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Qual è la vera politica estera di Obama? Chiedete alla Nuland.

(22 Maggio 2016)

victoria nuland

Victoria Nuland

La Rochefoucauld disse, e tanti altri ripeterono, che l’ipocrisia è un omaggio reso dal vizio alla virtù. Obama è andato ben oltre, ogni suo intervento è una presa per i fondelli nei confronti della verità. Se vogliamo capire qualcosa della sua politica, non dobbiamo basarci sui suoi discorsi, sempre e comunque svianti, ma su dichiarazioni di suoi collaboratori, maldestri o presi di sorpresa.
Per esempio, la famosa registrazione di una telefonata fra la vicesegretario di Stato americano Victoria Nuland e l’ambasciatore Usa in Ucraina Geoffrey Pyatt. Il vicesegretario Nuland, parlando della crisi ucraina, sbottò: «Fuck The EU», «L’Unione Europea si fotta». (febbraio 2014). Ci colpì la volgarità della vicesegretaria, poi afferrammo che la Nuland ci aveva rivelato il segreto della vera politica di Obama.
Bush non era così anti europeo, era troppo occupato a sterminare iracheni. Gli arabi sono semiti, ma si possono distruggere impunemente, mentre chi critica la politica di Netanyahu, anche se è un ebreo, è classificato antisemita. Lungi da noi il voler accusare Bush di razzismo, massacrava anche afgani, che sono in maggioranza indoeuropei, almeno quelli parlanti dari ( gruppo farsi) e pashtun.
La maggior parte dei giornalisti accetta o finge di accettare la presunta dottrina Obama del “Pivot” contro la Cina. Ascoltiamo il commento di un giornalista solitamente ben informato: “ Gli Stati Uniti hanno... leggermente aumentato la loro presenza nel Pacifico, ma si sono installati militarmente soprattutto nell’Europa centrale.” Ci sarebbe da aggiungere “e meridionale”, perché anche qui in Italia trabocchiamo di basi militari, e abbiamo atomiche nascoste dovunque, a nostra insaputa, forse anche in paesini che espongono la scritta “Comune denuclearizzato”.
Aggiunge qualcosa che per noi comunisti è ben più di un’ipotesi: “ La guerra in Ucraina non sarebbe...rivolta contro la Russia, ma costituirebbe l’orchestrazione artificiosa di una pseudo minaccia russa contro l’Europa, con le sanzioni e contro sanzioni, che consente agli Stati Uniti di “proteggere” i loro alleati creduloni.” Noi parleremmo invece di satelliti, vassalli servili. E “protezione” va intesa nel senso del pizzo che i commercianti devono pagare alle mafie per evitare che il loro negozio prenda fuoco. Russia e Cina sono avversari con cui si tratta. Alla Russia si può concedere di rifornirsi della frutta e verdura, che prima comprava dall’Italia, sul mercato israeliano, il che è segno che le sanzioni valgono soprattutto per l’Europa. Gli Stati Uniti possono anche “sacrificarsi”, tanto il loro commercio con la Russia era e rimane limitato, mentre Germania e Italia sono i paesi più colpiti.
Perché Washington, al tempo dell’URSS, permetteva e persino favoriva il commercio con l’Europa orientale, mentre oggi sabota quello con la Russia? Allora, le merci tedesche e italiane, spesso supportate da capitali d’oltreoceano, creavano problemi in un mercato fino a quel momento protetto, e i paesi dell’Europa orientale dipendevano economicamente sempre più dalla Germania e sempre meno dalla Russia, con tensioni sempre più esplosive. Al tempo delle guerre jugoslave, la Casa Bianca ricordò ai sudditi europei chi comandava, e costellò la penisola balcanica di nuove basi. Con la crisi, tuttora irrisolta, i rapporti politici e sociali sono cambiati. Finché il mercato si espande, si tollera un certo grado di concorrenza, col mercato asfittico, si viene a riprodurre, in altre forme, una situazione che aveva caratterizzato il periodo mercantilista. Al tempo del Colbert, un mercantilista poteva pensare che le navi necessarie al traffico mondiale fossero un tot, e quindi, se voleva incrementare la marina commerciale francese, lo poteva fare solo ai danni di quella olandese. In una situazione di stasi come l’odierna, l’economia USA può rinsaldarsi rosicchiando posizioni a quella europea, e danneggiarla coinvolgendo la UE in guerre locali (Siria, Libia, Afghanistan, Iraq...), favorendo l’afflusso dei profughi, utilizzando nella maniera più spregiudicata pirati, scafisti e mercenari.
Sarebbe puerile attribuire il cambiamento economico e politico al mutare di presidente. Il potere dell’inquilino della Casa Bianca non è così grande. Obama è il bravo retore che per un certo periodo è riuscito ad illudere alleati e avversari, ma non può cambiare le tendenze di fondo dell’economia e della politica.
