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(9 Aprile 2013) Enzo Apicella

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Roma: genitori contro la dismissione di nidi e scuole materne comunali

Ge.Ro.Ni.Ma.: creare una "comunità educante", riqualificare i servizi educativi per l'infanzia

(22 Febbraio 2016)

Roma, nel 2015, non ha visto solo il dispiegarsi di un'imponente lotta delle educatrici degli asili nido, a difesa della propria dignità di lavoratrici e contro il venir meno del servizio pubblico. Anche molti genitori, infatti, hanno voluto dire la loro e attivare processi di partecipazione volti a salvaguardare i servizi educativi per l'infanzia. Si pensi, in tal senso, a Ge.Ro.Ni.Ma (Genitori Roma Nidi e Materne), un movimento che, negli ultimi tempi, ha intensificato la propria attività, anche per contrastare le spinte privatizzatrici del Commissario Tronca, fautore del disimpegno del Comune rispetto ai Nidi e alle Scuole Materne. Ne abbiamo parlato con un esponente di questa realtà, che ci ha introdotto a una progettualità di ampio respiro, basata sulla centralità assoluta del bambino e sull'unificazione tra le istanze dei genitori e quelle di educatrici e maestre.

tor cervara

5 marzo: un'assemblea pubblica a Tor Cervara

Cos'è Ge.Ro.Ni.Ma.?

Si tratta di un movimento di genitori nata l’anno scorso, in seguito alla situazione caotica generata da quell’“Atto unilaterale” entrato in vigore nel gennaio 2015, con cui s’è cancellato il Contratto Collettivo Decentrato dei dipendenti di Roma Capitale. Per le lavoratrici dei nidi d'infanzia e delle scuole materne, ciò ha significato un drastico peggioramento delle condizioni di lavoro, strettamente connesso a una riorganizzazione in senso peggiorativo del servizio. Lo testimonia l’archiviazione di quel rapporto frontale (basato sulla proporzione 1/6) tra educatrici e bambini nei nidi, che è da sempre raccomandato dagli studiosi dei processi educativi nella prima infanzia. Ciò non poteva non destare almeno la parte più cosciente dei genitori, che infatti ha cominciato ad organizzarsi. Noi proveniamo da tutti i municipi di Roma: nei confronti che abbiamo avviato a partire dall’avvento dell’Atto Unilaterale è emerso che tutte le strutture educative rivolte a i più piccoli sono in via di smantellamento e dismissione. Un processo che con l’attuale Commissario Tronca sta conoscendo una velocizzazione impressionante: questo “tecnico”, in sta portando alle estreme conseguenze il disegno di tutte le passate Amministrazioni. Il suo progetto di “concedere” i nidi comunali a soggetti privati non potrà che avere effetti devastanti. Noi, però, sin dall'inizio della nostra attività abbiamo cercato di coniugare l'opposizione a tale deriva del settore scolastico-educativo comunale, all'elaborazione di proposte concrete da parte dei genitori. Il punto, però, è che da parte istituzionale il più delle volte si vuole negare la partecipazione dei genitori, attraverso lo svuotamento degli organismi atti a favorirla.

Quali sono, questi organismi, nei nidi e nelle scuole materne comunali?

Nei nidi c’è il Comitato di gestione, di cui fanno parte genitori ed educatrici, nella misura di due rappresentanti per parte. Tale comitato non è importante solo per la sua composizione, ma anche – e soprattutto - per i compiti che assolve, relativi al controllo, ad esempio, sulla mensa e sui pasti, sulle attività educative, sui livelli qualitativi del nido. In sostanza, stiamo parlando di una possibilità importante: quella di monitorare il servizio erogato, così da spingere verso il superamento delle pecche più gravi e portare all’uniformazione di ogni nido a certi irrinunciabili parametri. Purtroppo, spesso i Comitati di gestione risulta inoperativi, cosa che spinge verso la disomogeneità degli standard di qualità dei nidi sul territorio comunale; in ultima analisi, ogni struttura finisce per andare per conto suo. Nelle Scuole Materne una funzione simile è esercitata dal Consiglio della scuola; in questi istituti è inoltre prevista l’Assemblea dei genitori che, però, in concreto risulta sempre meno presente nelle scuole romane. Peccato, perché non si tratta di un organismo irrilevante, dato che avrebbe la facoltà di programmare assieme al corpo docente le attività educative per l’anno successivo. Il fatto che tali forme di comunicazione vengono a mancare, produce un effetto sicuro: il genitore passa dall’essere corresponsabile della gestione delle attività della scuola, all’esserne un semplice utente. E la “logica dell’utente”, porta il genitore a operare scelte dettate da criteri di mercato: sotto tale punto di vista, si viene spinti a scegliere il privato, che Per molti versi è concorrenziale rispetto al Pubblico.

