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L'ombra nera

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La crisi la paghino i padroni!

sosteniamo la lotta degli operai del gruppo Parpas

(8 Giugno 2005)

La IM Parpas di Borgoricco chiude e mette in mobilità tutti i dipendenti.

La proprietà afferma che le altre aziende del gruppo Parpas (la Parpas di Cadoneghe e la OMV di Santa Maria di Sala), sono in crisi e non possono assorbire i lavoratori di Borgoricco.

Per capire meglio la situazione e soprattutto le prospettive concrete dei lavoratori della IM Parpas e di tutto il gruppo, abbiamo intervistato Francesco Doro, RSU IM Parpas di Borgoricco, direttivo regionale FIOM.


Quando vi è stato comunicata la chiusura della azienda?

Due settimane fa, esattamente venerdì 6 maggio, la direzione ci ha comunicato l’intenzione di avere un incontro con tutti i lavoratori.
La cosa ci ha lasciato perplessi e preoccupati, perché negli ultimi anni avevano cercato di evitare qualsiasi incontro sindacale.

In quella sede la direzione ci ha annunciato la chiusura dello stabilimento: “siamo in crisi da 4 anni, non si produce più nulla, la crisi è generale, non possiamo che procedere alla chiusura aziendale, vi garantiamo tutte le spettanze e... arrivederci”.

Quanti sono i dipendenti della IM Parpas?

46 di cui 24 operai e 22 impiegati.

Che reazioni ci sono state all’annuncio della chiusura?

All’assemblea non ci sono stati praticamente interventi, anche perché mancava solo un quarto d’ora all’uscita.
Lunedì abbiamo fatto un primo sciopero a sorpresa, senza preavviso.
8 ore di sciopero con assemblea permanente.
Sono arrivati i direttori ma la proprietà non si è fatta sentire e ha annunciato che non si sarebbe fatta sentire per tutta la settimana.

Nei giorni successivi abbiamo fatto altre 20 ore di sciopero, sempre a sorpresa, mentre la proprietà continuava a non farsi sentire.

La mia posizione personale era quella di fare sciopero ad oltranza, però lo sciopero ad oltranza deve essere condiviso da tutti e deve essere garantito economicamente da una cassa di resistenza.

Quindi stiamo lavorando, ma non stiamo producendo.
Ci siamo messi a disposizione dell’aziende, timbriamo, si sta lì in fabbrica, ogni tanto si fa una assemblea...

Per quanto riguarda le reazioni i lavoratori più anziani, quelli che hanno famiglia, sono proprio spaventati a morte.
I più giovani non hanno capito bene che cosa sta succedendo, qualcuno pensa di trovare un altro posto, ma il problema è a che condizioni lo si può trovare.

La questione è che solo la forza e la determinazione unitaria dei lavoratori può modificare la situazione.
Per questo chiediamo che venga fatta una manifestazione di tutto il gruppo Parpas.
Una cosa è trattare su 46 esuberi, una cosa diversa è trattare a partire dalla protesta di 300 lavoratori.

Avete richiesto un incontro con il consiglio comunale di Borgoricco e avete convocato altre iniziative pubbliche, quali risultati volete ottenere con queste iniziative?

Il nostro primo obiettivo è stato quello di smuovere l’opinione pubblica e soprattutto i lavoratori delle altre aziende.

L’effetto mediatico è quello che ai nostri padroni da più fastidio visto che evidentemente speravano di far passare tutto sotto silenzio, come d’altronde sta avvenendo nelle altre fabbriche che stanno chiudendo in questo periodo un po’ in tutta la provincia.

Abbiamo chiamato i giornalisti, abbiamo fatto una conferenza stampa, sono usciti vari articoli sui giornali

Questo ha portato ad un primo risultato: il sindaco di Borgoricco e le istituzioni a livello provinciale ci hanno contattato e ci hanno inviato messaggi di solidarietà.
Poi ha portato ad un incontro preliminare alle trattative tra Provincia, Rsu e sindacato.

