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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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4 SI per la libertà di ricerca, per il diritto alla salute

per la difesa del diritto all’aborto, per l’autodeterminazione del modello familiare

(26 Maggio 2005)

Nel giugno prossimo verremo chiamati a votare su 4 quesiti referendari che intendono abolire parti della Legge 40/2004, cioè della legge sulle Tecniche di procreazione medicalmente assistita, approvata nel febbraio dello scorso anno. Questa legge, che si occupa di concezioni riguardanti la vita umana, la famiglia, il diritto di autodeterminazione della donna, il diritto di ricerca scientifica… è stata approvata da uno schieramento politico istituzionale trasversale che va dai partiti del centro-destra fino a partiti del centro-sinistra. E già questo è un primo elemento di riflessione che non deve essere sottovalutato.

Tra i punti principali della legge troviamo, anzitutto, il riconoscimento della capacità giuridica al concepito sancito dall'art.1 ove si stabilisce che la legge "assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito"; questo significa che mentre all'ovulo fecondato viene riconosciuto il "diritto a nascere", la donna viene trasformata in una sorta di incubatrice.

Dal momento che l'ordinamento giuridico italiano prevede che tra due leggi che normano la stessa materia debba considerarsi prevalente la più recente, l'art. 1 della Legge 40 viene a costituire obbiettivamente un attacco alla Legge 194 relativa al diritto di aborto (interruzione volontaria della gravidanza).

Attraverso l'art. 1 vengono posti in contrapposizione i diritti della madre con i supposti diritti del concepito, addirittura prefigurando l'ipotesi di punibilità per le donne che decidessero di interrompere la gravidanza. Anzi, quando con l'art.4 si stabilisce la non ammissibilità della revoca (vale a dire il fatto che una volta che l'ovulo sia stato fecondato si deve procedere obbligatoriamente all'impianto) se non in caso di "documentata causa di forza maggiore", si sancisce non solo che l'embrione è vita umana indipendentemente dal fatto che sia stato impiantato nell'utero, ma si nega di fatto il diritto della donna all'autodeterminazione, cioè le si sottrae la sovranità del proprio corpo, della propria salute, della propria vita.

Paradossalmente, a fronte dell'impianto obbligatorio, alla donna non resterebbe che l'interruzione volontaria della gravidanza (tra l'altro con i problemi causati dall'elevato numero di medici che si definiscono "obiettori di coscienza" o dalle difficoltà che si riscontrano nelle strutture pubbliche, cose che provocano addirittura un aumento degli aborti clandestini).

Il fatto di considerare l'embrione come un soggetto di cui è necessario difendere i diritti, il non poter produrre più di 3 embrioni da trasferire (comunque in un unico e contemporaneo impianto in utero), il divieto di crio-conservazione degli embrioni, il divieto di sperimentazione sugli embrioni se non per "finalità terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso", il divieto di produzione di embrioni a fini di sperimentazione…, porta conseguenze pesanti anche sul versante della ricerca scientifica.

La maggior parte dei ricercatori è convinta che attraverso lo studio sulle cellule staminali prelevate dall'embrione - cellule che avendo la caratteristica di moltiplicarsi e di differenziarsi possono ricostituire qualsiasi parte del corpo umano - si possano trovare cure per gravi malattie come il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, il diabete, le sclerosi, alcuni tumori. Da queste ricerche può derivare una speranza per milioni di persone. Il divieto sancito dalla legge può quindi condannare milioni di persone all'impossibilità di essere curate.

Naturalmente, non possiamo fare a meno di sottolineare che la scienza non può essere considerata neutra rispetto all'oggetto e alle finalità della propria ricerca perché si realizza comunque all'interno di un ben preciso modo (capitalistico) di produzione. Possiamo quindi dire che più che per perseguire scopi umanitari o per migliorare la qualità della vita spesso la scienza è uno strumento per aumentare i margini di profitto delle imprese.

Il sistema capitalistico fa il resto, ponendo l'interesse economico su un piano prioritario rispetto al diritto alla salute. Facciamo un esempio: alle aziende farmaceutiche è riconosciuto il diritto di apporre marchi e brevetti (i "diritti di creazione delle opere dell'ingegno") sui farmaci che producono e, di conseguenza, di vietare la loro riproduzione magari a prezzi più accessibili. In un sistema capitalistico, quindi, si può scoprire come curare una grave malattia e si può nello stesso tempo brevettare questa cura in modo da impedirne la diffusione non controllata (cioè non a prezzi di monopolio) condannando di conseguenza milioni di persone alla morte. E' il caso concreto dei farmaci anti-AIDS che sono stati al centro di un contenzioso internazionale durato anni tra aziende farmaceutiche produttrici e interi paesi (come il Sudafrica).

