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Comunicato CONUML agosto 2016

(1 Agosto 2016)

LA VITTORIA DEL NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE DI OTTOBRE SARA’ UNA TAPPA IMPORTANTE SULLA STRADA DELL’ALTERNATIVA RIVOLUZIONARIA IN ITALIA!

IL DISUMANO POTERE ECONOMICO E POLITICO CAPITALISTICO, PER SOPRAVVIVERE ED EVITARE CHE IL PROLETARIATO LO SCONFIGGA PER COSTRUIRE UN NUOVO E SUPERIORE SISTEMA SOCIALE E’ DISPOSTO A TUTTO, ANCHE A METTERE IN ATTO QUALSIASI NEFANDEZZA. COSI’ E’ STATO DALLA MARCIA SU ROMA DEL 28 OTTOBRE 1922, AL GOVERNO TAMBRONI DEL 25 MARZO 1960, AL GOLPE BORGHESE DEL 7 DICEMBRE 1960, ALL’ORGANIZZAZIONE MILITARE NATO CHIAMATA GLADIO, ALLE STRAGI DI STATO E A QUELLE DI BRESCIA DEL 28 MAGGIO 1974 E DI BOLOGNA DEL 2 AGOSTO 1980. E, NEGLI ULTIMI ANNI, AL PASSAGGIO ALL’UNITA’ DI CLASSE BORGHESE E D’AZIONE CAPITALISTICA TRA CENTRODESTRA E CENTROSINISTRA, TRA FORZA ITALIA E IL PARTITO DEMOCRATICO E TRA BERLUSCONI E RENZI PER TENTARE DI “NORMALIZZARE” I CONFLITTI DI CLASSE SOCIALI. INFINE LO STRAVOLGIMENTO DELLA COSTITUZIONE DEMOCRATICO-BORGHESE DEL 1948 PER SOFFOCARE LE SPERANZE DI LIBERAZIONE DEL PROLETARIATO ITALIANO E GARANTIRE LUNGA VITA AL LORO INFAME SISTEMA DI SFRUTTAMENTO DELL’UOMO SULL’UOMO: MA E’ PURA ILLUSIONE!

LAVORIAMO AFFINCHE’ PRESTO LA STRAGE CAPITALISTICA DI BOLOGNA DEL 2 AGOSTO 1980, COME TUTTE LE ALTRE PRECEDENTI E SUCCESSIVE, SIA VENDICATA DALLA SCONFITTA DEI PIANI REAZIONARI E TRIONFO DELLA RIVOLUZIONE PROLETARIA SOCIALISTA NEL NOSTRO PAESE!

