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Ratzinger sapeva

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(26 Marzo 2010) Enzo Apicella
Il New York Times rivela che Ratzinger era stato informato del caso di un prete che aveva molestato 200 bambini non udenti.

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REFERENDUM COSTITUZIONALE: IL TEMA DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA E DELLA CENTRALITA’ DEL PARLAMENTO

(3 Maggio 2016)

Con largo anticipo, senza che neppure ne sia stata fissata la data di svolgimento, è già entrata nel vivo della campagna elettorale la contesa per il referendum confermativo delle “deformazioni costituzionali” recentemente approvate dal Parlamento.
Ogni tentativo di rendere l’andamento di questa consultazione aderente al merito effettivo del provvedimento legislativo risulta vano: il governo intende farne una questione legata alla propria sopravvivenza e, considerato l’elevatissimo tasso di personalizzazione sul quale l’esecutivo si regge attorno alla figura del Presidente del Consiglio, l’elemento di tipo plebiscitario prevarrà su tutti gli altri.
Piaccia o non piaccia questo sarà il quadro all’interno del quale ci si muoverà nel sistema politico italiano nel corso dei prossimi mesi.
Tra l’altro lo stesso Presidente del Consiglio (e segretario del PD) annunciando da subito un suo tour di propaganda nei principali teatri cercherà anche di trascinare sul terreno plebiscitario anche le stesse elezioni amministrative che si annunciano, per il suo partito ma anche per l’intero sistema, quanto mai problematiche nell’andamento e nell’esito.
Per questi motivi non basta, dal punto di vista del “NO”, evitare la trappola, occorre una campagna elettorale diversa ma molto più incisiva e mobilitante di quanto non stia nelle premesse.
Prima di tutto deve essere seccamente smentita la favola dei 63 governi da cancellare: il punto di passaggio negativo nella storia istituzionale del nostro Paese è stato rappresentato dal passaggio nel sistema elettorale, attraverso il quale è stata esaltata la personalizzazione della politica, trasformati i partiti in “aziende” o cordate elettorali fino al trasformare il sistema politico in un’arena di pericolosi populismi che, dopo quello di destra incentrato sul cosiddetto berlusconismo ha raggiunto livelli molto pericolosi nel confronto in atto tra il M5S, il PdR e una destra sempre più espressione di vero e proprio razzismo.
Il documento dei 56 costituzionalisti, ad esempio, è sicuramente importante e molto ben articolato nel testo, ma va sicuramente corroborato con argomentazioni molto più dirette alla drammatica attualità della situazione sociale e politica del Paese.
Il dato di fondo da rimarcare è quello che il sistema politico nel suo insieme dispone di risicatissimi margini di consenso, del tutto insufficienti ad affrontare le grandi emergenze che ci troviamo di fronte, dalla crisi verticale dell’Unione Europea alla “questione morale” interna.
Per queste ragioni sarebbe necessario impostare una campagna referendaria incentrata su parole d’ordine “forti” che prefigurino un sistema politico in grado di bloccare la degenerazione verificatasi nel corso degli anni e sventare il pericolo del tentativo plebiscitario.
Sono due temi da rilanciare con grande forza: il primo è quello della centralità del parlamento e di una sua composizione che risulti davvero “specchio del Paese”, ribaltando il concetto di un maggioritario non fondato su di un effettivo consenso :esiste la possibilità concreta che la maggioranza assoluta della Camera dei Deputati si affidata a un partito che vale poco più del 20% rispetto all’intero corpo elettorale, in un quadro nel quale la partecipazione al voto superi di poco il 50% degli aventi diritto.
Il tema della rappresentanza politica risulta così collegato direttamente al nodo della centralità del parlamento (è ovvio che il discorso comprende ruolo e funzioni del Governo, di conseguenza della Presidenza del Consiglio, il tema della decretazione, la questione dei referendum abrogativo, propositivi, confermativi e quant’altro).
Ed è sul tema – appunto – della rappresentanza politica che sarebbe il caso di incentrare un ragionamento di fondo che nelle note seguenti si tenterà appena appena di abborracciare.
Il “Corriere della Sera” di domenica 17 Aprile ospitava un importante intervento di Ernesto Galli della Loggia sul tema “Destra e Sinistra l’erosione d’identità” .
L’autore collocava al centro del suo ragionamento l’elemento della perdita di rappresentanza politica tradizionale da parte dei diversi gruppi sociali ed esprimeva un giudizio molto netto su questo fenomeno: “La società italiana nel suo complesso si è mostrata di una sterilità ideale e politica assoluta”.
Attribuisce ancora a questo fatto il decadimento morale nella vita sociale e politica del Paese, attribuendovi l’omologazione dei comportamenti e degli standard etici al livello più basso.
Qualche giorno prima lo stesso“ Corriere della Sera” in data di Giovedì 14 Aprile aveva ospitato due interventi, diversi tra loro nel tema e negli obiettivi, che possono però essere accomunati all’interno di una complessiva valutazione riguardante la condizione concreta del sistema politico italiano.
Pierluigi Battista scriveva di “referendum in ostaggio” denunciando il progressivo stravolgimento nell’utilizzo di questo istituto rispetto alle finalità originarie di abrogazione (o di conferma, nel caso di revisioni costituzionali): la consultazione referendaria si sta trasformando vieppiù in un momento di tipo plebiscitario rispetto al Governo e di chi lo guida.
O con me o contro di me (addirittura “chi mi vota contro mi odia”) indipendentemente dall’analisi del contesto e dagli effetti che l’esito del voto potrebbe avere sul complesso della società italiana: difficilmente si riesce a far valere il concetto che la conferma o meno di un determinato asse legislativo potrebbe rappresentare un momento di modernizzazione e/o di arretramento sociale. Sono visti soltanto gli effetti immediatamente riferiti al quadro politico, se non addirittura rispetto al ruolo dei singoli esponenti.
