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Teresa Noce, "Rivoluzionaria professionale, Autobiografia di una Partigiana comunista"

Roma - Milano, Red star press, Rapporti sociali, 2016, I ed. 1974, pp. 407, € 22,00

(29 Agosto 2016)

rivoluzionaria professionale

Questa autobiografia inizia e finisce con la letteratura, per così dire, d’evasione. Inizia sui banchetti di libri della Torino di inizi Novecento, ove una bambina di una disagiata famiglia operaia acquista pubblicazioni di letteratura d’appendice, quella che Antonio Gramsci definirà la gallina feconda della letteratura popolare, per la funzione di alfabetizzazione delle masse, aldilà degli aspetti qualitativi. Finisce nel 1958 quando la stessa, non più certo bambina, pubblica una racconto fantascientifico ispirato alla cagnetta Layka, sulla scia dell’entusiasmo suscitato, sopratutto nel mondo progressista, dalla cosmonautica sovietica. In mezzo, una vita per cui ogni aggettivazione come avventurosa, speciale e quanto altro risulterebbe eufemistica: la vita di Teresa Noce. Una vita in cui sfortuna e fatica si accompagnano alla fortuna; nascere nell’anno 1900, a Torino, la città italiana dove la classe operaia è più influente ed organizzata, con Teresa che vi viene ben presto a contatto. Poi, l’esperienza collettiva della Grande guerra, con un fratello che muore al Fronte lasciandola sola e, nel contempo, gli scioperi per la pace del 1917 e l’ingresso, a pieno titolo, nel Movimento operaio. Da qui la ripresa organizzativa del proletariato, ora temprato dalla tragedia bellica: la Lega proletaria che raccoglie vedove, orfani, reduci, combattenti e mutilati-invalidi di guerra, il Partito socialista e le sue strutture, in particolare le case del popolo. C’è qui, infatti, un’esauriente descrizione degli aspetti di vita quotidiana di questi luoghi, inspiegabilmente poco affrontati dalla storiografia, nella fattispecie per il versante giovanile. Una Casa del popolo poteva anche organizzare tutti i momenti della vita di chi la frequentava: la cooperazione, lo studio e lo svago. I giovani, ad esempio, vi tenevano feste da ballo per il versamento delle quote associative della Federazione giovanile. Non è per caso che lo squadrismo fascista prese a colpire le case del popolo, ganglio vitale della classe operaia, quando le tendenze revisionistiche - strumentali hanno in seguito voluto far risalire l’organizzazione di massa del tempo libero al dopolavorismo del periodo fascista.

Con la Scissione di Livorno, Teresa Noce, come la maggioranza della gioventù socialista, aderisce con entusiasmo al Pcd’I. Ed ecco Ed ecco, dopo il Biennio rosso, il sopraggiungere dell’offensiva fascista, l’organizzazione dell’autodifesa e il difficile rapporto dei dirigenti comunisti con gli Arditi del popolo. A Torino c’è “L’Ordine nuovo”, nella cui redazione si impaginano raffinate recensioni teatrali con le mitragliatrici piazzate sui finestroni. È l’anima del Pcd’I che poggia sull’esperienza dei consigli di fabbrica e che prevarrà sulla sinistra interna di Amadeo Bordiga andando a determinare gli assetti futuri del Partito. Teresa è parte di tutto ciò.

Iniziano quindi le persecuzioni, il carcere, la clandestinità e l’esilio: in Francia, in Svizzera e in Unione Sovietica. Gli stenti, i figli e quelle malattie, a detta di Teresa stessa, strane che l’accompagneranno per tutta l’esistenza. Con l’esplodere della Guerra civile, e sociale, spagnola, la Noce accorre volontaria. Tornata in Francia, dopo la sconfitta del fronte repubblicano, sarà internata nei campi di concentramento. Uscita, entrerà nei Franchi tiratori partigiani, i Gap francesi. Arrestata, sarà nuovamente internata, nel lager nazista di Ravensbruck. Infine, il ritorno in Italia, la Ricostruzione, soprattutto sul fronte sindacale degli operai tessili, e le legislature da Parlamentare. Teresa Noce ne farà soltanto due, proprio quelle che oggi da più parti si vogliono imporre come limite massimo, di sua volontà.

Terminerà di scrivere l’autobiografia a Milano, nel febbraio 1973, per lasciare certo testimonianza del proprio vissuto ma senza vittimismo alcuno, quasi a considerare naturale e ovvio per una militante passare la vita tra un carcere e l’altro ed essere internata e ridotta come uno straccio, che sia nel Terzo Reich o in un paese considerato culla della democrazia europea. C’è poi il ricordo delle persone amate e frequentate, dei compagni di lotta di cui tratteggia i profili: Bordiga, Gramsci, su cui non mancano aneddoti spassosi, Umberto Terracini, Palmiro Togliatti, Enrico Minio, e, soprattutto, Luigi Longo, compagno anche di vita da cui infine si separerà dolorosamente. Qui veniamo alle questioni che poi abbiamo imparato a definire di genere: all’epoca che Teresa ricostruisce nella sua biografia il femminismo, inteso come quello scaturito dalla Contestazione, è lungi da venire. Lei non dimostra sudditanza psicologica alcuna, tiene testa agli uomini, che spesso escono da qui malconci, come in un film di Almodovar. Manifesta autonomia di giudizio, talvolta tra le righe, vedi la denuncia della deriva interclassista del Cln e del Partito, talvolta esplicitamente, come nel caso dell’accoglimento del Concordato nella Costituzione e dell’Amnistia Togliatti. Da qui, probabilmente, la reputazione di avere un caratteraccio e il non ricoprire quel ruolo di assoluto rilievo che indubbiamente le spetterebbe nella memorialistica Pci.

Teresa Noce morirà a Bologna il 22 gennaio 1980. Nell’autunno, proprio nella sua Tornino, si avrà la Marcia dei quarantamila, il corteo dei quadri intermedi che sancirà la fine di quel ciclo di lotte i cui albori avevano visto Teresa partecipe e protagonista.

Silvio Antonini

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