Posto che non dobbiamo avere una visione feticistica - quasi "mistica" - della scienza come se essa fosse una sorta di nuova religione atea, non possiamo d'altra parte non batterci contro visioni oscurantiste che fanno prevalere sul diritto alla qualità della vita e alla salute delle donne, principi reazionari, astratti nella loro giustificazione, ma molto concreti nei loro effetti.

E tra i vari effetti di questa legge c'è quello che impone limiti alla produzione di embrioni e vieta la loro crio-conservazione, cosa che significa per le donne sottoporsi a maggiori dosi di cure ormonali e ricorrere a più frequenti interventi di anestesia totale con ovvie conseguenze sulla salute.

Allo stesso modo, incide sulla salute della donna l'obbligo del trasferimento in utero di tutti gli embrioni prodotti, il che significa trasferire anche quelli affetti da malattie genetiche o che presentano anomalie, costringendo le donne al maggiore ricorso all'aborto; ma anche, se tutti gli embrioni sono sani, aumentare il rischio di gravidanze plurigemellari che portano, secondo il parere dei medici, all'incremento di gravi problemi fetali.

Un altro effetto di questa legge è quello di negare l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita per finalità diverse dalla terapia della sterilità o infertilità, escludendo quindi tutti coloro che sono portatori di malattie congenite quali talassemia, fibrosi cistica, distrofia muscolare, emofilia, o chi deve sottoporsi a terapie con immuno-soppressori per patologie gravi. Prima dell'entrata in vigore di questa legge, invece, era possibile selezionare - attraverso appunto la selezione pre-impianto - gli embrioni sani da quelli malati.

Certo, anche su questo tema ci sarebbe molto da discutere e molti sarebbero gli interrogativi da porsi.

Fino a che punto può spingersi il desiderio di genitorialità o quello di partorire figli "su misura" ? E' ammissibile pensare che abbiano diritto di nascere solo figli che possiedono determinate caratteristiche - magari di tipo fisico o estetico, come il colore degli occhi - ?

Ovviamente, non siamo certo sostenitori dell'eugenetica e non pensiamo certo ad una selezione degli embrioni per scegliere il colore degli occhi o per selezionare la razza (come avrebbero voluto fare i nazisti) ma non è questo che stiamo discutendo con questa legge.

Ogni anno migliaia di persone ricorrono alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita; a causa delle restrizioni imposte da questa legge moltissime persone si rivolgeranno alle strutture private di paesi vicini come Svizzera, Spagna, Francia, Inghilterra… dove la legislazione è più aperta su questo tema. E' quello che già oggi viene definito "turismo procreativo". Ecco che, nuovamente, riappare l'ipocrisia di questo testo di legge: chi saranno coloro che potranno permettersi di andare all'estero e sostenere gli elevati costi di viaggio, visite, analisi, degenze… ? La risposta è semplice.

Con questa legge viene consentito l'accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita solo alle "coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi": si tratta del divieto di fecondazione eterologa, cioè del divieto di utilizzare gameti estranei alla coppia. Le coppie completamente sterili, gli omosessuali e i single non potranno dunque accedere alla fecondazione medicalmente assistita in quanto viene proibita la donazione degli ovociti e degli spermatozoi.

Attraverso la legge, quindi, viene suggerito un ben preciso modello di famiglia (consono ai gusti della Chiesa) che, per un verso, stabilisce la legittimazione della sola famiglia patriarcale e, per altro verso, sancisce il principio dell'identità genetica del concepito attraverso una intromissione inaccettabile nelle scelte personali in campo sessuale - ristabilendo la priorità dei legami di sangue.

Ovviamente, il modello familistico che viene suggerito è pienamente consono all'idea della famiglia come "cellula-base" dell'intera costruzione sociale, idea del tutto funzionale alla riproduzione del sistema capitalistico a partire dalla divisione del lavoro tra uomini e donne, laddove queste ultime vengono inchiodate ai ruoli principali di madri per la riproduzione biologica della specie o mogli dedite alla cura vita domestica.

Vietare la fecondazione eterologa significa affermare la supremazia della genitorialità biologica su quella sociale, significa affermare che se si è omosessuali o single non si è capaci (e comunque non si ha il diritto) di educare i figli, ma anche che i figli adottivi sono figli di serie B. La legge dichiara di voler tutelare la "famiglia naturale", ma chi è in grado di dire quale sia questa famiglia naturale ?

In conclusione. Il referendum contro questa legge inaccettabile deve diventare soprattutto l'occasione per rilanciare un dibattito ampio su molti temi cruciali che vanno dal rapporto con la scienza (e con la coscienza, anche religiosa) fino al tipo di organizzazione delle relazioni sociali. E’ importante battere la legge, ovviamente, ma è altrettanto e più importante battere le concezioni che la sottendono.

Articolo tratto da Controvento, n.10 (Foglio di controinformazione politica), maggio 2005

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