Una situazione creata dall’assunzione del concetto di governabilità come esaustivo e dall’esasperata personalizzazione: fenomeni che stanno conducendo il sistema politico italiano ai limiti della torsione autoritaria.
Qualche pagina più avanti Giuseppe De Rita affrontava il tema della “rappresentanza perduta degli interessi collettivi”.
L’ex- presidente del CENSIS chiosava: “ Il mondo della mediazione sociopolitica è stato smantellato. Al posto dei marginalizzati enti intermedi prendono spazio i più svariati operatori di un lobbismo ormai sempre più strisciante e particolaristico”.
De Rita non faceva propria, comunque, un’osservazione che invece andrebbe sviluppata: ci troviamo di fronte ad una forte corporativizzazione del sociale, caratteristica fondante proprio di quella fase di torsione autoritaria cui si accennava poc’anzi.
Secondo l’autore ci troviamo di fronte alla possibilità di un avvio silenzioso di un processo di nuova vitalità di alcuni soggetti intermedi: un fenomeno considerato in una fase di “maturazione interna”, ma interessante da verificare nei tempi medi nel caso di un esito esterno politicamente significativo.
Questi interventi pongono quindi oggettivamente un tema: quello della carenza di rappresentanza politica del sistema, cui già si accennava poc’anzi.
Quello della rappresentanza politica è il vero nodo da affrontare sia al riguardo dello stravolgimento di ruolo negli istituti fondativi della Repubblica, sia al riguardo dei meccanismi di mediazione politico – sociale che la Costituzione individuava nella centralità del Parlamento (sta nel superamento di questa centralità il vero punto oscuro di quelle che sono state definite “deformazioni costituzionali”).
Vale la pena allora riproporre una riflessione posta sul terreno della rappresentanza politica, intesa nel senso dello sviluppo della modernità.
Siamo ancora di fronte, in tempi di arretramento nel processo di cessione di sovranità dello “Stato – Nazione” in termini di difficoltà forti delle istituzioni sovranazionali e di rapporto con i centri di potere economici in tempi di globalità del fenomeno dirompente della finanziarizzazione, alla necessità di una rielaborazione di un’adeguata “Teoria dello Stato”.
Si tratta di tornare a un punto teorico estremamente preciso e definito: ” La rappresentanza definisce l’unica modalità che permette al popolo di agire come corpo politico”.
Fu attorno a questo elemento che Rousseau e Kant espressero l’idea del mandato libero, che la nostra Costituzione prevede all’articolo 67: palesemente violato nei fatti dalla previsione di una legge elettorale provvista di uno spropositato premio di maggioranza (che induce al “voto di scambio” nell’aula parlamentare) e dalla presenza di una quota rilevante di deputati “nominati”.
Si aggiunga come la Seconda camera è prevista come formata da notabili provenienti da una classe politica – quella regionale – che ha fornito una ben mediocre prova nel corso di questi anni fallendo la prova della capacità legislativa e rappresentando l’architrave di una “questione morale” d’infimo profilo basata sulle “spese pazze” dei gruppi regionali.
Una seconda camera cui è attribuito il compito di rafforzare la già esorbitante maggioranza di governo e di funzionare come punto d’appoggio per “totalizzare” la qualità politica delle presenze negli istituti di garanzia e di rappresentanza (nello specifico in quelli collegati alla funzione della magistratura: vero e proprio “fattore di supplenza” nella tormentata vicenda politica italiana degli ultimi 30 anni come dimostrano ancora una volta gli avvenimenti più recenti).
Il tema della legge elettorale è quindi strettamente connesso con quello dello smarrimento del concetto di rappresentanza politica.
Centralità del Parlamento e Rappresentanza politica rappresentano i due punti sui quali sarà bene approfondire in vista del referendum confermativo sulle deformazioni costituzionali , preso atto della necessità di non trasformare la competizione elettorale in un “plebiscito” adatto a soddisfare soltanto pericolose volontà di potenza autoritaria.
Infine: il tema della rappresentanza politica ha indubbiamente necessità di essere affrontato tenendo conto delle novità che, proprio al riguardo delle forme possibili di espressione e di affidamento della formazione del consenso e della delega comporta l’utilizzo sempre più vasto delle novità tecnologiche nel campo della comunicazione e della formazione delle opinioni collettive.
La sostanza però dell’indispensabile rapporto da mantenere tra base sociale e soggettività politica non potrà mai prescindere da un radicamento effettivo e concreto che passa dall’organizzazione di una struttura politica: in questo senso gli strumenti dell’innovazione risultano certamente importanti ma collaterali alla realtà di soggetti politici “fisicamente” presenti sul territorio e destinati a organizzare le risposte possibili all’emergenza dei bisogni sociali e alle complesse discriminazione causate dalle “fratture” materialiste e post – materialiste.
Come scrive Stefano Rodotà (“Repubblica” 1 Maggio) siamo di fronte al tentativo di rottura del “compromesso democratico” e al ritorno al quadro delineato da Le Bon nel 1895 analizzando la “psicologia delle folle”.
La ricostruzione del rapporto tra il leader e le masse, la personalizzazione del potere ci portano ai giorni nostri.
Il rischio da evitare è quello di trasformare definitivamente quella che è stata una democrazia rappresentativa in quella che Abramo Lincoln definì “democrazia recitativa”.
Uno spettacolo, in sostanza, di cui vorremmo fare volentieri a meno, attraverso il quale, se realizzato nel suo disegno perverso, passeranno gli autoritarismi più pericolosi.

Franco Astengo

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