Per quale ragione l’impegno militare è forte soprattutto in Europa? Perché puntare troppo sulla militarizzazione del Giappone è pericoloso. Infatti, il popolo giapponese ha troppi motivi di rancore nei confronti del “liberatore” USA, a cominciare da Hiroshima e Nagasaki, e non ci sarebbe niente di strano che lo sciovinismo giapponese si rivolgesse, più che contro la Cina, contro Washington. In Europa, invece, gran parte delle nuove armi sono collocate in stati che non possono costituire una minaccia per gli USA, come Polonia, Romania, Paesi Baltici, e che sono sotto il controllo americano.
La Cina, almeno per ora, non è un grande antagonista per gli Stati Uniti sul piano militare, che si propongono solo di contrastare una troppo rapida penetrazione economica, sabotando le diverse vie della seta, per terra e per mare. L’ISIS è un tappo, che non ha soltanto la funzione di impedire il collegamento, via Iraq e Siria, di un gasdotto che colleghi il gigantesco giacimento iraniano di Pars col Mediterraneo, ma anche di ostacolare i collegamenti sino- europei. Altro ostacolo è ovviamente l’Ucraina, e potrebbe diventarlo la Bielorussia, se gli USA, con una rivoluzione colorata o con proposte lusinghiere favorevolissime, riuscissero a fare entrare questo paese nella loro sfera d’influenza. Occorre bloccare pure le vie di mare. “La questione del trasporto marittimo era al centro della strategia USA...con il sostegno ai pirati del Corno d’Africa, una strategia che si è conclusa quando Mosca e Pechino hanno inviato sul posto la loro marina militare. Tuttavia, per quanto la Cina abbia fatto raddoppiare il Canale di Suez da parte dell’Egitto, l’accesso attraverso lo Stretto di Bal el-Mandeb rimane ufficialmente controllato tramite Gibuti e ufficiosamente da parte di al-Qaida attraverso l’Emirato Islamico di Mukalla” (1)
Aggiungiamo il trasferimento delle Isole Tiran e Sanafir dalla sovranità egiziana a quella saudita. Piccole isole pietrose del Mar Rosso, ma controllano le rotte per Aqaba e a Sharm el Sheik. Israele, la cui stretta collaborazione con Riyadh non è più un mistero per nessuno, potrà avere il controllo completo. Questo è il frutto del governo “nazionalista” di al-Sisi. Questo è uno dei tanti motivi per cui Israele resterà indispensabile per gli Stati Uniti, nonostante i contrasti che l’arroganza e la sfrontatezza del governo Netanyahu potrà creare.
Non è condivisibile, inoltre, l’affermazione di Meyssan che gli USA abbandoneranno il Medio Oriente allargato. Gli imperi, anche quelli precapitalistici, non hanno mai abbandonato volontariamente nessun paese conquistato. Obama aveva promesso di lasciare Afghanistan e Iraq, ma, le basi militari sono rimaste e sono presenti mercenari di varie agenzie. Società, come la Blackwater, cambiano continuamente di nome, diventando Academy (forse tengono corsi sui Dialoghi platonici), e poi chissà che nuovo nome, ma sono sempre presenti.
Di solito, un impero raggiunge le sue massime dimensione prima del crollo. La sovra estensione degli imperi francese e inglese tra le due guerre mondiali, rispetto alle loro limitate possibilità economiche, non comparabili con quelle americane, giapponesi e tedesche, li rese fragili, nonostante la vittoria militare. Non parliamo, poi, di quello italiano, che aveva superato i tre milioni e mezzo di territorio con la conquista dell’Abissinia, e perse tutto prima ancora della fine della guerra.
Gli Stati Uniti hanno continuato a costruire nuove basi, a introdursi in nuovi paesi (Africa) o a riconquistare posizioni perdute in America latina. Ciò, durante il governo del prudente Obama, figuriamoci cosa avverrà con la guerrafondaia Clinton. Intanto, più si va avanti con gli armamenti più si deteriorano le condizioni dei lavoratori e dei diseredati, dalla California al Texas, da Detroit a New Orleans. Non solo i paesi occupati, ma anche le masse americane pagano i costi dell’impero.
