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    Si potevano salvare le chiese? Si poteva almeno provarci.

    (4 Novembre 2016)

    Ripubblichiamo - tramite eddyburg - una interessante lettera che Antonio Borri ha indirizzato al blog dello storico dell'arte Tomaso Montanari. Uno spunto utile per riflettere su quelle scelte che non sono state fatte e che avrebbero potuto evitare danni così ingenti al patrimonio culturale, nonché per discutere sull'effettivo funzionamento del MIBACT.

    L'ennesima testimonianza di una politica che, nell'illusione di "modernizzare" e privilegiando il "fare" (comunque sia) al "pensare", sta distruggendo l'Italia. Ma non è solo colpa di Renzi:è almeno un quarto di secolo che si lavora in questa direzione. La Repubblica online, blog "articolo 9", 3 novembre 2016


    Pubblico di seguito una lettera del professor Antonio Borri, Ordinario di Scienza delle Costruzioni nella Università degli Studi di Perugia e Presidente del Centro Studi Mastrodicasa.

    «Caro Prof. Montanari,

    ho letto i suoi articoli riguardanti la mancata tempestività del MiBACT ad intervenire con le messe in sicurezza delle chiese nell’Italia centrale, in particolare in Valnerina, e le scrivo per dare un contributo a questo tema.

    Conosco, almeno in parte, la situazione, dato che in questi ultimi due mesi ho coordinato una squadra di ingegneri strutturisti che a partire dai primi di settembre ha fornito un supporto tecnico ai funzionari del MiBACT incaricati di effettuare i rilievi dei danni al patrimonio culturale colpito dal sisma.

    Credo sia giusto riconoscere anzitutto l'abnegazione e la competenza di questi funzionari del Ministero e delle Soprintendenze che si sono resi disponibili a fare i sopralluoghi in condizioni di notevole rischio, spesso rimettendoci peraltro di tasca propria, sotto la formula – già questa fonte di molte perplessità – del “volontariato”.

    Noi strutturisti universitari che li abbiamo accompagnati ci siamo presi, insieme al rischio fisico, anche la responsabilità di valutare l’agibilità o meno di queste costruzioni e di indicare le eventuali necessità di provvedimenti di pronto intervento. Il tutto, ovviamente, a titolo gratuito e volontaristico, come peraltro avevamo fatto nei sismi degli anni passati.

    In questi ultimi due mesi abbiamo visto quasi tutte le chiese della Valnerina, e in molti casi erano necessari interventi rapidi, quanto meno per mettere in salvo i beni mobili.

    Spesso, purtroppo, a queste indicazioni e a queste proposte di provvedimenti non è seguito alcunché.

    L’ultima scossa di magnitudo 6.5 ha causato il crollo di moltissime di quelle chiese che avevamo esaminato, e, guardando indietro, non posso evitare di fare un amaro bilancio: tutto il lavoro svolto, con tutti i rischi connessi, non è servito assolutamente a nulla.

    Posso dire che mai, nel futuro, ci presteremo ancora a supportare filiere così inefficienti e inadeguate.

    Adesso è giusto domandarci: se fossero stati fatti subito interventi di prevenzione nei confronti di eventuali nuove scosse (peraltro previste dai sismologi) si potevano evitare questi crolli?

    In molti casi la risposta è negativa; l’intensità dell’evento del 30 ottobre è stata elevatissima ed intervenire in emergenza su questi manufatti, specie quando sono così numerosi, è davvero problematico, se non impossibile. Al di là dei problemi burocratici per avviare le procedure amministrative per i progetti ed i lavori (come sappiamo, quando in Italia si vogliono fare i lavori di urgenza si fanno…) non sarebbe stato comunque possibile trovare tecnici ed imprese che in poco tempo potessero intervenire dappertutto.

    È vero però - e qui mi riallaccio alla sua indignazione - che per molti casi si poteva realisticamente sperare in esiti migliori. Ad esempio, se fin dall’inizio fossero state individuate le chiese maggiormente significative e rilevanti, si poteva intervenire in modo adeguato almeno su queste.

    Difficile dire come sarebbe andata, ma certo era assolutamente doveroso tentare.

    E sarebbe bastato salvarne uno, anche solo uno, di questi capolavori storico-architettonici, per poter dire, adesso, che (almeno) qualcosa avevamo fatto. E invece: nulla, e quello che è avvenuto supera purtroppo di gran lunga, per quanto riguarda i crolli delle chiese, i danni sismici dell’Aquila.

    Certamente colpisce la lentezza e la farraginosità del processo decisionale al Ministero, con rallentamenti, sovrapposizioni, rimbalzi e stasi che sono inaccettabili per situazioni come queste.

    Non si capisce, francamente, come mai, dopo una serie continua di eventi drammatici e distruttivi (Umbria-Marche, L’Aquila, Emilia) il MiBACT ancora non abbia messo a punto, come invece ha fatto da tempo la Protezione Civile, una macchina operativa efficiente e snella.

    Sino ad ora tutto sembra procedere invece, almeno dal punto di vista sistemico-burocratico (non come impegno, encomiabile, dei singoli) come se fossero nell’ordinario, ovvero “bradipo-like”.

    Concludo facendole io una domanda: la ricostruzione di queste chiese ridotte a rovine, che peraltro costerà centinaia di milioni di euro, cosa ci restituirà di quel patrimonio che avevamo?

    Temo di conoscere già la sua risposta….

    Un cordiale saluto.


    Antonio Borri»

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