La proprietà si è sempre sottratta a qualsiasi confronto.

Tieni presente, per capire come sono le relazioni sindacali in Parpas, che a dicembre alla Parpas centrale era stato chiesto un incontro all’associazione industriali per sapere lo stato dell’azienda.
Ebbene a questo incontro la proprietà non ha risposto nulla sullo stato dell’azienda e praticamente ha sostenuto: “vi paghiamo, che cosa volete sapere di più”!

Anche Borgoricco abbiamo cercato di convocare un incontro con la proprietà sulle stesse richieste, ma in Provincia, perché le Industrie Meccaniche Parpas non sono socie della Associazione Industriali.
Ci hanno risposto che non c’erano gli estremi per un incontro.

Abbiamo dovuto organizzare uno sciopero a sorpresa del gruppo tra noi e la Parpas di Cadoneghe, e solo questo ha costretto i padroni a spostarsi e a venire in fabbrica.

Da quali aziende è composto il gruppo Parpas? E che cosa producete?

La ditta principale è la Parpas di Cadoneghe con circa 120 dipendenti.

Poi ci sono le Industrie Meccaniche Parpas di Borgoricco in cui oggi lavoriamo in 46, però fino a tre fa eravamo in più 90.
Tutte queste persone sono andate in esubero volontario a fronte di una situazione di pressioni psicologiche e di tentativi di licenziamento.
Prima hanno tentato di colpire i delegati sindacali, ma non ci sono riusciti e hanno dovuto ritirare tutte le accuse.
Poi hanno colpito i lavoratori, specialmente i più combattivi, e in tanti hanno cercato un posto di lavoro migliore.

A Santa Maria di Sala c’è un’altra azienda del gruppo: la OMV, Officine Meccaniche Venete, con circa 120 dipendenti, che è una ditta che già esisteva credo dagli anni 70 e che poi è stata assorbita dalla Parpas.
E’ molto grossa, sindacalizzata e anche lì ci sono stati problemi di relazioni sindacali.

La quarta azienda del gruppo è la Famu di Reschigliano, molto piccola, con 30-35 dipendenti.

C’era anche un’altra ditta che è stata chiusa martedì 3 maggio: la Fumagalli di Concorrezzo, vicino a Monza.

La Parpas è specializzata in costruzione di macchine utensili a controllo numerico, questo in tutti gli stabilimenti, anche se con prodotti un po’ diversi nei vari stabilimenti.

Sono macchine che vengono vendute a ditte che producono stampi, in genere per ditte che fanno lavorazioni meccaniche, in un mercato mondiale.

Torniamo alla chiusura della IM Parpas. Che prospettive ci sono per i lavoratori?

Quello che abbiamo chiesto noi è di ritirare la procedura di mobilità, perché dal nostro punto di vista non si può trattare in alcun modo sui licenziamenti.
Anche se l’azienda è stata messa in liquidità vogliamo che tutti i 46 lavoratori siano reintegrati nel gruppo Parpas.

La richiesta che sosterremo all’incontro che avremo la settimana prossima è quella di trasformare la mobilità in cassa integrazione straordinaria.
Se l’azienda non accetta di ragionare su questo piano, siamo disposti a fare il mancato accordo subito.
Perché per quanto riguarda noi, RSU e Fiom, non ci sono presupposti per andare a firmare esuberi.

Su questa richiesta di reintegrazione dei lavoratori nel gruppo Parpas, qual’è la posizione della direzione aziendale?

Negativa. Nello stesso momento in cui aprivano la procedura di mobilità a Borgoricco, hanno aperto la procedura di cassa integrazione ordinaria in Parpas per 40 dipendenti per 13 settimane, e 5 giorni dopo alla OMV, per cassa integrazione straordinaria per 60 persone.

