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No more wars

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Europa: da quella polvere a questo fango

(30 Luglio 2016)

nizza corpi sul lungomare

di Guadi Calvo (*)

L’Europa – per capirci l’Unione Europea e la NATO – conosceva molto bene la strada che la portava a distruggere la Libia, a distruggere la Siria, a distruggere l’Iraq e ad annichilire per i secoli dei secoli l’Afganistan, ma nessuno le aveva spiegato come tornare da là.
Per visualizzare i nuovi campi di battaglia, i grandi strateghi occidentali utilizzarono il Battlefield Augmented Reality System (BARS o sistema di realtà ampliata per il campo di battaglia), insieme alle opzioni fornite dai laboratori interdisciplinari o Think Tanks, e con il rispettivo avallo politico e l’assistenza del potere mediatico. Impiegando un’arma da guerra così letale quanto una pioggia di missili, demolirono con somma monotonia interi paesi, migliaia di villaggi, centinaia di città, milioni di vite e secoli di civiltà.

Nessuno può negare che, se l’obiettivo era distruggere, il piano armato sulla “Primavera Araba” fu il successo più importante dell’Occidente dalla demolizione del blocco socialista simbolizzato dal Muro di Berlino.
Per quasi 20 anni gli Stati Uniti e i loro alleati europei si prepararono per l’assalto finale al mondo produttore di energia, di petrolio e di gas in particolare, e per questo andarono a sterminare i paesi che rifiutavano di darglieli docilmente (Siria, Libia e Iran).

Gli strateghi del Pentagono, ad operazioni già iniziate, scoprirono un dettaglio geologico che non avevano considerato: sotto le sabbie del Medio Oriente, oltre ad oceani di energia, c’erano grandi paludi di fango .. e là rimasero impantanati dal 2001.

La stessa mano d’opera che la NATO usò per la sconfitta dell’Unione Sovietica in Afganistan, per la distruzione della Libia ed il martirio del colonnello Gheddafi, e quasi anche della Siria di Bashar al-Assad, oggi viene impiegata contro le sue popolazioni.

La cosa terribile è che non lo fanno con squadriglie di bombardieri, di caccia e di droni, di battaglioni, carri armati e portaerei. Gli “eserciti” che oggi stanno distruggendo il sistema nervoso degli europei e degli statunitensi (quei pochi nordamericani che sanno che esiste un mondo al di là delle loro contee, dei loro barbecue e delle loro PlayStation) viaggiano in metropolitana, guidano camion, vanno nei centri commerciali e bevono persino il caffè al bar dell’angolo.

Il tipo di attacchi che si sono succeduti dopo Nizza, a differenza di quelli di Madrid, Londra, Parigi e Bruxelles, mostra chiaramente che non si è trattato organicamente di responsabilità dello Stato Islamico e di al-Qaeda allora. E’ invece ben chiaro che si tratta di responsabilità delle autorità europee, non perché non li abbiano potuto fermare (oggi non esiste servizio segreto o sistema di spionaggio che possa prevedere di che umore si sveglieranno i 50 milioni di musulmani che vivono in Europa, molti dei quali, l’assoluta maggioranza, europei e da tre generazioni), ma per aver portato migliaia di giovani europei a non aver altra ragione di vivere che quella di morire per Allah.

Oggi chiunque cammini per una strada di Oporto, di Elsino o di Zakopane, è un obiettivo militare, non importa se l’attacco lascia solo qualche ferito come è successo appena 10 giorni fa su un treno regionale della Baviera, dove Muhamad Riyad, un giovane afgano di 19 anni, al grido di Allahu Akbar, si è scagliato contro i passeggeri ferendone gravemente cinque. Il che ricorda significativamente l’assassinio del soldato britannico nel maggio 2013, in piena strada del tranquillo quartiere londinese di Woolwich, per mano di due nigeriani, che lo decapitarono di fronte ai passanti, ai quali chiesero di essere filmati in piena azione.

Nessuno può sapere quando e dove ci sarà il prossimo attacco; dopo Nizza c’è stato quello del treno in Baviera, e poi è seguito un fine settimana disperante per Angela Merkel: venerdì 18 un giovane tedesco di origine iraniana, Ali Soboly, ha deciso di utilizzare la sua Glock 17 sparando contro gli assistenti del McDonalds, nel centro commerciale Olimpia a Monaco, per poi continuare fuori. Il conto finale è stato di 9 morti, mentre il tiratore si sarebbe suicidato un chilometro dopo il centro commerciale.

La domenica seguente un rifugiato siriano di 21 anni, richiedente asilo, assassinò una donna e ferì due uomini che aspettavano l’autobus nella città di Reutlingen. Alcune versioni cercano di minimizzare il fatto trasformandolo in “crimine domestico”.

Questo stesso panorama ci riporta alla serie di attacchi che si sono verificati tra il 15 e il 22 marzo 2012 nella città francese di Tolosa, che avrebbero raggiunto la cifra di 9 morti: “ebrei”, “convertiti” o “sepoy”, crimini attribuiti al giovane francese di origini algerine Mohamed Merah che, secondo le autorità, sarebbe stato legato ad al-Qaeda.

