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1846: PROVE GENERALI PER L'IMPERIALISMO USA

(28 Maggio 2016)

Dal n.41 di "Alternativa di Classe"

James Knox Polk

James Knox Polk

Gli Stati Uniti d'America nel 1845 comprendevano 27 Stati, nati dalla colonizzazione europea, britannica in particolare, della fascia atlantica del continente nordamericano, arricchitisi nell'epoca del mercantilismo. Fin dal 1740, infatti, i discendenti dei primi immigrati avevano costituito le più diverse colonie, che si erano poi avvicinate fra loro, slegandosi sempre più dalla madrepatria e vessando il popolo nativo, i cosiddetti “indiani”, fino a lasciare loro l'alternativa tra “integrazione sottomessa” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV N. 38 a pag. 4) ed emigrazione ad ovest. La cosiddetta “nazione americana” era poi nata come tale, nel 1776, dalla “libera unione” di tredici stati indipendenti, ormai ex colonie britanniche, datisi ordinamenti democratici e repubblicani, uniti negli USA; tale aggregazione praticamente nacque “in guerra”: entrò subito in una alleanza bellica con Francia e Paesi Bassi, contro il Regno di Gran Bretagna, che fu costretto a riconoscerla solo nel 1783.
Dal 1837 negli USA avanzava una grave crisi con numerosi fallimenti bancari, che aveva portato a disoccupazione diffusa, con stagnazione economica e “declino nella colonizzazione della frontiera”. Lo sbocco per l'allora nascente imperialismo, che utilizzava l'ideologia espansionista di una “missione” civilizzatrice da compiere, il cosiddetto “destino manifesto” della famosa “Dottrina Monroe” (nata fin dal 1823), a partire dallo stesso continente americano (“l'America agli americani”), non poteva che rivolgersi verso altre terre: quelle delle aree centrali fra i due oceani, popolate da oriundi ispanici, e di lingua spagnola. Tutto l'armamentario ideologico “lavorava”, così, per il classico sbocco politico-economico della crisi: quello bellico.
Nel concreto, lo scoppio della guerra tra Messico e Stati Uniti del 1846, che durerà fino al 1848, fu il risultato di diversi fattori. Il primo di questi era stato la proclamazione d’indipendenza da parte della Repubblica del Texas nel 1836: una repubblica costituita dai coloni americani lì insediati, che, peraltro, ben sapevano che si trattava di territorio messicano. Il Messico, ovviamente, si era subito rifiutato di riconoscere la Repubblica del Texas, che rimarrà indipendente, invece, per quasi dieci anni. Lo Stato del Texas, visto il mancato riconoscimento, e temendo, così, un attacco del Messico, chiese l’annessione agli USA, che la accordarono solo nel 1845: l'atto lo firmò il Presidente John Tyler alla fine del suo mandato. E' cosi che il Texas divenne il 28° Stato degli USA.
Il Messico, che ancora considerava il Texas territorio messicano, anche se ribelle, ruppe le relazioni diplomatiche con gli USA, e minacciò apertamente l’intervanto militare. In realtà gli Stati Uniti la guerra col Messico l'avevano cercata; molti politici USA, e soprattutto i capitalisti agrari schiavisti degli Stati del sud, lo facevano per aumentare le terre da far coltivare ed espandere i loro possedimenti. Questa politica, oltre tutto, faceva parte della dottrina espansionista degli USA nel loro insieme, definita dal “Manifest Destiny“ (destino manifesto), cui si è già accennato.
Difatti il nuovo Presidente USA, James Knox Polk (1845-1849), democratico e piantatore agrario del sud, sposava in pieno la sopra citata dottrina, e non nascondeva di puntare ad una guerra espansionistica a spese del Messico. Cosi la tensione tra USA e Messico aumentò di giorno in giorno. Il Presidente Polk inviò, infatti, nel Texas il Generale Zachary Taylor con tremila (3000) soldati a presidiare il confine sul Rio Grande (confine non riconosciuto dal Messico), ed, in un incidente (probabilmente cercato) tra soldati messicani ed americani, questi ultimi ebbero sedici (16) morti: ciò divenne il pretesto per la dichiarazione di guerra degli Stati Uniti al Messico, che effettivamente avvenne esattamente 170 anni fa, il 13 Maggio 1846. Dieci giorni dopo, il governo messicano, pur in una situazione politica, economica e sociale già molto pesante si vide costretto a dichiarare a sua volta guerra all'imperialismo USA.
L’esercito messicano, pur essendo superiore numericamente rispetto a quello americano, presentava grossi limiti in fatto di armi, i loro fucili erano antiquati e difettosi, l’artiglieria era insufficiente ed era di corta gittata; solo la cavalleria avrebbe potuto svolgere un ruolo efficace, ma ciò non si verificò. Al contrario, l’esercito degli Stati Uniti, composto di volontari ben pagati, era ben addestrato, ma soprattutto aveva armi, per l’epoca, moderne ed efficienti; inoltre l’artiglieria era di lunga gittata, ed anche la preparazione degli ufficiali era molto migliore di quella dei pari grado messicani.
Due armate USA, subito dopo la dichiarazione di guerra, si spostarono rapidamente a sud del Texas in pieno territorio messicano, una al comando del Generale Zachary Taylor, l’altra del Generale Wool, mentre una terza forza, sotto il comando del Colonnello Stephen Kearny, si diresse verso Santa Fe e Nuovo Messico, per proseguire poi in California, verso San Diego. Il Generale Taylor vinse le battaglie di Palo Alto, presso la città di Matamoros, e Resoca de Palma, puntando poi verso Monterrey, importante città messicana a sud del Texas. Nei mesi di Luglio e Agosto del 1846 la marina militare USA sbarcò a Monterrey e Los Angeles in California, mentre, nel nord della stessa, altre forze dell’esercito americano intervenivano, occupando una piccola città portuale messicana, quella che poi sarebbe diventata San Francisco.