La storia millenaria dell’umanità – dal momento della divisione della società in classi contrapposte e in perenne conflitto tra loro, cioè sfruttatori e sfruttati, ricchi e poveri, dominatori e dominati, tra borghesia e proletariato – ha conosciuto fasi alterne tra progresso e regresso, emancipazione e asservimento, civiltà e barbarie, conquiste e sconfitte delle masse lavoratrici e popolari nella loro lotta di liberazione e lo sarà fin quando con l’edificazione della società comunista scompariranno per sempre le classi sociali.
Il proletariato in lotta per la sua liberazione dallo sfruttamento padronale, per preparare e fare la sua rivoluzione socialista per conquistare il proprio potere politico e sociale, costruire il socialismo e passare all’edificazione del comunismo deve saper analizzare il divenire della storia, le sue diverse fasi e trarne insegnamento per il proseguimento e il successo della sua lotta di classe e rivoluzionaria sino alla nuova società comunista.
Noi abbiamo il dovere di capire perché nell’ultimo secolo il proletariato d’Italia e degli altri paesi è passato da grandi vittorie a tragiche ma temporanee sconfitte, da conquiste mai realizzate prima a dolorosi arretramenti sociali. La nascita e la crescita del Partito Comunista bolscevico, la vittoria della gloriosa ed eroica Rivoluzione proletaria socialista d’Ottobre in Russia e la fondazione dell’Internazionale Comunista, avvenuta a Mosca nel marzo 1919, spinsero anche la classe operaia italiana, sotto la guida dei comunisti, all’occupazione delle fabbriche, in modo particolare nelle regioni del Nord e più consistentemente in Piemonte con l’occupazione degli stabilimenti Fiat, dando luogo al biennio rosso 1919-1920 e alla successiva fondazione a Livorno, il 21 gennaio 1921, del Partito Comunista d’Italia (PCd’I) per promuovere la Rivoluzione proletaria socialista anche in Italia, così come era avvenuto in Russia sotto la guida dei nostri grandi Maestri del proletariato internazionale Lenin e Stalin.
Le lotte proletarie organizzate e condotte dal PCd’I preoccuparono la classe capitalistica, a partire dagli Agnelli, timorosa che il proletariato, con alla testa i comunisti, conquistasse il potere com’era avvenuto in Russia nel 1917. Di qui la scelta della classe padronale di finanziare la tragedia del fascismo con la complicità della monarchia e del Vaticano, svolta tragica che nel 1932 avvenne anche in Germania con l’ascesa al potere del nazismo.
Conosciamo la tragedia in Italia e in Europa del fascismo e del nazismo, delle morti e delle distruzioni della seconda guerra mondiale. Tra infiniti sacrifici di vita i comunisti, gli antifascisti e i sinceri progressisti dovettero impegnarsi senza risparmio di energie nella militanza e nella lotta antifascista e soffrire la durezza dei processi politici e delle condanne al carcere, dell’esilio, del confino, delle deportazioni e degli assassini imposti dai governi fascisti e nazisti d’Europa. La guerra di aggressione e di occupazione nazifascista produsse 60 milioni di morti e distruzioni immani nell’antico continente.
Per liberare l’Italia, come l’Europa intera, dalla dittatura fascista e nazista e dalla monarchia occorse la dura lotta partigiana, coi comunisti sempre in prima fila, e la guerra di Liberazione, che alimentarono la speranza di poter finalmente liberare il nostro paese anche dalle catene del regime capitalistico, ma per la resa al nemico di classe del gruppo dirigente del PCI e dei rinnegatori del socialismo il proletariato italiano dovette accettare il solo passaggio alla Repubblica e alla Costituzione democratico-borghese, promulgata il 1° gennaio 1948, però continuando a lottare e senza mai rinunciare alla prospettiva di conquistare il potere politico con la rivoluzione proletaria e costruire il socialismo pure nel nostro paese.
A livello nazionale e internazionale seguirono le aggressioni della cosiddetta guerra fredda contro l’Unione Sovietica e i paesi del mondo socialista, contro i partiti comunisti dell’occidente capitalistico e imperialistico europeo e del nord America e di tutti i Continenti. In Italia, come altrove, il proletariato non si rassegnò alle difficili condizioni di vita sociale esistenti e presto passò al contrattacco per fermare la deriva autoritaria dello Stato al seguito degli Stati Uniti d’America e per conquistarsi più civili e dignitose condizioni di vita sociale e familiare. Alla lotta della classe operaia e delle più ampie masse lavoratrici e popolari i governi capitalistici e imperialistici democristiani, di centrosinistra col partito socialista, di unità nazionale o di salute pubblica facevano a gara a chi reprimesse di più i diritti, i bisogni e le aspettative delle masse lavoratrici e popolari in lotta.
Sin dalla proclamazione della Repubblica il 2 giugno 1946 i potenti gruppi di potere bancari, industriali, agrari e commerciali, insomma i padroni del vapore postfascista, temevano che il proletariato, sull’esperienza della Resistenza e della Guerra di Liberazione dal nazifascismo e delle rivoluzioni vittoriose, avrebbero potuto, guidati dall’avanguardia della classe operaia organizzata sulla base del marxismo-leninismo, conquistare il potere e avviare la costruzione della Repubblica Socialista Italiana sull’esperienza storica della formazione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Era il duro scontro di classe che proseguiva tra proletariato e borghesia, tra le forze retrograde dello sfruttamento capitalistico e quelle innovative per il socialismo, tra vecchio e nuovo del divenire dialettico della storia dell’umanità.
Abbiamo pure sperimentato nei decenni successivi al secondo dopoguerra la potenza dello scontro tra le forze di classe contrapposte in campo, dove all’arretramento dell’una corrispondeva, e corrisponde, l’avanzamento dell’altra. Lo scontro è stato duro e cruente. Da una parte la borghesia con l’apparato del suo Stato di classe borghese, le alleanze capitalistiche di classe nella Nato e nell’Unione Europea, l’espansione guerrafondaia imperialistica degli Stati Uniti d’America e dell’UE imperialisti e dall’altra le masse proletarie che cercavano di difendere le conquiste sociali realizzate e di ampliarle.