Questo in modo da poter dichiarare lo stato di crisi alla OMV, che è la ditta più grossa, e problemi alla Parpas di Cadoneghe e sostenere così che le nostre richieste sono impossibili.

Molti sostengono che la crisi è causata dalla mancata innovazione.
Tu pensi che questo abbia qualcosa a che fare con quanto succede in Parpas?


Forse può anche essere vero, ma il sindacato non può accollarsi l’onere di dire ai padroni che cosa devono fare
Il problema è un altro: è la sovrapproduzione di capitale; se la crisi la hanno generato i padroni la paghino loro.
Invece con la scusa della crisi colpiscono i lavoratori.

Per quanto riguarda la IM Parpas dal nostro punto di vista è chiaro che i padroni vogliono chiudere al più presto e con meno problemi possibili, solo perché hanno fretta di riaprire di nuovo lo stabilimento di Borgoricco, magari portando lì il marchio Fumagalli.
Il loro vero obiettivo è quello di eliminare una fabbrica molto combattiva, la più combattiva in questi anni dentro il gruppo Parpas.

E’ vero che c’è la crisi, però bisogna vedere anche come viene gestita dentro i gruppi e bisogna rileggere la loro storia.

Negli anni 80, prima della marcia dei quarantamila, la Parpas di Cadoneghe era una ditta molto combattiva, con un livello di sindacalizzazione del 100%.

A fronte di questo i padroni hanno messo in campo una strategia di disgregazione, costruendo ditte come la IM Parpas, ditte più piccole con capi giovani, con un controllo totale sui lavoratori, diritti zero, contratti di merda, basati sugli accordi del 23 luglio, paternalismo, nessuna sindacalizzazione...
Questa situazione è durata per un periodo poi, già quando sono entrato io, la fabbrica era di nuovo sindacalizzata e la rinascita di uno scontro ha molto innervosito il padrone e la dirigenza.

Il pretesto per rompere le relazioni sindacali da parte della direzione è stato nel luglio 2001 quando c’è stata la rottura della Fiom con la Fim e la Uilm che hanno firmato l’accordo sperato. E a Borgoricco siamo solo Fiom.

Quindi tu dici che la situazione di crisi della IM Parpas dipende in qualche modo dalla strategia di decentramento produttivo messa in atto a inizio degli anni 80?

Dipende direttamente da questa strategia: dal nostro punto di vista la IM Parpas è stata utilizzata come vivaio di lavoratori che venivano spostati nelle altre ditte del gruppo con contratto di assistenza, ma invece che fare assistenza venivano utilizzati in produzione, cosa che non si poteva fare prima della legge 30.
E i lavoratori che non si adeguavano al trasferimento, sono quelli che sono stati poi sottoposti a provvedimenti disciplinare.

E’ chiaro che se le aziende del gruppo pagano lo stipendio del lavoratore e basta, la IM va in rosso per forza.

Anche le macchine che abbiamo costruito in questi anni sono state vendute alla Parpas centrale, ma a prezzo di costo.
Questo ha significato il collasso dell’azienda.

In pratica hanno utilizzato la IM Parpas per catalizzare i debiti di tutto il gruppo.
Quindi a maggior ragione la nostra richiesta è quella di essere reintegrati nel gruppo.

Più in generale che prospettive vedi di una lotta contro le chiusure aziendali?

Ai direttivi della Fiom sia regionali che provinciali io ho chiesto più volte che invece di rincorrere le situazioni di crisi man mano che si presentano, cercando di volta in volta soluzioni (innovazione e quant’altro), il sindacato dovrebbe invece creare coordinamenti dei lavoratori delle fabbriche in crisi, per riuscire ad avere forza nelle trattative.

O si fa questo oppure in questa situazione di crisi, che è veramente da panico, il sindacato può essere solo il garante dei licenziamenti, può solo trattare sul numero e sulle condizioni, ma nulla di più.

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