Questo punto ci interessa molto: a vostro avviso, l’apatia è solo promossa dall’alto, oppure molti tra gli stessi genitori vi si adagiano?

E’ vero, spesso sono i genitori stessi a non farsi carico di un compito decisamente faticoso, soprattutto in una fase come l'attuale. E’ molto più facile accontentarsi di avere informazioni tramite whatsapp: ricevi la tua telegrafica notizia in merito all'andamento delle attività scolastiche, e sei contento, salvo lamentarti se, in un secondo momento, ti accorgi che qualcosa non va. Ma i problemi maggiori, ci tengo a precisarlo, vengono dalle istituzioni. Per dire, non c'è un’effettiva vigilanza rispetto al fatto che in tutti gli istituti ci siano Comitati di gestione o che - nelle scuole materne - siano effettivamente in attività le Assemblee dei genitori. Di più: è vero che il Comune di Roma, già nel 1996, ha previsto la creazione delle Consulte per l'infanzia, ma, a venti anni di distanza queste sono state istituite – anche in conseguenza della spinta di genitori particolarmente consapevoli - solo in due dei XIV Municipi di Roma: l'XI e e il XII.

Considerato il quadro, come vi siete mossi per stimolare la partecipazione dei genitori?

Come riattivare la partecipazione dei genitori alla gestione di nidi e scuole... è una domanda che ci siamo fatti molto spesso. Sotto questo profilo, abbiamo ritenuto centrale muoverci attorno al nodo Consulte e della loro effettiva attivazione: in tal senso abbiamo anche elaborato proposte specifiche. A inizio febbraio 2016, si è svolta la riunione elettiva della Consulta del XII Municipio, con la partecipazione di decine di genitori: l’obiettivo è chiaramente quello di utilizzare questo organismo per giungere ad un un'offerta educativa più omogenea nel territorio in questione. Siamo stati poi in audizione in sede di formulazione di un progetto di Legge regionale e, con l’aiuto di alcuni consiglieri, abbiamo scritto alcuni degli emendamenti, per far reinserire i Comitati di gestione obbligatori, così come erano stati pensati da una Legge del 1980, cui fece seguito, alla considerevole distanza di sedici anni, il varo del Regolamento del Comune di Roma, relativo alla gestione di nidi e scuole per l’Infanzia. Come dicevo, tale Regolamento, nel punto in cui istituzionalizzava la rappresentanza dei genitori, è rimasto perlopiù inapplicato. Non solo, esso aveva anche l’ambizioso obiettivo di favorire lo sviluppo della Consulta non solo a livello dei singoli municipi, ma sul piano cittadino. Ora, proprio rispetto all’applicazione del Regolamento abbiamo cercato di interloquire con il Dipartimento Scuola del Comune. Ma abbiamo riscontrato che, se nel tentativo di dialogare con le istituzioni si è in pochi, non si possono ottenere grandi risultati. Riteniamo quindi che i percorsi di mobilitazione debbano partire dall’ambito locale, dalle Consulte municipali, per poi generare un effetto “a cascata”, tale da portare al varo di una Consulta centrale, che potrà diventare il momento di raccordo delle istanze elaborate localmente. Certo, adesso, con il venir meno della Giunta e l'avvio della fase commissariale, le difficoltà sono indubbiamente maggiori: si deve ricominciare da capo. Ma speriamo che, dai Municipi “virtuosi”, in cui la Consulta è attiva, possa venire l’esempio, il “contagio” per il resto della città.

Citavi poc'anzi l’”esempio virtuoso” della Consulta del XII Municipio: ci puoi parlare meglio di quest'organismo?

