orecchie, di “neo-marxisti” (ridicolo, se non fosse tragico!), probabilmente per la scelta della data, legata alla Rivoluzione d'Ottobre, che non si tratta solo dei big, N. Vendola e S. Fassina (che, peraltro, non ha perso tempo a dichiarare fino da ora l'obiettivo della ricostituzione di questa “sinistra”: un altro centrosinistra! - ...ma non era stata dichiarata “finita” la sua “stagione”?), ma di “un'area ben più vasta”, lo dimostra il fatto che ci tengono a rendere nota la loro adesione anche S. Cofferati, la rete “Agire, costruire, trasformare! (Act!)”, la “Altra Europa con Tsipras”, fino alla vecchia Rifondazione Comunista (PRC) di Ferrero, che completerebbe, così, anche formalmente, il proprio percorso di “omologazione”. Per il solito ceto politico “di sinistra”, una ghiotta occasione per un ennesimo riciclaggio!
Ad oggi sfuggono a questo “nuovo polo”, da un lato i convenuti a Bagnoli (NA) del 21 Novembre (coloro che stanno dando vita a “Possibile”, guidati da P. Civati) e, dall'altro, quelli che si sono dati appuntamento Domenica 13 Dicembre a Roma, nella Sala “Il cielo sopra l'Esquilino”, con l'appello intitolato “Per una rete antiliberista ed anticapitalista”.
I primi, che comprendono anche alcuni fuoriusciti dal “Movimento 5 Stelle” (si tratterà forse di una semiclandestina “componente comunista”?), hanno tenuto a rimarcare a livello parlamentare una propria specificità, ma certamente, con la grande Assemblea nazionale, promossa, in pratica, da “Sinistra Italiana”, che si terrà nei giorni 15, 16 e 17 Gennaio '16, e che lancerà almeno sei referendum (certamente, rigorosamente, “di sinistra”!), con il documento “Noi ci siamo, lanciamo la sfida”, finiranno per diventare “la ciliegina sulla torta” della “grande aggregazione” costituente di una “Carovana per l'Alternativa”, che oggi ama definirsi “inclusiva”.
I secondi comprendono, oltre all'intera Sinistra Anticapitalista, settori dissenzienti del PRC e di “Altra Europa”, con un documento sicuramente più avanzato degli altri finora citati, ma che si muovono anch'essi sul piano degli appelli da parte di figure carismatiche o, quanto meno, “rappresentative”, con malcelati intenti elettorali. E' la riedizione di “Ross@”, ormai fallita, ma, questa volta, senza gli stalinisti convinti della “Rete dei Comunisti”; a differenza di “Possibile”, non necessariamente confluiranno nel calderone di Gennaio, se non come “componente autonoma”, sullo stile della ex “sinistra” di Syriza, ed è per questo che, “a sinistra di” PCd'I e SI, si candidano a diventare una “terza sinistra”, più utile per un “recupero” di consenso a cavallo fra il dentro ed il fuori delle istituzioni, che ad altro, e cioè alla ricerca della necessaria risposta al capitale, anche sul piano politico.
Va detto da subito, e con la massima chiarezza, che la campagna sui sei referendum (che riguarderanno il Decreto “Sblocca Italia”, il Jobs act, il sistema elettorale “Italicum”, la “Buona scuola”, la Legge Boschi-Renzi ed il No Triv), prima con la raccolta di firme, e poi con la campagna per il voto referendario, e che vedrà certamente favorevoli, oltre a tutte le componenti “di sinistra” considerate finora, quasi certamente anche il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL), diventerà, di fatto, la prima nemica di una ripresa reale del movimento di classe su di un concreto piano di lotta. E' vero: ognuna delle leggi in questione ha rappresentato un più o meno grande arretramento delle condizioni della classe, ma non sarànno certo, come non lo sono mai state, delle schede in un'urna a far cambiare tali condizioni!
