">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Siria

Siria

(16 Agosto 2012) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Imperialismo e guerra)

Da fascista ad anti-militarista: intervista ad un ex soldato turco /seconda parte

(24 Maggio 2016)

yannis

Quando eri a militare, sei stato catturato dalla guerrilla. Ci puoi spiegare cosa è successo?

“Nel mese di settembre, cinque o sei mesi dopo il mio arrivo nell’esercito, sono stato catturato dai combattenti del PKK, qua vicino, a 30-40 km di distanza. Prima di allora circa quaranta dei nostri soldati sono stati uccisi dai guerriglieri nel corso di un'operazione militare contro il PKK. Siamo stati mandati come rinforzi. Abbiamo iniziato un’operazione di tre giorni sul monte Kale Mehmet respingere i combattenti. Cinquecento soldati li hanno cercati per i primi due giorni. Dei guardiani ci hanno detto che c'erano guerriglieri in una certa zona, ma non li abbiamo creduti davvero. Un piccolo gruppo di noi è andato là - venticinque o ventisei. Noialtri siamo saliti in cima alla collina per essere pronti ad una piccola battaglia e ci siamo preparati dei sacchi di sabbia. Era buio e pioveva.

Poi tra le 6 e le 7 abbiamo sentito dei proiettili sopra di noi. I guerriglieri sparavano. Ma non direttamente, ci volevano far arretrare. I guerriglieri non intendevano uccidere soldati perché i militari verrebbero poi glorificati e il funerale diventerebbe una grande occasione per alimentare il nazionalismo nella città.

Mi hanno sparato appena sopra il ginocchio. Ho corso e nel buio sono caduto per terra con il mio zaino. Sono svenuto accanto ad un fiume. Lì sono rimasto per ore. Non riuscivo a stare in piedi; anche l’altra gamba era ferita.

La mattina presto ho attraversato il fiume e ho strisciato per cercare di raggiungere un villaggio bruciato. Stavo perdendo sangue e avevo bisogno di mangiare. Ho avvolto una maglietta intorno alla gamba. Ho mangiato la margarina che era stata lasciata nel villaggio bruciato. Ho pensato di morire, e sapevo che tutt’intorno era pieno di guerriglieri. Mi era stato detto di non lasciarmi catturare vivo. ‘Ti scuoieranno vivo!’ mi era stato detto, ‘non farti prendere da vivo’. Ho tenuto una granata per i guerriglieri e una granata per uccidere me stesso. Ho riposato in una casa. Ho sentito qualcuno e ho subito afferrato la bomba a mano, ma è era solo un gattino, anch’esso affamato.

Ho lasciato il villaggio bruciato e sono salito fino a una piccola grotta. Mentre stavo dormendo nella grotta, il secondo giorno, una combattente femmina mi ha trovato. Stava raccogliendo legna da ardere. Ha cercato di svegliarmi scuotendomi. Questa è stata la prima volta che vedevo una donna guerrigliera viva. Spesso ne avevo viste di morte. Volevo lanciare la granata, ma non sono riuscito a prenderla. Ha chiamato altri guerriglieri e sono venuti. Mi hanno detto di rilassarmi e mi hanno tolto le bombe a mano. Mi hanno detto: ‘Siamo kurdi e siamo dalla ARGK [ora HPG - braccio armato del PKK]. Sei un prigioniero di guerra’. Mi aspettavo di essere ucciso e mi immaginavo come mi avrebbero ucciso.

Mi hanno sollevato ed aiutato a camminare. Mi hanno portato in un piccolo campo. I guerriglieri stavano preparando un pasto con l'acqua, appostati sulla riva del fiume. Avevano un fuoco, ma nessuno poteva vederli. È venuto Serif Goyi e mi ha detto: ‘Sei un prigioniero di guerra e seguiamo la convenzione di Ginevra’. Nel 1994 il PKK praticava la Convenzione di Ginevra e un anno dopo ha aderito ufficialmente.

Serif Goyi ha detto: ‘Quando le condizioni saranno migliori, potremo aiutarti a lasciare il paese, e forse potrai andare in Europa’. In Turchia, se un soldato viene catturato dal PKK, è visto come debole e che non ottiene alcun aiuto dal governo.

I combattenti del PKK hanno utilizzato la radio e hanno dichiarato: ‘Abbiamo catturato Ibrahim’ in modo che i soldati turchi potessero sentire. È stato così che nell’esercito hanno capito che non ero scappato.

Un paio di giorni dopo sono stato trasportato su di un mulo verso un altro campo. C'era un guerrigliero morto, avvolto in una coperta, sopra un altro mulo. Quando siamo arrivati al campo di guerriglia, vicino al confine - tra il Roboski e Uludere - abbiamo scoperto che l’esercito stava bombardando. I guerriglieri erano abbastanza calmi mentre io ero nel panico. Abbiamo attraversato il confine con il Kurdistan del sud [Kurdistan iracheno] e abbiamo raggiunto un altro campo di guerriglia.