La Consulta per l'infanzia, nel XII Municipio, l’abbiamo pensata insieme all’Assessora Tiziana Capriotti, per attivare un percorso condiviso sullo "0-6", cioè sui servizi offerti ai bimbi da 0 a 6 anni. Il nostro obiettivo è dare vita ad una vera e propria "Comunità educante", fondata sul presupposto dell'assoluta centralità del bambino e che rappresentativa di tutti i soggetti interessati. Il suo regolamento prevede la partecipazione attiva dei genitori, delle educatrici degli asili, delle insegnanti delle materne e, naturalmente, dai Funzionari Educativi.

A parte il confronto e lo scambio in atto in sedi come quella appena descritta, che tipo di rapporto avete instaurato con le educatrici e le maestre?

Uno scambio significativo ha iniziato a delinearsi con le numerose manifestazioni svoltesi in Campidoglio nel 2015. Poi con il corteo del 19 gennaio scorso, con partenza da un luogo altamente significativo come il Nido Prampolini, nel V Municipio, si è avuto un salto di qualità, che no riguarda solo noi, ma anche genitori sin qui meno prossimi alle rivendicazioni delle educatrici: ci vuole del resto tempo, per arrivare al superamento di quelle reciproche diffidenze che sono anche il frutto dell’attitudine delle singole categorie a mobilitarsi solo per sé e a portare avanti unicamente le proprie istanze. Comincia finalmente a generalizzarsi la convinzione che soltanto insieme si può difendere e riqualificare la scuola, con la moltiplicazione dei segnali incoraggianti. Noi di Ge.Ro.Ni.Ma in particolare abbiamo rapporti con alcuni sindacati di base e, nei nidi in cui siamo presenti, assieme alle educatrici portiamo avanti lotte comuni per la difesa della qualità dei servizi educativi e nel nome della “centralità del bambino”. Non è facile, anche perché le lavoratrici, giustamente, sono al momento molto sensibili a questioni come quella del salario accessorio; ma limitarsi a questa singola battaglia, potrebbe rendere difficile il definirsi di un fronte comune tra educatrici e genitori.

Torniamo a quanto accennavi al principio, ossia all'accelerazione del processo di dismissione dei nidi e delle scuole materne, sancito da quel DUP (il Documento Unico di Programmazione 2016-18, approvato dal Commissario Tronca lo scorso 24 dicembre) che prevede la privatizzazione per i primi e il passaggio dal Comune allo Stato per le seconde. In questo scenario, quali forme di lotta ritenete necessario portare avanti?

Il problema è abbastanza stringente e cogente. Tronca ha dichiarato “cominciamo con i primi otto Nidi, l’anno prossimo, ad aprire le strutture al privato, in concessione”. Ho parlato in termini di “cogenza”, giacché i Bandi relativi alle Concessioni saranno fatti a breve.. Sicuramente, come è avvenuto con la manifestazione al nido Prampolini, una modalità di lotta consisterà nell’“accendere i riflettori” sulle strutture che presto saranno “concesse” ai privati. Sicuramente, però, si dovrà operare, e ciò è molto difficile, una pressione sulle istituzioni, perché non cedano su questo fronte. Mi spiego: il Presidente di un Municipio, in cui si prospetti la possibilità di dare un nido in concessione ai privati, per mero interesse di bottega, potrebbe rivendicare la scelta e dichiarare, in campagna elettorale, che in questo modo un maggior numero di bambini ha potuto usufruire di un servizio essenziale … solo che, per questa via, si approda allo smantellamento totale del servizio pubblico. Dunque, sarà necessario far convergere i genitori nei luoghi dei nidi in via di privatizzazione, cercando anche l’appoggio dei Comitati di quartiere e denunciando il regalo di soldi pubblici al privato. Poi, i vertici delle istituzioni locali debbono riflettere sul fatto che, svendendo un ideale per cinquanta-sessanta voti, si compie un’operazione priva di ritorno in termini di offerta educativa, perché nel nome di un eventuale incremento dei posti per i bimbi, si abituano i genitori a fare a meno degli standard di qualità che il servizio è chiamato a garantire. Crediamo che le lotte dovranno prendere forma coinvolgendo tutti i soggetti interessati: educatrici, maestre, genitori, funzionari; immaginiamo una sorta di “Stati generali dell’Infanzia”, progetto cui stiamo lavorando..

A questo punto, è necessario spiegare meglio cosa s'intende per “concessione” e in cosa si differenzia dalla "convenzione"...

