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(30 Ottobre 2010) Enzo Apicella
Allarme terrorismo negli usa. Camion e arei con pacchi sospetti

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    (17 Febbraio 2016)

    Editoriale del n. 38 di "Alternativa di Classe"

    Pinotti

    La Ministra R. Pinotti

    Dati INPS evidenziano che l'occupazione “finalmente in aumento” nel 2015, di cui il premier Renzi si riempie la bocca, deriva sostanzialmente sia dall'incremento dei contratti a tempo determinato, sia, soprattutto, dal boom dei “voucher”, ora venduti anche dai “tabacchini”, grazie all'entrata in vigore del Decreto n.81/'15, attuativo del Jobs act, ed utilizzati per più di un milione di proletari.
    E' nel frattempo che si susseguono le dichiarazioni sull'utilizzo dei militari in azioni, belliche e non, da parte della Ministra della difesa, R. Pinotti. Se Mercoledì 3 annunciava in tv (a “La 7”) l'invio di “altri 130 militari ad Erbil in Iraq, con compiti di recupero dei feriti in combattimento", soltanto due giorni dopo, Venerdì 5 ad Amsterdam, a margine di una “riunione informale congiunta Esteri/Difesa del Consiglio Ue”, ha dichiarato di essere pronta “a fare antiterrorismo” in Libia con la “Operazione Mare Sicuro”. Tale missione nel Mediterraneo, partita con intenti “umanitari” sull'onda dell'emotività verso chi moriva “sui barconi”, e trasformatasi poi in “supporto ai nostri pescherecci e mercantili”, sarebbe quindi pronta ad assumere connotati apertamente bellici, a dimostrare la connessione esistente tra la lotta “all'immigrazione” (o agli immigrati?) in Italia e l'aggressione armata all'estero.
    Oltre alle “missioni ONU” in Libano, dove sono ben 1100 i militari italiani impegnati, in Palestina, nel Sinai ed in Mali, ne sono anche presenti, sia come NATO, che come UE, che anche direttamente in proprio, 600 nei Balcani (Kosovo, ma non solo), 800 in Afghanistan, 750 a Mosul in Iraq, 166 nel Mediterraneo centrale, con lo stesso “Mare sicuro”, poi altri in Africa (Marocco, Repubblica Centrafricana, Somalia ed Egitto, a vario titolo), negli Emirati Arabi Uniti ed a Gaza. Insomma, si tratta in tutto di 4500 militari italiani impegnati in 28 operazioni in ben 38 Paesi diversi, per oltre mezzo miliardo di Euro (€) di stanziamento approvato per il 2015: l'Italia, nonostante la crisi particolarmente acuta, continua ad occupare l'ottavo posto nel mondo come potenza sul piano militare (sulla base della spesa)!
    Per quanto riguarda l'Iraq, i 130 militari in partenza per Erbil, oltre che da “carri armati e cannoni semoventi cingolati”, saranno “protetti” dal “settimo Reggimento Aviazione dell'Esercito Vega di Rimini con elicotteri d'attacco A129 Mangusta”. Il loro numero si va ad aggiungere ai 750 già presenti nella “missione di addestramento” di milizie locali, definita “Prima Parthica”, nonché ad altri 450, per i quali sta procedendo con il governo locale una trattativa oggi molto vicina alla conclusione, dato che la Ditta Trevi di Cesena ha vinto l'appalto per il consolidamento della Diga di Mosul, sempre in Iraq, vincendo le reticenze indigene. Del resto, problemi di accavallamento con l'intervento in Libia non ci sarebbero, vista la promozione di un nuovo concorso per l'assunzione a breve di altri 1750 militari volontari.
    Il contingente italiano in Iraq andrebbe ad ammontare così a più di 1300 militari, divenendo quello nazionale più consistente all'estero e, rispetto a quelli in Iraq degli altri Paesi della “coalizione anti-ISIS”, secondo solo a quello USA. Più che una formale “protezione” per i lavoratori italiani in loco (questa la poco credibile versione ufficiale...), tutto ciò rappresenta, in realtà, una protezione per il business nostrano laggiù... Anche sul piano tecnico, come ha affermato G. Dottori, professore di studi strategici presso l'Università Luiss di Roma, questo intervento sta assumendo i caratteri di una vera e propria missione di guerra, in un assetto propriamente definito “combat”.