Bisogna peraltro dire che la popolazione messicana in California era esigua in quel momento, e le forze militari messicane quasi inesistenti, soprattutto nel nord di quel vasto territorio. Nel mese di Settembre del 1846, le truppe del Generale Taylor combatterono contro le forze messicane, che resistevano nella parte settentrionale di Monterrey: la battaglia durò tre giorni e fu molto sanguinosa, ma alla fine prevalsero gli americani. Dopo la presa della città seguì una tregua temporanea, che permise ad entrambi gli eserciti di riposarsi.
Durante questo periodo, l’ex Presidente del Messico, Santa Anna, tornò dall’esilio e formò un nuovo esercito di 20mila uomini per opporsi all’invasione. Nonostante le enormi perdite territoriali e le sconfitte subite in importanti battaglie, il governo messicano si rifiutò di firmare la pace. Fu allora che fu presa la decisione americana di un attacco diretto alla capitale del Messico, per costringerlo alla firma della pace, ma siccome il fatto di portarlo via terra avrebbe comportato troppe perdite di soldati, pensarono, su suggerimento del Generale Scott, ad un grande sbarco anfibio. Il 9 marzo del 1847 il Generale Scott, con un esercito di 12mila soldati, sbarcò sulla spiaggia di Vera Cruz, la più importante città portuale del Golfo del Messico. Lo sbarco riuscì; fu il più grande ed importante sbarco anfibio fatto fino ad allora.
Dal mese di Marzo del 1847 ad Agosto dello stesso anno, il Generale USA, Scott, ed il Generale messicano, Santa Anna, si scontrarono duramente in una serie di sanguinose battaglie dalla costa del Golfo del Messico fino all’entroterra di Città del Messico. Le battaglie più importanti di questa campagna sono state: Cerro Gordo (18 Aprile), Contreras (20 Agosto), Churubusco (20 Agosto), Molino del Rey (8 Settembre), ed, infine, Chapultepec (13 Settembre); il 14 Settembre 1847 le truppe dell’esercito americano entrarono a Città del Messico.
Il 2 Settembre del 1848 col trattato di Guadalupe Hidalgo, la prima delle diverse guerre USA contro il Messico era terminata. Con questo Trattato, il Messico accettò la modifica dei confini nei termini voluti dal Presidente USA, James K. Polk, e vendette agli USA, per 15 milioni di dollari (cifra non certo disprezzabile allora), i vasti territori del nord del Messico, corrispondenti agli odierni California, Nevada, Utah, parte del Colorado, lo Wyoming, l’Arizona ed il Nuovo Messico, garantendo l'intera zona meridionale allo Stato messicano. L'occupazione USA aveva rinfocolato, però, il movimento indipendentistico messicano, che poi nel 1857 riuscirà a rovesciare il dittatore, Gen. Santa Anna, ripristinando la costituzione repubblicana.
Il piano dei capitalisti espansionisti USA era andato in porto con successo, ed aveva rinsaldato lo spirito nazionalista all'interno del giovane Paese, che poteva bruciare le tappe verso la leadership capitalistica nel mondo. Con l’acquisizione di quegli immensi territori, si stavano creando ora negli Stati Uniti le premesse che avrebbero scatenato l’ancora più sanguinosa guerra civile quindici anni dopo, tra gli stati agrari schiavisti del Sud, che, pur avendo sopportato la maggior parte del peso dello scontro bellico, avevano visto le acquisizioni come possibilità per ampliare lo sfruttamento di quelle terre, anche con l'importazione di nuovi schiavi, peraltro poco utili al prossimo “mercato interno” USA, e la nascente industria capitalistica, ed in particolare manifatturiera, a tutto tondo del Nord, senz'altro capitalisticamente più moderna, e quindi vincente all'interno del giovane Paese. Esso, con il “sogno americano”, aveva progetti diversi sui territori del sud e dell'ovest, che, non va dimenticato, si rivelavano ricchi di giacimenti minerari e toccavano l'Oceano Pacifico, che apriva a nuove rotte commerciali. Il capitale USA preferiva poi, oltre agli investimenti, allora redditizi, poco rischiosi ed a basso costo, provenienti dalla finanza inglese e francese, i coloni immigrati dall’Europa, che rappresentavano manodopera a buon mercato, e tale da condizionare al ribasso anche il prezzo di quella già divenuta “americana”; oltre tutto, sarebbero diventati anche consumatori, nella logica liberista dello sviluppo capitalistico “made in USA”.
Tra le piantagioni di cotone del Sud e la siderurgia del Nord, vinse poi, infatti, quest'ultima, anche se, per entrambi i capitali, il Messico, ed in particolare i suoi territori del nord, rappresentava la “porta di servizio” verso il Sudamerica, che in seguito sarebbe diventato, nell'ottica yankee, il “cortile di casa”. Gli sconfitti, in realtà, furono i più poveri, ed il dato delle vittime lo dimostra: furono circa 13mila i morti per gli USA ed il doppio per il Messico. L'ideologia del “Destino manifesto” si può riconoscere viva ancor'oggi, quando l'imperialismo USA continua a muoversi sul terreno internazionale con la copertura ideologica della “libertà e democrazia” di cui loro sarebbero i portatori in tutto il mondo, una pretesa di certo odiosa, ma che non può far passare in secondo piano le altre pretese degli imperialismi concorrenti, di qualunque matrice essi siano.

Alternativa di Classe

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