Le strutture in concessione sono pubbliche, ma date in gestione a un soggetto privato attraverso Bandi al massimo ribasso. La somma stanziata è di circa 600 Euro a bambino, mentre per i nidi pubblici il Comune spende 1.300 Euro. Nei 600 Euro a bimbo dei nidi in concessione devono entrare le retribuzioni del personale, la manutenzione ordinaria e straordinaria e, in teoria, i corsi di aggiornamento: è evidente l’impossibilità di poter gestire un servizio in queste condizioni. I nidi convenzionati sono invece ubicati in strutture private che aprono posti al pubblico. A questi ultimi, il Comune corrisponde una cifra già decisamente bassa, 750 Euro a bambino. Quindi, i nidi convenzionati, già attivi da diversi anni, nascono con l’obiettivo del risparmio e del contenimento dei costi del servizio, il che comporta condizioni pessime per lavoratori e lavoratrici e inevitabile assenza dei corsi di aggiornamento. Per quanto riguarda la qualità del servizio, laddove il gestore privato non è “serio”, è oltremodo bassa; ma se il soggetto è “serio”, spesso non riesce a sostenere i costi di gestione, e infatti moltissimi nidi in convenzione stanno venendo meno: solo nell’ultimo anno, dodici hanno chiuso i battenti. Tra i motivi della crisi che queste strutture convenzionate stanno attraversando ve n'è uno “tecnico”: fino all’anno scorso il Comune riconosceva loro un “forfettario”, qualunque fosse il numero dei posti occupati, mentre da quest’anno, in seguito ai cambiamenti dei dettagli tecnici della Convenzione, viene erogato il finanziamento “per bimbo”. Così, tra i soggetti privati che operano in convenzione, i “piccoli” vengono divorati dai “grandi, da quelle strutture più solide perché più grosse che, peraltro, approfittando del fatto che di rado si fanno controlli, violano sistematicamente le regole: magari tralasciano la manutenzione, affidano a una singola educatrice venti bambini o la fanno lavorare dieci ore. In questo modo, possono certamente rientrare nei costi, ma con conseguenze che i genitori non possono accettare.

Insomma, le novità annunciate dal Dup intervengono su una situazione già drammatica...

Senz'altro, e per avere, in tal senso, un quadro più completo, è doveroso citare il caso del servizio nel mese di luglio. Com'è noto, i nidi effettuano servizio fino a giugno, e alla chiusura le famiglie si trovano “scoperte”. Sono quindi indotte a ricorrere al servizio supplementare di luglio (cui, occorre qui ricordarlo, per legge tutti i genitori e i bimbi hanno diritto) , il quale è sempre gestito dai nidi convenzionati, e dal quale, anche genitori aventi diritto possono essere esclusi, dovendo accedervi attraverso un bando, che è altro e diverso da quello annuale. E che, inoltre, viene pubblicato solo a giugno, con conseguente difficoltà per le famiglie dei bimbi di poter programmare i propri impegni: in tal modo si spingono i genitori a rivolgersi ai “Centri estivi” privati. Per questo noi di Ge.Ro.Ni.Ma chiediamo, almeno, che i bandi siano pubblicati a maggio. C’è poi da segnalare che a luglio i bambini non fanno alcun “inserimento”, catapultati - è il caso di dirlo - in una realtà che vede all’opera Educatrici che non hanno mai incontrato prima. Siamo alla logica del “parcheggio”, che nega violentemente ogni valore educativo del servizio: una situazione umiliante per i bimbi e le loro famiglie, nonché per la professionalità delle lavoratrici.

Per concludere, puoi anticiparci quali saranno le vostre prossime iniziative?

Attualmente stiamo monitorando la lista dei nidi che verranno dati in concessione, municipio per municipio, così da programmare manifestazioni in questi luoghi, partendo dall’esempio del corteo di qualche settimana fa, quello del Nido Prampolini. In più, è nostra intenzione promuovere momenti di dibattito pubblico su questi temi in diverse strutture della capitale: ad esempio, il 5 marzo ve ne sarà uno al nido di Via Eneide, in zona Tor Cervara. Ovviamente, questi passaggi dovranno essere il più unitari possibile, così da costituire dei tasselli nella costruzione di quegli “Stati generali dell’Infanzia” cui accennavo prima: in sostanza, ci vuole un percorso che unifichi definitivamente le istanze dei genitori, delle educatrici e delle insegnanti, così da costituire un effettivo argine alle spinte alla destrutturazione dei servizi rivolti ai più piccoli.

A cura de Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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