Dinanzi all’organizzazione, alla resistenza e alla lotta dei lavoratori i padroni e le istituzioni pubbliche e private borghesi hanno risposto sul terreno politico, sindacale e repressivo con l’organizzazione militare nazionale e internazionale Gladio, sostenuta dall’imperialismo statunitense, con la formazione del governo democristiano Tambroni del 25 marzo 1960, sostenuto in parlamento e nel paese dal Movimento Sociale Italiano, col golpe Borghese del 7 dicembre 1960, con la strategia della tensione, coi Servizi Segreti “deviati” (in realtà funzionali ai disegni reazionari e imperialisti), con la repressione poliziesca di piazza sin dal 1948, con gli attentati neofascisti che hanno causato centinaia di morti e feriti e le stragi di Brescia del 28 maggio 1974 e quella della Stazione di Bologna del 2 agosto 1980, che da sola causò 85 morti e 200 feriti.
Tutto ciò allo scopo di “normalizzare” lo scontro sociale, il conflitto di classe e riaffermare il dominio assoluto e incontrastato della classe padronale su quella lavoratrice. Ma ciò è pura illusione, in quanto con il socialismo-comunismo, verrà abolito lo sfruttamento del lavoro altrui e scompariranno le classi sociali.
Per la particolare efferatezza della strage alla Stazione di Bologna, tragedia simbolo di tutte le stragi neofasciste e imperialiste avvenute in Italia dal 1946 ad oggi, per la sua provata matrice politica neofascista ed eversiva, dichiaratamente anticomunista e antiproletaria, per l’attacco feroce portato alle istituzioni democratiche costituzionalmente garantite, per una risposta e opposizione ferma dei comunisti e dell’intero proletariato italiano a ogni tentativo di eversione, per la ricorrenza del 36° anniversario del luttuoso evento, per la difesa della democrazia, seppure ancora borghese, e delle agibilità democratiche nel nostro paese, sancite dalla Costituzione scritta col sangue dei Partigiani caduti nella guerra al nazifascismo, per condividere ancora il dolore delle famiglie coinvolte e per esprimere nuovamente sentimenti di umana fratellanza alla memoria delle vittime, il Comitato Nazionale di Unità Marxista-Leninista ha deciso di dedicare il presente documento al raccapricciante episodio, anche come monito ai neonazifascisti di oggi esistenti ancora in Italia e nell’Europa capitalistica e imperialistica, nonché ai piani piduisti che attualmente vengono portati avanti dal governo Renzi-Verdini sotto il nome di “riforme costituzionali”.
Purtroppo la “normalizzazione” in senso borghese, capitalistico e imperialistico che non è potuta avvenire, e non avverrà mai, nelle piazze, è avvenuta nei palazzi del potere ai vertici della Cgil e progressivamente nel Pci con la sua svolta revisionista-borghese subalterna alla borghesia, caratterizzata dal cretinismo parlamentare e dalle illusioni sul passaggio pacifico al socialismo seguiti nel dopoguerra, fino a sfociare nella tragica unità di classe borghese tra centrodestra e centrosinistra e nell’alleanza strategica e tattica tra Berlusconi e gli altri personaggi del centrodestra e Renzi e tra Forza Italia e il Partito Democratico. Si tratta di una unità infame che copre di vergogna i martiri della lotta antifascista durante il ventennio mussoliniano, della Resistenza, dell’eroica guerra di Liberazione, delle repressioni poliziesche di piazza e della lotta al neofascismo condotta sino ai giorni nostri.
Una unità politica avvenuta tra i vertici dei partiti borghesi di centrodestra e centrosinistra a cui, purtroppo, il proletariato italiano non ha saputo opporsi e sconfiggere e che ha portato allo stravolgimento della Costituzione del 1948 e all’ulteriore accentramento del potere nelle mani del dittatore di turno posto al servizio degli interessi del sistema bancario, finanziario, industriale e militare dominante.
Facendo leva sul qualunquismo e sul disimpegno politico di larga parte delle masse popolari, Renzi e il suo partito hanno valutato di poter vincere il referendum confermativo della controriforma costituzionale previsto per il prossimo autunno. Renzi può aver fatto male i suoi conti, può andare incontro alla sconfitta. E’ un referendum che il proletariato italiano, i comunisti, i progressisti e tutte le forze politiche, sindacali e culturali democratiche del nostro paese possono vincere se si impegneranno fino in fondo e lavoreranno nei posti di lavoro e nelle piazze per la vittoria del NO.
Abbiamo di fronte una posta importante: se dovesse sciaguratamente vincere il SI’ l’Italia si avvierebbe verso una nuova e più spietata dittatura, posta al servizio del peggiore capitalismo, imperialismo e militarismo degli USA, della NATO e dell’Europa delle multinazionali.
La malaugurata vittoria del SI renderebbe più difficile la ripresa della lotta proletaria per fermare la deriva politica e istituzionale conservatrice e reazionaria del governo del nostro paese, incoraggerebbe l’approvazione di nuove leggi repressive dei diritti e dei bisogni della masse lavoratrici e popolari, aggraverebbe le già pesanti condizioni di vita dei lavoratori e renderebbe più difficoltosa la lotta di classe e rivoluzionaria per avvicinare la prospettiva della rivoluzione socialista e della conquista del potere da parte della classe lavoratrice operaia e intellettiva.
Al contrario, la vittoria del NO, potrà creare ulteriori, gravi complicazioni politiche alla borghesia, con la caduta di Renzi e le difficoltà a formare una nuova maggioranza governativa. In questa situazione si possono aprire con la lotta di classe degli sfruttati nuove e più avanzate prospettive politiche, compreso la messa all’ordine del giorno della questione di un governo alternativo.
Di qui il reiterato appello del Comitato Nazionale di Unità Marxista-Leninista (CONUML) all’unità di classe e popolare nella battaglia per il NO al referendum costituzionale e contro la legge elettorale di stampo fascista denominata Italicum.
Con l’impegno e la mobilitazione del movimento operaio e sindacale, di tutte le forze comuniste, rivoluzionarie, antifasciste, progressiste e realmente democratiche, sviluppando ed unificando le lotte e costruendo ovunque i comitati unitari e di massa per il NO, possiamo far trionfare il NO al disegno reazionario e, così, aprire una nuova fase di lotte e di conquiste politiche e sociali per l’intero proletariato italiano.
Roma, 2 agosto 2016.

COMITATO NAZIONALE DI UNITA’ MARXISTA-LENINISTA
Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista
Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Per contatti: conuml@libero.it
Visitate il nostro sito: www.conuml.weebly.com

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