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Cameron nella campagna inglese

Cameron nella campagna inglese

(13 Maggio 2010) Enzo Apicella
Il conservatore David Cameron vince le elezioni, ma non ha la maggioranza e deve costruire un governo di coalizione (per la prima volta dal 1945 in Gran Bretagna)

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LA RETORICA DELLA MISTIFICAZIONE

(10 Agosto 2016)

renzi-boschi

“Dedicato alla dichiarazioni rilasciate ieri da Matteo Renzi : “ Sarebbe bello dare i 500 milioni di risparmio ai poveri” e di Maria Elena Boschi “Chi vota no vota contro il Parlamento”
All’interno di un quadro internazionale drammatico contrassegnato dalla crescita esponenziale delle ingiustizie e delle disuguaglianze, da guerre locali che minacciano l’esplosione di un conflitto globale, l’Italia si appresta a completare il ciclo tragico dei primi decenni del nuovo secolo correndo il rischio di finire completamente avvolta nella retorica della mistificazione.
E’ questo della retorica della mistificazione il senso vero, profondo, delle deformazioni costituzionali imposte a un Parlamento delegittimato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 1/2014 e composto di soggetti tesi esclusivamente alla conservazione dei propri personali privilegi.
La Costituzione viene deformata soltanto per consentire ad una sola fazione di poter disporre della potestà sul Parlamento al di fuori dalla dialettica democratica e dall’esistenza di contrapposizioni e di separazioni tra i poteri.
Non parliamo poi di un’estensione della dialettica sociale, di ruolo dei movimenti, di influenza della società civile nelle sue tante articolazioni: toccherà direttamente al Capo e al suo “Giglio Magico” colloquiare con la folla e somministrare il suo indefettibile “credo”.
La “deformazione costituzionale” è ispirata proprio da quella retorica della mistificazione avviata tanti anni fa quando si fece credere che la caduta del muro di Berlino avrebbe aperto l’era del regno del Bengodi, che la “democrazia” dei lorsignori facenti parte di un circolo rigorosamente chiuso di “familismo amorale” utilizzato da laureati rigorosamente a Harvard ,andava esportata con la forza, che le elezioni dovevano servire soltanto per suffragare la vittoria dell’ “unto del signore”, che il consumismo del singolo o del piccolo gruppo corporativo doveva rappresentare la ragione esaustiva dell’esistenza, che la logica della nostra “superiorità” di genere e di razza valeva per l’eternità dei secoli e che era impossibile sovvertire quello che appariva come l’ordine naturale del dominio delle cose perché la “storia era finita”.
IL ‘900 era descritto come il secolo della “grande illusione”, così come dal titolo del libro di Furet: ogni utopia di uguaglianza avrebbe dovuto essere seppellita nella fossa comune della storia.
La superiorità della forza discendente diretta di quel del danaro considerata, così, l’unica fonte del diritto: debbono sparire dalla scena tutti i possibili “giudici di Berlino”.
Il referendum italiano sulle deformazioni costituzionali è poca cosa rispetto a questo grande disegno di perpetuazione dell’ingiustizia portato avanti in nome dell’eternità dell’oligarchia del potere che avviluppa inevitabilmente il mondo con la sua rete di insopportabili ingiustizie.
Il “NO” a questo disegno potrebbe però servire a dare un esempio di repulsione per questa retorica della mistificazione, di questo inganno assurto a identità nazionale.
Piero Gobetti scrisse di fascismo come autobiografia della nazione, oggi si può scrivere di un ceto politico autocooptato come nuova espressione di una identità fondata sull’inganno perpetuo.
Si scrive di nuovo (naturalmente su Twitter) di “orgoglio tricolore”: è la stessa insopportabile retorica che portò i regimi autoritari della monarchia e del fascismo a condurre milioni di italiane e di italiani a morire per una Patria comandata da normali ingrassatori di se stessi.
L’unico lampo, nella storia recente d’Italia, è stato quello di imporre, attraverso l’Assemblea Costituente e in conclusione della Lotta di Liberazione, una “Repubblica Parlamentare” dotata di consessi elettivi capaci di rappresentare “lo specchio del Paese”.
Questo principio, che è fondamentale per la ripresa dal disastro bellico e per lo sviluppo degli anni dell’effettiva crescita tecnologica, economica e sociale (avvenuta certamente tra enormi contraddizioni e ingiustizie, ma verificatasi), è stato via via attaccato e cancellato dalla nostra identità collettiva: oggi si sta tentando di dannarne definitivamente la memoria per un “via libera” ad un clamoroso ritorno al passato dell’esclusività dell’imposizione dall’alto di un potere ignoto.
Il “NO” nel referendum assume così il significato di opporsi concretamente alla finalizzazione di questo disegno eversivo della nostra dignità collettiva.
Ripeto: piccola cosa nell’insieme delle tragedie del mondo, ma importante non solo per noi.
Un segnale per tutti anche al di fuori dalle miserie di questo “caso italiano” di misera retroguardia: c’è chi non si arrende e magari prova anche a invertire un corso che apparirebbe così, a prima vista, tragicamente ineluttabile.

Franco Astengo

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