I referendum sono nemici della classe non soltanto per il grosso impegno personale, che ogni “impresa” del genere richiede a chi vi si dedica (distogliendolo da altri impegni), e, per giunta, su di un piano para-istituzionale ed aclassista, né per il fatto che vi sarebbe, per il voto, una prevedibile campagna astensionista delle destre, massiccia e vincente, e comunque tale da inibire il raggiungimento del quorum, ma perchè (e ce lo hanno insegnato i referendum sull'acqua!) la controparte può, come e quando vuole, rimangiarsene i contenuti, anche in caso di una sua sconfitta: i referendum, infatti, non modificano i rapporti di forza fra le classi! Lo diciamo fin da ora, in tempi non “sospetti”: questi referendum (e, perciò, il ceto politico che li promuove) non fanno che preparare un'altra, l'ennesima, sconfitta operaia; prepariamoci, invece, magari perdendo ancora, ma, almeno, dopo avere “combattuto una battaglia” anche politica, dopo avere lottato davvero! Ricordiamoci che E' SOLO LA LOTTA A PAGARE.
A fare confusione su questo piano vi sarà anche la “Coalizione sociale” di Landini, che, nonostante il flop della sua seconda manifestazione nazionale di piazza, quella del 21 Novembre (dodicimila presenze, dichiarate dagli stessi organizzatori), si muoverà, come sta facendo, ancora su di un piano di opinione, invece che su quello, ormai indispensabile, dell'allargamento ed unificazione delle lotte.
L'attacco del Governo Renzi, infatti, non si è certo fermato! Mentre sul terreno del diritto di sciopero, a partire dai “servizi pubblici” (bloccati a Roma, per accordo sindacale, gli scioperi nei trasporti, per tutta la durata del Giubileo!...), esiste già un disegno di legge governativo (Ddl n.2006 del 14-7-'15, con Ichino come primo firmatario), che, mentre “sistema” il diritto di assemblea con l'obbligo di almeno cinque giorni di preavviso, prevede che possa essere indetto solo da organizzazioni sindacali che hanno più del 50% di iscritti tra i lavoratori da esso interessati, oppure, in alternativa, che la dichiarazione sia messa ai voti tra gli interessati, con un quorum del 50% ed almeno un 50% di favorevoli tra i votanti, per essere legale. Praticamente, un “occhio di riguardo” per i confederali (che, peraltro, si stanno sempre più ricompattando, verso una “riforma della contrattazione, la cui proposta è traguardata per la fine di questo mese...), e “tabula rasa” per i sindacati di base, in particolare per quelli conflittuali! A tutto danno dei lavoratori!...
Mentre contro un attacco del genere, così diretto, è bene muoversi da subito, cercando di contrapporvisi efficacemente, fase per fase con mezzi diversi ed appropriati, non bisogna trascurare quella che molti, a partire dalla Camusso, hanno interpretato solo come una “boutade” del pessimo Ministro del Lavoro (?!), G. Poletti. Ha affermato, rivolgendosi agli studenti della Libera Università Internazionale di Studi Sociali (L.U.I.S.S.), e, non a caso, riscontrando l'immediato plauso del Presidente di Confindustria, G. Squinzi, che “...nell'era della tecnologia informatica, le ore lavorate sono diventate un “attrezzo vecchio”...”. A differenza di chi vi ha individuato solo il carattere di affermazione “apripista” a prossime stangate governative, gli osservatori più “acuti”, fossilizzati alla parvenza di “dibattito politico” in corso, lo hanno considerato, invece, come un nuovo “siluro” al contratto nazionale. Non è solo queste cose!
