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Gli USA lasciano Falluja

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Newsletter Osservatorio Iraq n°8 /2005

(25 Giugno 2005)

Come tutte le altre truppe di occupazione, anche gli italiani fanno la loro parte in Iraq.

Anche noi siamo in guerra e abbiamo ucciso. A Nassiriya, dove i soldati del nostro contingente hanno ucciso almeno due volte: nell’aprile 2004 (durante la cosiddetta “battaglia dei ponti”), e nell’agosto dello stesso anno, durante le proteste seguite all’assedio contro Najaf, sparando su una ambulanza che trasportava al vicino ospedale una donna incinta e i suoi familiari. Quattro morti, la cifra ufficiale.

Oggi una organizzazione irachena per i diritti umani di Nassiriya riapre la questione, http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1136 denunciando che i morti sarebbero stati invece 11, e che gli italiani starebbero ritardando il pagamento dei risarcimenti alle famiglie.

Dubbi sulla cifra ufficiale vengono avanzati anche dall’UNAC (l’Associazione Nazionale dell’Arma dei Carabinieri), in una http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1110 intervista del suo presidente Antonio Savino


Mentre la violenza aumenta in tutto il paese e si susseguono gli attentati, ma anche operazioni militari di cui si sa poco o niente (e di cui fa le spese la popolazione civile), in Iraq esiste una società che si organizza e che cerca di indicare una strada diversa da quella – senza ritorno – che rischia di portare alla guerra civile.

Nel silenzio pressoché totale dei media, le forze politiche che si oppongono all’occupazione, riunite nell’Iraqi National Foundation Congress (INFC), hanno tenuto la loro http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1125 seconda sessione a Baghdad (a quasi un anno esatto dalla sua costituzione), ribadendo la richiesta di un calendario per il ritiro delle forze di occupazione, come condizione minima per partecipare alla stesura della costituzione e a qualunque processo politico, e il loro impegno a salvaguardare l’unità del paese, respingendo qualunque progetto che miri alla sua divisione e disgregazione.

Hanno inoltre espresso la loro condanna verso “il terrorismo sospetto” che colpisce gli iracheni innocenti, ribadendo invece la legittimità della resistenza, “nelle sue diverse forme e opzioni”, come diritto legittimo dei popoli che subiscono l’occupazione.

A Bassora, la General Union of Oil Employees (GUOE), che riunisce i lavoratori del settore petrolifero, che da due anni lottano con successo per i propri diritti e praticano l’autogestione, ha organizzato un http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1145 convegno contro la privatizzazione del settore pubblico, chiedendo al Parlamento di assumere un atteggiamento fermo contro le ipotesi di privatizzazione e di svendita di quella che considerano “la ricchezza comune” di tutti gli iracheni.


Intanto su quanto è successo a Falluja durante gli attacchi dell’aprile 2004 e, soprattutto, del novembre dello stesso anno, continua a emergere documentazione agghiaccianti.

Un ampio Dossier, realizzato grazie alla collaborazione fra Diario e Osservatorio Iraq, è stato pubblicato sul numero del settimanale del 25 maggio.

I testi integrali di interviste e testimonianze dirette (un medico iracheno, una interprete-volontaria, un ingegnere), che non hanno trovato posto nel Dossier per mancanza di spazio, sono http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1130 riportati sul sito , assieme a una documentazione fotografica, e al rapporto presentato dal Centro Studi per la Democrazia e i Diritti Umani di Falluja, nel gennaio 2004, e al successivo del marzo 2005, in un nostro Dossier che continueremo ad aggiornare.

Fonte

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