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SENZA COSTITUZIONE

(10 Giugno 2016)

Un pesante manto di falsa coscienza ideologica copre le vere ragioni alla base del referendum sulla modifica della costituzione d'autunno, come sullo scontro tra i “resistenti difensori” del no ai “moderni riformisti” del si.

COntrolaSTITUZIONE !

Il movimento rivoluzionario indaga oltre l'apparenza fallace dell'ideologia, denunciando il ruolo antioperaio di qualsiasi costituzione repubblicana borghese.
Ogni costituzione nazionale rappresenta il suggello giuridico-legale ad una determinata formazione storico-sociale.
Essa è l'architettura, l'intelaiatura di codici a normare il funzionamento
della macchina statuale nel suo processo di adeguamento al movimento reale.
La “costituzione italiana nata dalla resistenza” non sfugge a questa regola,
anche se annegata nei valori ideologici di un antifascismo di stato tanto annacquato
quanto utile per tutte le stagioni politiche e governative.
Le costituzioni sono mobili per definizione, perché in quanto complesso di sovrastrutture seguono, seppur spesso con tempi inadeguati, il movimento strutturale della società.
Nel caso italiano il fermo immagine costituzionale al 1948 è la conferma dello squilibrio tra stato e società, che oggi il “combinato disposto” Renziano cerca di colmare, rispondendo alle necessità della competizione pluripolare ed al vincolo del blocco imperialista europeo.
Un minore peso burocratico dello stato unito all'avvio di un processo di snellimento e funzionalizzazione dell'intero apparato tecnico-amministrativo e alla centralizzazione decisionale dell'esecutivo sono alla base di questa riforma, in ossequio all'impellenza, da parte della borghesia italian, di dotarsi di uno stato più concorenzialmente potente sul mercato europeo e mondiale, e più immediatamente repressivo e coercitivo sul fronte interno.
Al di là del deprimente e scontato dibattito parlamentare tra chi “difende e chi attacca” la costituzione, procede spedito l'adeguamento dell'Italia all'Europa, nel solco di una democrazia imperialista sempre più “migliore involucro” all'uscita dalla crisi del capitalismo.
Mai come oggi le riforme servono al padrone, alla sua ristrutturazione capitalista, ad uscir fuori dalla sua crisi, ad adeguare l’architettura sovrastrutturale alle dinamiche ed alle modernizzazioni di sistema.
Così è stato per le riforme strutturali che hanno colpito il lavoro salariato, rendendolo precario e schiavizzato, senza prospettive previdenziali, riducendone diritti e normative, attaccando il contratto nazionale.
Così è per le riforme sovrastrutturali, di cui quella della costituzione italiana è la piu’ importante ed impellente.
Indulgere nella “difesa della carta” da “attacchi antidemocratici” vuol dire difendere la democrazia borghese che trova proprio nel suo “snellimento velocizzante” la massima espressione imperialista.
La “democrazia che governa”, decisionale, sburocratizzata, privata parzialmente del “bicameralismo paritario”, ridotta nel numero di parlamentari, svecchiata e riformata, è ancora il “migliore involucro per il capitalismo” atto ad accelerare la competitività di sistema.
Per questo, proprio per farla diventare “migliore democrazia” sarà riformata la costituzione, per avere “più democrazia” e non “meno”.
La polemica iperpoliticista tra un “si antidemocratico” ed un “no democratico” e relativi schieramenti e listoni di “giuristi costituzionalisti” risponde al braccio di ferro tra pesi e contrappesi nel riequilibrio di poteri dentro l’organizzazione dello stato borghese.
La realtà è che la costituzione repubblicana, come ogni altra costituzione statuale corrisponde sempre ad una formazione economico-sociale che la esprime, la fonda, la adegua, la riforma.
E siccome la formazione economico-sociale di oggi come di ieri in Italia è capitalistica (repubblicana, antifascista ma capitalistica!), anche la sua costituzione esprime, spesso truffaldinamente, valori ed etiche capitalistiche.
Ed infatti la “nostra” costituzione si basa sul lavoro che in questa società è salariato, cioè sfruttato, si basa sull’ideologia falsa della “giustizia uguale per tutti”, e sulla presa in giro del “ripudio della guerra”.
La costituzione non è una carta asettica, ma risponde al perpetuamento dell’ordine sociale costituito, basato sulle classi e sulle differenze di classe che essa difende.
Ecco perché è necessaria una posizione autonoma del movimento rivoluzionario che, avendo storicamente superato la “lotta per la democrazia” e l'uso dei suoi inutili strumenti, lotta per il suo superamento in una società di liberi ed eguali, denunciando la “costituzione di classe” come nostra nemica, e perciò indifendibile.
Il processo di adeguamento della sovrastruttura politica ed ideologica al movimento reale di produzione e riproduzione della vita reale è una costante della società capitalistica.
A volte questo processo è lineare.
A volte, squilibrato, in ritardo, sfasato, non corrispondente, come nella formazione economico-sociale Italiana.
La costituzione repubblicana, involucro e cartina di tornasole, architettura giuridico-legale della sovrastruttura è stata più volte sottoposta a restyling, senza riuscire però a produrre fino in fondo quel salto “modernizzante” imposto dalla velocizzazione globale e dal vincolo di mercato Europeo.
In sostanza, l'internazionalizzazione capitalista, imponendo i suoi ritmi accelerati, si irradia su tutta l'organizzazione statuale, attaccando lentezze ed incoerenze nelle decisionalità, riducendo poteri e squilibri di voto e di veto, diventando arma giuridica indispensabile per affrontare e risolvere la ristrutturazione Italiana in chiave europea.
Lo snellimento funzionalizzante dell'apparato burocratico dello stato tende ad integrarsi con gli standard decisionali europei, centralizzando l'esecutico, sminuendo procedure di formazione governativa, componendo la guerriglia per il reiquilibrio tra poteri legislativo, governativo e giudiziario tuttora in corso.
Un programma profondo che trova nel “partito del sud”, nella diatriba intorno al flusso di capitali dallo stato centrale alle autonomie locali (ed alla riduzione della spesa pubblica in agenda europea), il suo reale oppositore camuffato da “difensore” della costituzione del parassitismo sociale e del burocratismo ministeriale.
E' questa la base materiale intorno alla quale ruotano e si ridefiniscono ruoli e schieramenti sul decisionismo centralista Renziano condito in salsa referendiana.
La scelta della astensione, da parte del movimento rivoluzionario, al referendum d'autunno e la critica della democrazia imperialista in tutte le salse ( burocratico-parassitaria o centralista-europeista ) è un altro tassello della scelta di campo non più rinviabile.
La democrazia l'ha realizzata la borghesia con le sue costituzioni contro di noi, sul nostro sfruttamento.
Così come l'hanno scritta e fondata, oggi la riformano, rifondandola.
Se la difendano, e se la votino loro!

Pino ferroviere

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