Molti, anche a sinistra, vedono la salvezza in Putin. E’ un politico abile, che ha saputo giocare bene le sue carte, ma cosa ha a che fare con gli interessi dei lavoratori e delle masse sfruttate? La riconquista di Palmira è stata un fiore all’occhiello, lo spettacolo dell’orchestra russa nel teatro romano liberato dall’ISIS ha avuto risonanza mondiale. E’ improbabile, però, che tenda a riconquistare tutta la Siria. Obama non può lasciar togliere il tappo del Califfato, il che significherebbe lascia libero campo alla via della seta cinese e al gasdotto iraniano. E Putin non può esaurire le finanze in una guerra infinita. In fondo, neppure lui ha interesse a lasciar passare il gas dei concorrenti di Teheran. Perciò parte della Siria resterà fuori dal controllo di Damasco, di fatto a disposizione degli USA. Può darsi che Racca sia riconquistata, ma non si arriverà al vecchio confine. L’ISIS dovrà cambiare facciata, ma dirigenti e mercenari sono abituati a cambiare casacca, da “ribelli democratici” a jihadisti assatanati o viceversa. Sentiamo una studiosa persiana, che vive in Spagna, esperta in problemi internazionali, Nazanín Armanian: “Lo stato islamico nasce in Afghanistan con l’appoggio diretto della CIA e del Pentagono, dell’Arabia Saudita e del Pakistan. E’ creato contro l’URSS e la forze progressiste della zona...” “Dall’Afghanistan si spostarono ad altri paesi, Jugoslavia, Iraq, Yemen, Libia e Siria. “L’obiettivo è distruggere stati vertebrati e trasformarli in “falliti”. In ogni scenario in cui entrano, adottano un nome nuovo... si tratta di confondere la gente, come se la realtà fosse molto complessa, ma in definitiva sono un gruppo di mercenari, di circa 2.000 persone, che passano da una zona di guerra all’altra e si offrono a chi li paga di più. La maggior parte di loro è sotto il controllo dell’Arabia Saudita, Qatar e USA” “Sono fisicamente gli stessi e i loro leader pure. L’idea è confondere la gente. Obama annunciò che la guerra contro lo stato islamico potrebbe durare 30 anni. Come è possibile che abbiamo potuto sconfiggere l’URSS, con guerre economiche, politiche, militari e religiose e non possano vincere 2000 persone che non hanno elicotteri e neppure missili?...E’ una barzelletta. Si tratta, in molte occasioni di intrattenere i giornalisti occidentali con la enumerazione di piccoli gruppi... Sappiamo che ci sono circa 2000 mercenari, che operano sotto il nome di integralismo islamico, e che sono assolutamente controllati dagli Stati Uniti “(2)
Questo spiega tanti misteri: le forniture di Toyota fiammanti, i rifornimenti che dovevano cadere in zone occupate dai curdi e invece cadevano in territorio ISIS, il passaggio dei mercenari dalla Libia alla Siria e viceversa, sotto gli occhi dei satelliti occidentali, e non solo; il perfetto accento oxfordiano di alcuni portavoce dei mercenari, il fatto che non vengano mai in conflitto con Israele, anzi siano amorosamente curati se feriti, la grande disponibilità di denaro, la possibilità di rifugiarsi in Turchia, e così via. Si comprendono anche gli alti lai americani ed europei quando i russi cominciarono ad ammazzare i mercenari : “voi state distruggendo i ribelli democratici”. La rapida offensiva non aveva dato loro il tempo di cambiare insegne e casacca.
E’ importante, poi, la loro presenza, perché gli europei si sentano assediati, e cerchino la salvezza nella protezione degli Stati Uniti, aderendo al patto leonino del TTIP. E una classe dirigente di incapaci e venduti risponde sempre sì agli appelli di Washington.
In Francia, l’Assemblea Nazionale ha votato una risoluzione per l’interruzione delle sanzioni economiche contro il Cremlino, la risoluzione non è vincolante né per il Parlamento né per l’Esecutivo.
Quanto all’Italia, il danno è da 3,6 miliardi di euro, secondo la Cgia di Mestre. E infatti secondo l’associazione delle piccole imprese, l’export italiano verso la federazione russa è passato dai 10,7 miliardi del 2013 ai 7,1 miliardi di euro del 2015 (-34 per cento). Il settore più colpito? Quello manifatturiero, a differenza della Francia, dove il peso maggiore è sopportato dall’agricoltura. (3)
Come si può vedere, la classe dirigente non è in grado o non vuole opporsi agli USA, si limita a fare l’inventario dei danni e qualche innocua protesta.
Michele Basso
https://www.facebook.com/SottoleBandieredelMarxismo-251294014910096/?fref=nf



Note
1)Thierry Meyssan: La politica estera USA, “Sotto i nostri occhi”- Cronaca di politica internazionale n. 183, 9 maggio 2016.
2) “Estados Unidos y la OTAN alimentan un caos controlado en Oriente Medio”
Entrevista a la politóloga Nazanin Armanian, ponente en un acto del Frente Cívico-Valencia y Acontracorrent, Enric Llopis, Rebelión, 02-05-2016.
3) LA FRANCIA APRE A PUTIN: “BASTA CON LE SANZIONI, Italiapatriamia , 30 aprile 2016.

Michele Basso

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