Posto che nella società capitalistica il solo valore che conta davvero è il “valore di scambio” (laddove il “valore d'uso” viene spacciato, in pratica, come semplice “cosa da romantici”), esso corrisponde proprio, e non può non farlo, al numero di ore lavorate! Una crisi, come quella che stiamo vivendo, riguarda proprio il processo di valorizzazione capitalistica, e ciò vale per qualsiasi produzione di merci. Mentre riesce difficile il solo pensare ad aumentare ancora la produttività del lavoro umano (cioè, a diminuire le ore lavorate necessarie a produrre) oltre ai livelli raggiunti, se non portando all'estremo i processi di automazione, l'unica “soluzione”, da un punto di vista capitalistico, appare l'investimento finanziario, nel quale non vi è intervento del lavoro umano, almeno nel senso di lavoro produttivo. Da marxisti, sappiamo che, in fondo, non è così, perchè ogni aumento del capitale finanziario non fa che ridurre il capitale produttivo rispetto al totale del capitale, alimentando, a sua volta, con l'inevitabile scoppio delle “bolle”, la crisi stessa.
Da quanto sopra emerge che, pur non potendo risolvere questa crisi del capitalismo, che è strutturale, l'unico tentativo possibile, per i suoi “sacerdoti”, è l'aumento del saggio di sfruttamento, cioè, in pratica, a parità di prodotto, pagare ancora meno chi lavora. Perciò il reale significato della sortita sarebbe quello di ripristinare, di fatto, il lavoro a cottimo, come modello generale di lavoro, per estorcere ancora più pluslavoro a chi lavora! Altro che l'implicita disponibilità dei sindacati a discutere l'abolizione delle ore lavorate per certe figure di lavoratori! Non è questione di far lavorare di più, o di maggiore o minore fatica! Per chi lavora è in discussione il disporre la propria vita, anche quotidiana, alle dirette dipendenze delle esigenze della azienda in cui si presta la propria “opera”, lavorando quando e quanto serve ad essa, in modo “flessibile”, per conformarne la produzione alle fluttuazioni dei mercati! Nel capitalismo, oltre tutto, non contare le ore lavorate significa solo regalare lavoro gratuito al capitale di lorsignori!
La sortita di Poletti rappresenta, di fatto, il capitale che, nella sua crisi, fa l'estremo tentativo di togliere ogni, sia pur minimo, margine economico al lavoratore, per cercare di continuare ad alimentare il proprio sistema di sfruttamento, tentando, magari, di non fare ricorso alla distruzione di forze produttive, rappresentata dalla guerra. Nel frattempo continua il bluff dell'aumento della occupazione, solo virtuale, mentre inesorabilmente, anche secondo ISTAT, diminuisce la percentuale degli occupati (39mila in meno del mese scorso), ed aumenta quella dei poveri. La ritrovata unità dei sindacati confederali si esprime con la mobilitazione solo nella, pur politicamente giusta (anche se, di per sé, discutibile), ma molto secondaria, campagna di rivendicazioni sui patronati, a rappresentare una lontananza, ormai forse incolmabile dagli interessi proletari più pressanti: una vera beffa!
Si avvicinano le premesse per un nuovo, e peggiore, accordo sindacale sulla rappresentanza, grazie anche alle “aperture” confederali sulla “partecipazione” (leggi: cogestione sindacale), mentre si sta per andare dritti dritti verso una concreta paralisi, per via legale, di ogni mobilitazione. Mentre il quadro di contorno, come descritto, si va facendo inquietante, va costruito un insieme di obiettivi unificanti su cui mobilitarsi come proletari, cercando di cambiare la logica di fondo della impostazione rivendicativa, e, per farlo, certe “gabbie”, rivendicative e/o mentali che siano, vanno necessariamente rotte. Vanno richiesti, cioè, più necessari che mai, aumenti salariali, contemporaneamente diretti ed in termini di riduzioni d'orario; vanno rivendicate, ad esempio, anche erogazioni salariali continuative verso la forza-lavoro eventualmente “espulsa” dal ciclo produttivo, dividendo con essi l'eventuale lavoro in più! Come, per avere un salario, non si può più aspettare di trovare lavoro ...

Alternativa di Classe

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