Lunedì 25 la polizia polacca ha fermato un uomo di 48 anni, iracheno, accusato di possesso di esplosivi, che preparava un attentato durante la Giornata Mondiale della Gioventù che si celebra questa settimana a Cracovia, alla presenza di Papa Francesco.

Qualche ora prima di cominciare a scrivere queste righe, è arrivata la notizia che due uomini armati di coltelli avevano preso 5 ostaggi nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, una città di 27 mila abitanti situata in Normandia, nel nord della Francia. Gli attaccanti hanno sgozzato il sacerdote, Jacques Hamel di 84 anni, e hanno ferito gravemente un fedele. La polizia è riuscita ad uccidere gli aggressori vicino all’altare, come per dare un tono più “chabroliano” all’azione.

Mentre chiudevamo questo articolo è arrivata la notizia che nella citta svedese di Malmo un uomo armato ha sparato contro una persona nel centro commerciale Rosengard (Rosengard Centrum): non è stato ancora possibile determinare se si è trattato di una rapina o se il fatto ha caratteristiche di un attacco estremista.


Le polizie occidentali, i servizi di intelligence, le autorità sanno che questa situazione è ingestibile, che lo straripamento è incontenibile e non sarà una vittoria militare sullo Stato Islamico a mettere fine a questa situazione.

Il Daesh, che ha fatto del marketing una grande arma, è disposto a riconoscere e ad assumere qualsiasi atto di violenza che succede nel mondo e chiunque cerchi un poco più di notorietà griderà un “Allah Akbar”, anche se non ha la minima idea di cosa significhino le due parolette messe insieme.


I records stanno per essere battuti


In una scena del film Potente Afrodite (1995) di Woody Allen, la sorella ultraortodossa del protagonista gli ricorda i sei milioni di ebrei uccisi dal nazismo, al che lo stesso Allen risponde: “non ricordarlo, i records stanno per essere battuti”. E di battere records, in questo caso di goffaggine, sembra sapere molto il presidente francese, François “Flanby” Hollande.

Come se fosse poca la goffaggine, per non parlare di perversità, del suo predecessore, Nicolàs Sarkozy, che ha propiziato l’attuale situazione nel Maghreb e in Medio Oriente. Sarkozy, legato ai capricci di George W. Bush e come ministro degli Interni di Chirac, non ha saputo capire il calderone che si stava incendiando tra i giovani di origine musulmana, che diede come risultato le proteste del 2005 nelle periferie di Parigi.

Ora Hollande conta su altra nafta per spegnere l’incendio, che può consumare molto più di quello che crediamo.

Con la sua naturale incapacità Hollande, poche ore fa, ha scoperto che “lo Stato Islamico ha dichiarato guerra alla Francia”, per cui è passato all’offensiva anche per vendetta per quanto è successo a Nizza, quando tutto il mondo sa che l’autore della mattanza, Mohamed Lahouaiej Bouhlel, non era un membro dei Daesh e che la sua decisione aveva risvolti personali che ancora non sono sati chiariti.

Hollande, impregnato di spirito rivendicativo dell’orgoglio francese, liquidato per sempre nel fango di Dien Bien Phu 61 anni fa, ascoltando più i suoi consiglieri d’immagine che quelli sul terrorismo, ha attaccato senza preavviso il 19 luglio il villaggio di Tokhar Manbij, nel nord della Siria, per vendetta per l’attacco di Nizza, lasciando 164 civili morti, il doppio dei morti di Nizza.

Gli attaccanti di oggi della chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray hanno detto che lo facevano per vendetta sulla vendetta di Hollande, che sembra essere pronto a mangiarsi i cannibali.

A fronte della protesta del rappresentante permanente della Russia nel Consiglio di Sicurezza ONU, Vitali Churkin, il rappresentante francese François Delattre ha mantenuto un coraggioso silenzio, visto che si sospetta non sapesse niente del fatto.

Il bombardamento sarebbe stato effettuato con la scusa di far parte degli attacchi dell’alleanza guidata dagli Stati Uniti, dal settembre 2014, anche se il rappresentante russo ha detto che “non ci sono droni statunitensi né forze speciali USA in Siria, né forze speciali dei suoi alleati, così come non ci sono né capacità di intelligence da parte di satelliti USA né i video che tutti i bombardieri moderni girano quando effettuano un attacco”, il che evidenzia con chiarezza la malvagia decisione della Francia di vendicarsi contro la popolazione di un villaggio sperso nelle paludi di una guerra che l’Occidente ha scatenato sul suo territorio.

Anche la rappresentante degli Stati Uniti, Samantha Power, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza è sembrata molto al corrente del fatto, visto che è ricorsa alla solita formula di “Studieremo attentamente e a fondo ogni informazione degna di fede”.

Forse quando, più prima che poi, tornerà a prodursi un nuovo attentato in Europa, qualcuno si chiederà ancora “perché?”. La risposta sarà molto semplice: da quella polvere a questo fango.



(*) Scrittore e giornalista argentino, analista internazionale; da: alainet.org; 27.7.2016

Traduzione di Daniela Trollio - Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

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