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Gli ex alunni della scuola Diaz

Gli ex alunni della scuola Diaz

(15 Novembre 2012) Enzo Apicella
La polizia carica i cortei studenteschi, a Roma e in altre città

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    Dagli spazi sociali del nordest sull’ondata repressiva in tutta Italia

    (12 Giugno 2005)

    L’ondata di arresti, perquisizioni, inchieste inaugurata nelle ultime settimane da diverse procure italiane, da quella di Bologna a quella di Lecce, da Roma a Cagliari, rappresenta nel suo insieme un atto gravissimo per la libertà di espressione e di movimento in Italia. Il primo dato è che tale ondata tocca ormai tutte le componenti dei movimenti antagonisti, sindacali, alternativi, libertari, pacifisti e antirazzisti.

    Ciò che sta accadendo non è certamente un fatto nuovo se pensiamo allo stillicidio continuo di atti repressivi e inquisitori nei confronti delle reti di movimento in questo paese e più in generale di chiunque abbia osato, nel panorama del generale peggioramento delle condizioni di vita sociali ed economiche, attuare forme di protesta - come lo sciopero - per la difesa dei diritti di tutti e di tutte.
    Ma ciò che più preoccupa è l’ormai abituale ricorso da parte di alcune procure all’applicazione delle aggravanti derivanti dalle leggi sui reati associativi e di sovversione dell’ordinamento democratico.

    Tale pratica è grave per almeno due motivi.

    Il primo è il carattere di questi articoli di legge, eredità del fascismo prima e dell’emergenza poi, che esprime tutta la violenza e l’autoritarismo di uno stato incapace di interpretare le spinte dei movimenti dal basso, in un epoca di grandi e contradditori cambiamenti e di evidente crisi globale del sistema capitalistico. Ne è un esempio eclatante l’inchiesta bolognese contro gli attivisti di SanPrecario colpevoli di proporre, pubblicamente, pratiche ormai diffusissime di libera circolazione dei saperi e della cultura, oltre a un modo diverso, universale e non privatistico, di intendere la formazione. O le inchieste e le richieste di arresto di Roma, Padova, Venezia, Napoli, per le lotte per il diritto alla casa, trasformate in “associazioni a delinquere”. O ancora nei casi in cui il reato di resistenza o danneggiamento è trasformato nel ben più pesante “saccheggio e devastazione”.

    Il secondo motivo riguarda le ricadute pratiche di quegli stessi provvedimenti, utilizzati in maniera schizofrenica secondo l’umore di questo o quel PM, più o meno imbeccato dai vari organismi inquirenti, più o meno desideroso di visibilità mediatica. Nella stragrande maggioranza dei casi l’utilizzo di aggravanti a scopo eversivo si rivela, o si rivelerà, del tutto infondato e privo della minima credibilità già in fase di indagini preliminari. Fortunatamente diremmo, se non fosse che spesso invece l’utilizzo di tali aggravanti trasforma una denuncia per un reato di entità minima - a volte addirittura un semplice imbrattamento - in un vero e proprio calvario giudiziario, destinato a durare anni e che spesso porta a pesanti restrizioni della libertà personale.

    E’ un esempio emblematico di tale situazione l’inchiesta con arresti contro i compagni salentini che maggiormente si sono mobilitati in quella lotta di civiltà che contesta i famigerati Centri di permanenza temporanea, dove il ricorso a forme di lotta radicali ma anche assolutamente condivise da migliaia e migliaia di persone in tutta Italia viene criminalizzato a dismisura proprio ricorrendo alle leggi emergenziali. Come di certo il processo contro i compagni a Cosenza per “cospirazione politica contro lo stato” è di questa prassi un caso esemplare.

    Nel caso degli arresti di Lecce, vi è un ulteriore aspetto per niente secondario che a nostro avviso dimostra la strumentalità nell’uso di queste aggravanti a scopi mass-mediatici: l’invenzione del “mostro” anarco-insurrezionalista, che ha come scopo ultimo la delegittimazione politica di una reale opposizione sociale a strutture che si sono rivelate veri e propri lager per tentare di carcerizzare e controllare i migranti, ovvero l’anello più debole dell’ormai lunga catena del lavoro precario in Italia.

    Sulla falsariga della creazione di “mostri” si giunge persino al paradosso di un’inchiesta in assenza di reato nel caso degli arresti per rogatoria avvenuti in Francia di componenti di un gruppo marxista-leninista italiano colpevoli di aver riproposto in via del tutto teorica slogan e parole d’ordine che alluderebbero al sovvertimento dell’ordine costituito. Un reato d’opinione quindi, utilizzato per far parlare non di chi di quelle inchieste è vittima ma di chi ne è artefice.

    Di fronte a tutto ciò come attivisti e attiviste che quotidianamente tentano di conquistare una vita degna di essere vissuta per tutti e per tutte, e rivolgendoci indistintamente a tutte le realtà dei movimenti contro la guerra, il razzismo, il neoliberismo economico, crediamo sia ormai irrinunciabile affrontare la questione repressiva e l’uso dei reati associativi in uno sforzo collettivo di chiarezza, demistificazione e mobilitazione che persegua almeno quattro obiettivi:

    - denunciare, smascherare, attaccare pubblicamente quelle procure che da troppo tempo vivono di rendita sulla pelle di chi in questo paese è costrett@ a lottare per tentare di modificare una vita che senza conflitti sociali sarebbe egemonizzata dal potere della guerra, della crisi economica, della prepotenza e del razzismo.

    - incalzare il mondo politico, in tutte le sue componenti, affinchè prenda atto di una realtà sociale ed economica, rendendo effettive le troppe e strumentali prese di posizione su temi quali l’aministia e l’indulto, e proponendo la cancellazione dal codice penale di strumenti assurdi come le leggi emergenziali e sui reati associativi.

    - far comprendere e comunicare alla società nel suo complesso e nella sua attuale complessità, che l’uso di queste leggi mira a disinnescare la possibilità per chiunque di opporsi a scelte sbagliate e antisociali, facendo quindi comprendere che ciò che oggi tocca il tuo vicino domani potrebbe toccare a te, in questo tentando un vero e proprio esodo dalle mistificazioni giornalistiche che riducono il conflitto sociale a una questione di “militanti” a loro volta divisi irrimediabilmente in “gruppi”.

    - articolare campagne di lotta contro la macchina di controllo e repressione sociale, investendo tutti i suoi ingranaggi, dal sistema pubblico e privato delle carceri e dei lager per migranti, ai dispositivi di sorveglianza audio/video/digitali.

    Sulla base di queste poche riflessioni esprimiamo tutta la nostra solidarietà a tutti e tutte gli arrestati e perseguitati, indistintamente e rifiutando qualsiasi logica di gruppo o appartenenza che miri ad artificiali divisioni tra buoni e cattivi.

    CSO RIVOLTa Marghera - Lab. Occ. Morion Venezia - CSO PEDRO PD – TPO BOLOGNa - AQ16 Reggio Emilia - LAb.OCC. Paz Rimini – Casa delle Culture Trieste – Officina Sociale Monfalcone – CSO Clandestino Gorizia

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