Appena arrivati mi hanno messo in una grotta delle dimensioni di una stanza. Potevo camminare un po', ma potevo andare molto lontano. Volevano verificare se ero un soldato professionista o se ero in servizio obbligatorio. Mustafa Karasu [vice presidente del PKK] è venuto e mi ha detto: ‘Tu non sei un soldato professionista’. Mi ha raccontato del PKK, del perché si stavano difendendo, e mi ha spiegato che lo stato turco stava colonizzando il territorio kurdo e assimilando il popolo kurdo.

Durante la mia prima settimana al campo è arrivata la Croce Rossa e ha controllato la mia gamba. Hanno scritto un rapporto e ho scritto una lettera alla mia famiglia. La lettera è stata data alla mia famiglia un paio di mesi più tardi, ma loro non credevano che fosse autentica. Nella lettera ho detto loro di stare tranquilli, e hanno pensato che non fossi io, dato che vengo da una cittadina aggressiva e fascista. Ho chiamato la mia famiglia dopo mesi ed essi non credevano che fossi stato veramente catturato. Eravamo stati mandati in guerra, ma nessuno pensava che avremmo potuto essere catturati. Hanno pensato che fossi ancora in un'operazione sui monti.

In campo militare avevo sempre sperimentato la violenza sulle persone. Ho visto persone dell'esercito fare a pezzi il corpo di una guerrigliera. Ho vomitato e mi hanno detto: ‘Non sei un vero turco? Non sei un vero uomo?’. Tutto si era basato sulla violenza.

Quando sono stato catturato, ho confrontato i diversi comportamenti. Ci era sempre stato detto che il PKK erano terroristi e assai violenti. Ho cominciato a vedere i guerriglieri parlare in modo rispettoso, tutti si ascoltavano tra loro. Quando ero diventato soldato, i militari erano ancora eroi per me. Ma quando sono arrivato alla base militare turca, sono stato trattato come un animale. Ho pensato che fosse una cosa personale tra me e gli ufficiali. Al contrario, quando ero al campo di guerriglia del PKK, ho trovato rispetto; loro mi hanno ascoltato.

Quando sono entrato nell'esercito turco, i soldati più anziani mi hanno chiesto di lavare la loro biancheria intima. Ho sempre avuto discussioni con loro. I guerriglieri erano l'opposto. I guerriglieri non mi ha mai detto di leggere questo o quello. Hanno anche detto che avrei potuto appendere una bandiera turca se lo volevo. Ho osservato la loro vita sociale e questo confronto tra l'esercito ed i guerriglieri ha contribuito a trasformarmi. Per 20 anni della mia vita ero stato circondato dalla violenza.

Dopo due mesi mi è stato detto che non era psicologicamente salutare per me essere sempre da solo. Mi hanno detto che avrei potuto unirmi ad un altro campo dove viveva un altro soldato catturato che aveva perso un occhio. Il suo nome era Mustafa Özülker e mi sono unito a quel gruppo. Ho avuto con i guerriglieri discussioni politiche. Per otto mesi ho alloggiato con loro nel secondo campo. Ho sempre parlato di kemalismo e Atatürk [Mustafa Kemal, detto Atatürk, è stato il fondatore della Repubblica di Turchia], e i guerriglieri erano pazienti e mi ascoltavano. Volevo imporre loro le mie opinioni fasciste, volevo farli cambiare cambiare idea. Difendevo Atatürk e l'ideologia dello Stato.

Mi hanno letto un articolo di giornale turco in cui il giornalista mi dà la colpa, dicendo che sarei andato dai guerriglieri volontariamente - che non mi avrebbero catturato davvero. Dicevano che avessi una connessione con il PKK già prima di venire catturato.

Nel dicembre 1996, dopo due anni e tre mesi, sono stato rilasciato. Ho detto che non ho voglia di tornare in Turchia. In quei giorni era in corso un cessate il fuoco. Ma l'alto ufficiale del PKK mi ha detto che se andavo avrebbe potuto essere utile. Se un soldato avrebbe parlato, si sarebbe avuta maggiore visibilità e si sarebbe potuto sensibilizzare sulla violenza dello Stato nei confronti dei kurdi. La Croce Rossa ha scritto un rapporto su di me.”

Che cosa è successo quando sono stati liberati?


“Sono stato arrestato nel momento in cui sono stato rilasciato. Altri sette soldati erano stati catturati, ma la maggior parte di loro non aveva cambiato le proprie opinioni razziste, anche se Mustafa, che era stato catturato con, ha cambiato opinioni. Gli altri hanno fatto rapporti su di me, di come io abbia parlato positivamente del PKK. Per tre mesi e mezzo sono stato torturato in una prigione militare. Hanno usato l'acqua pressurizzata su di me. Mi hanno messo in grandi botti piene di acqua. Se non mi avessero messo in acqua, la mia pelle non si sarebbe danneggiato così tanto nel picchiarmi. Le prigioni militari sono peggio delle altre prigioni in Turchia. Le guardie dormivano nella stessa stanza come me. Dieci-quindici persone dormivano nella stessa stanza.