    Si tratti o meno di una coincidenza, proprio in questi ultimi tempi starebbero maturando in Libia le condizioni per quella richiesta di aiuto tanto attesa (vedi ALTERNATIVA DI C LASSE Anno III n. 27 pag. 2) dal nostro governo per mettersi alla guida di questa coalizione anti-ISIS e realizzare “la stabilizzazione della Libia”... In questo senso, è bene riportare in breve un antefatto.
    Dopo la Conferenza di Roma, tenutasi il 13 Dicembre sotto gli auspici dell'ONU, e l'accordo firmato in Marocco a Skhirat tre giorni dopo tra le diverse fazioni, si è faticosamente formato in Libia un governo, guidato da F. El Serraj. Esso, a differenza della Francia (che, non va dimenticato, grazie alla guerra del 2011 contro Gheddafi, insieme al Regno Unito ha scalzato l'Italia dal suo primato di influenza in Libia...), viene giudicato dall'Italia ancora non abbastanza “stabile” per chiedere l'aiuto armato, che sarebbe “necessario”, dato il consolidarsi di ISIS in tutta l'area del Golfo di Sirte. E' così che il nostro premier attende con ansia la formazione di un nuovo governo, più “autorevole” e, soprattutto, che controlli una porzione più vasta del territorio libico, e del suo petrolio.
    Nonostante quanto sopra, oltre ai servizi segreti italiani, già presenti stabilmente a protezione degli insediamenti petroliferi ENI (e che costantemente “tengono informata” la Ministra Pinotti), ed alle stesse “forze speciali”, “una manciata di operatori” SOF presenti “vicino a Zuwara e Sabratha”, sono già stati inviati dall'Italia anche quattro “cacciabombardieri AMX del 51° Stormo di Istrana (TV) presso la base di Trapani Birgi in Sicilia”, mentre stanno arrivando “dagli USA missili e bombe per armare i droni Predator MQ-9 Reaper”, in attesa del contingente di seimila uomini, europei (Italia compresa) ed americani, che la Ministra vorrebbe a comando italiano.
    Mentre l'Italia importerà tali “missili e bombe”, che, peraltro ci costano altre centinaia di milioni di dollari, tolti ai servizi ed al salario indiretto in genere, essa esporta armi, fra gli altri, in Arabia Saudita, Qatar e Turchia, proprio, cioè, nei Paesi che hanno finanziato, e forse continuano a farlo, il “mostro” ISIS, oltretutto creato, come è noto, dagli imperialismi occidentali, USA in testa. Sono contraddizioni, di cui a farne le spese restano i proletari, sia perchè, di fatto, pagano le armi, sia perchè sono quelli che ne muoiono. Per l'imperialismo ha veramente molto valore il detto, in questo caso da riferire ad ISIS, che “se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo!”
    La Ministra Pinotti, in ogni caso, non ha annunciato solo interventi all'estero, ma non ha mancato di vantarsi dell'uso “civile” dei militari sul territorio italiano, ricordandone il recente ingente utilizzo nella “Terra dei fuochi”: ora la militarizzazione del territorio, che anni fa avveniva in sordina, ora è diventata causa di vanto! ...E non va dimenticato che le probabili ritorsioni di ISIS sul nostro territorio, o anche solo le minacce, rispetto alla “missione” bellica guidata dall'Italia, ne potranno “richiedere” un incremento!...
    Altrettanto sfrontatamente oggi viene detto che si fanno uscire militari dai confini nazionali per difendere gli interessi economici “del Paese” (cioè dei capitalisti). Ai proletari, e non solo per le questioni legate al lavoro, non resta che prendere coscienza della propria irriducibile alterità a tali interessi!...

    Alternativa di Classe

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