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La grazia di Napolitano

La grazia di Napolitano

(6 Aprile 2013) Enzo Apicella
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oltre liturgie, preghiere, ritornelli
CONTRO LA GUERRA.

(6 Marzo 2016)

oltre liturgie, preghiere e ritornelli
CONTRO LA GUERRA.

L'esercitazione della guerra mondiale in medio oriente, alla ricerca di un nuovo equilibrio di potenza che sostituisca il vecchio infranto dal 1989 e dalla crisi, sta entrando nel vivo.
I blocchi imperialisti, ed al proprio interno i singoli stati nazione spesso in competizione tra loro, stanno disponendo uomini ed armi, tutti egualmente interessati alla maggiore fonte energetica mondiale.
Lo sferragliare di truppe, servizi e droni fa i conti con le mutate condizioni nei rapporti di forza e potenza, contingenti e tendenziali, sul campo.
Le antiche potenze atlantiche, indebolite relativamente sul mercato mondiale, che hanno presidiato direttamente e-o con stati fantoccio l'intera zona nel dopoguerra sono in declico, mentre le nuove potenze asiatiche, in crescita, non hanno ancora la forza per imporre un nuovo ordine di area che esprima un nuovo ordine mondiale.
Il non compimento di questa trasformazione di un equilibrio cessato in uno da iniziare, unito al fallimento delle “primavere arabe” ed allo sfaldamento di molti stati locali, produce l'attuale fibrillazione ed instabilità.
A fronte della “prudenza strategica” statunitense, Cina, Russia ed Europa tornano ad interessarsi alla regione ciascuno secondo il proprio profitto, contingente e di prospettiva.

La Cina approfitta moderatamente, causa la frenata della sua crescita economica, del parziale disimpegno americano.
La Russia si intromette piu' direttamente sostenendo esplicitamente la Siria contro un possibile “contagio” islamista in Caucaso.
L'U.E. conferma nella crisi medioorientale e nel proprio presenziamento in ordine sparso una unione politica inadeguata all'attuale “guerra per procura”.

La fase odierna della competizione (e guerra) pluripolare tra blocchi continentali, oltre a ridefinire i rapporti di forza tra potenze, smuove e mette in moto milioni di esseri umani, forzati in gigantesche migrazioni dallo sviluppo capitalistico e dalle guerre conseguenti.
Migrazioni interne (vedasi quelle in Cina o in India o in Brasile) o internazionali (come quelle dal medio-oriente torturato da guerre e tribalismo fondamentalista) che nessu muro o filo spinato fermerà, e che anzi, essendo necessarie all'economia occidentale, vanno a rimpinguare l'antico proletariato europeo autoctono.

Anche l'Italia, seppur nella forma della moderazione democratica, è in guerra in mediooriente, con le basi militari concesse agli U.S.A., ed addirittura assumendo il comando dell'operazione partita in Libia.

Un'altro governo di centro-sinistra per un altra guerra imperialista, cui non si oppone certo un inesistente internazionalismo operaio, ma neanche un “movimento pacifista” degno di questo nome e che in passato pure si era espresso (es. dopo le giornate di Genova 2001 corroborate da una foltissima presenza di papa boys Woityliani).
Ormai, “contro la guerra” si levano solo le preghiere del Vaticano, (altra potenza che sta adeguandosi alla planetizzazione capitalista deoccidentalizzandosi), accomagnate da ritornelli e liturgie di “movimento” sul “diritto intenazionale” o sulla “pace dei corridoi umanitari”, o da qualche “sciopero generale” di testimonianza.
Sono strumenti spuntati che non solo non impediscono la guerra, ma ormai non sedimentano piu' nemmeno coscienza, non producendo piu' neanche movimenti d'opinione.
Che invece vengono prodotti ed incanalati dall'euroscetticismo in chiave razzista e xenofoba in pericolosi movimenti reazionari di massa.

E' chiaro che bisogna cambiare strada.

In questa fase storico-politica, con questi rapporti di forza tra le classi, e questa situazione di competizione-guerra tra le potenze, cosa realisticamente si può, e si deve, fare per opporsi strategicamente alla guerra?

Di piu', si può utilizzare anche il terreno della crisi e della guerra per il nostro progetto di trasforazione sociale?
Si può cogliere negli effetti della crisi e della guerra, nella formazione di una classe operaia europea contaminata migratoriamente e concentrata nelle metropoli, l'aspetto conveniente ed utilizzabile per trasformare crisi e guerre in rivoluzione?
E, per porsi in questa prospettiva, da dove bisogna cominciare, quale la prima leva su cui operare, il nodo da sciogliere?

Intanto va riscoperto il principio primo dell'internazionalismo:
il nemico è in casa nostra!
Cioè il nemico sono i padroni Italiani.
Contro di loro si deve combattere, perchè la loro guerra la paghiamo noi con l'aumento del nostro sfruttamento.

Ma i padroni non si combattono a chiacchiere, o con gli slogan,
o con i cortei, o con i petardi.
Loro, i padroni, ai nostri cortei, slogan, petardi, rispondono con lo stato, e con i suoi uomini armati, contro i quali vecchie liturgie ed antichi ritornelli nulla possono.
Infatti cortei, slogan, ritornelli, finchè restano tali sono “garantiti” dalla democrazia, perchè non cambiano nulla.
Figuriamoci se arrestano le guerre!

I padroni rispondono alle nostre proteste con la loro organizzazione, lo stato, e con la loro repressione, la galera.
Loro, i padroni, sanno quant'è importante essere organizzati.
Siamo noi che ne sottovalutiamo troppo spesso l'importanza.
E cosi' ci ritroviamo in ordine sparso, o indisciplinati in movimenti temporanei ed ondivaghi, a girare a vuoto, urlando alla luna, sprecando tempo e forze.

E' ora di capirlo.
Anzi, è ora di recuperare il tempo perduto.

Innanzitutto concentrando quel tessuto di avanguardie operaie dei passati cicli di lotta con l'odierno flusso di lavoratori migranti in un progetto organizzativo stabile, che individui nei padroni italiani il nemico da soppiantare.
E' un'esigenza della realtà, che sola può contribuire sul serio ad una battaglia di classe contro la pace dello sfruttamento e la guerra da spartizione.
E' il compito, generale e specifico, dei lavoratori piu' coscienti, capaci di impegnarsi oggi per una causa di tutta l'umanità, la pace senza classi.

La lotta contro la guerra imperialista è la lotta per la costruzione dell'organizzazione autonoma di classe in casa nostra, contro i padroni di casa nostra.

Pino ferroviere

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