Il mio caso è stata presa impugnato dall'Alta Corte tre mesi e mezzo più tardi. A causa del rapporto della Croce Rossa non potevano fare nulla. Avevano sperato di provare farmi risultare parte di un’organizzazione terroristica. Ma il rapporto della Croce Rossa diceva che ero stato catturato dai guerriglieri. I guerriglieri avevano annunciato inoltre di avermi catturato. Il mio caso è stato il primo del suo genere in Turchia, non si sapeva come affrontarlo.

La corte ha detto che dovevo essere rilasciato ma mi hanno comunque tenuto per tre settimane e mezzo in una stanza collegata alla prigione, in una sezione del complesso militare.

Ero stato in un campo militare turco per cinque o sei mesi, ed ero rimasto più di due anni con la guerriglia, quindi avrei dovuto essere rilasciato dal servizio militare. Invece mi hanno costretto a fare altri diciotto mesi nel campo militare turco. È stato come essere in prigione.

Non volevo andare a militare di nuovo. Mi hanno portato a Mardin, dov’era stata la mia prima base. Ho detto loro di non portarmi lì. Mi hanno portato nei sotterranei, in una sala delle torture, e ho visto sangue per terra. Mi hanno appeso con le mani sui tubi fino al mattino. Più tardi mi hanno ammanettato e mi hanno portato alla base militare di Siirt. Poi mi hanno mandato dai soldati che avevano fatto rapporto contro di me. Mi sono rifiutato di prendere un'arma. L'alto ufficiale mi ha minacciato di uccidermi. Altri ufficiali sono venuti e mi hanno detto di andare all’addestramento. Ho detto di no.”

Dove sei andato dopo esser stato rilasciato dall’esercito?


“Sono tornato alla mia città natale, a Bafra; la polizia aveva detto ai vicini ed ai fascisti locali di fare attenzione a me, di tenermi d'occhio, per spiarmi, poiché facevo parte di un’organizzazione terroristica. La polizia è venuto a casa mia molte volte. Avevo i libri di Öcalan [Abdullah, leader del PKK] e la polizia li presi. Mi ricordo che mio padre si è reso conto che i libri di Öcalan non erano illegali perché sono stati restituiti.

I miei genitori mi hanno detto che mentre ero disperso avevano chiesto ai militari se sapessero dove mi trovavo. I militari avevano risposto che non c’era nessuno col mio nome. Un parente, un ufficiale, ha detto a mio padre di andare a chiedere presso la sede dell’esercito. Mio padre è andato al quartier generale militare di Ankara. Là gli hanno detto: ‘Tu sei greco e i greci e gli armeni aiutano il PKK, non cercare tuo figlio’. Questa è stata la prima volta che mio padre si è reso conto che era un greco del Ponto. Il nome di mio nonno era Constantin.”

Quindi hai cambiato nome da Ibrahim a Yannis?

“I giornalisti che erano venuti al campo di guerriglia mi avevano detto che ero greco perché erano sempre aggiornato con le notizie e ciò era stato riportato dalla stampa. Questo è stato il motivo per cui ho cambiato il mio nome l'anno scorso, nella città di Urfa, quando eravamo in viaggio al confine con Kobanê. Ho ucciso Ibrahim quando ero ad Urfa.”

Essere catturato dalla guerrilla del Pkk ti ha cambiato davvero?

“Un amico di Bafra mi ha detto: ‘Non è possibile cambiare così. Picchiavamo i kurdi assieme. Come hai potuto cambiare?’ Non riuscivano a credere al modo in cui ero cambiato. Dicevano che mi era stato fatto il lavaggio del cervello da parte del PKK.

Se uno vede il PKK e non cambia idea, vuol dire che dentro è fatto di pietra.”

[…]

Meral ha detto a Corporate Watch: ‘Abbiamo vissuto a Roboski [nel Bakur, parte del Kurdistan all'interno dei confini dello stato turco] per più di tre anni e non ci hanno fatto mai nulla, ma dall’inizio di questa guerra dello stato turco contro i movimenti kurdi ci stanno attaccando. I nostri diritti ci vengono tolti dalle mani; siamo antimilitaristi e pacifisti. Gli anarchici, i socialisti e gli antimilitaristi di tutto il mondo dovrebbero fare pressione sui loro stati per quello che succede in Kurdistan oggi’.

Ha continuato dicendo che la Turchia sta usando l’accordo con l'Unione Europea per il reflusso dei migranti come strumento politico garantirsi che i massacri nella regione kurda non raggiungano l’opinione pubblica: ‘lo Stato turco sta usando i profughi come strumento politico, è per questo che gli Stati europei non parlano della morte di persone in città come Amed e Cizre’.

[…]


originale: https://corporatewatch.org/news/2016/may/16/fascist-anti-militarist-interview-turkish-ex-soldier

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «I cento volti della Turchia»

6686