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Turchia, finché la speranza non apparirà

Dichiarazione di Yeniyol, sezione turca della Quarta Internazionale, sulla repressione operata da Erdogan

(7 Novembre 2016)

Da Sinistra Anticapitalista Veneto, riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo apparso due giorni fa su anticapitalista.org

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Il tentativo di colpo di stato militare orchestrato dall'ex alleato del regime, la confraternita Gülen, nella notte tra il 15 e il 16 luglio 2016 ha offerto l’occasione a Erdogan di intraprendere un tentativo di colpo di stato civile per annullare ogni possibilità e capacità di opposizione al regime dittatoriale che sta cercando di forgiare. L'arresto, venerdì 4 novembre, dei portavoce, di dirigenti e deputati del Partito democratico deo popoli (HDP), partito di sinistra nato nel movimento kurdo, sta a significare che è stata superata una tappa decisiva per la costruzione di questa dittatura islamo-nazionalista.
L'arbitrio dello stato di emergenza decretato in seguito al tentativo putschista ha consentito al “Duce” di Ankara di avviare la ristrutturazione di tutto l'apparato statale e di tutto il lavoro pubblico. Così, decine di migliaia di persone sono state cacciate, licenziate, arrestate nel quadro do operazioni antiterroriste. Più di un centinaio di mezzi di informazione (giornali, televisioni, radio, riviste) sono stati proibiti, migliaia di associazioni, di scuole, di fondazioni, di università e di ospedali sono stati chiusi.
Al di là dei potenziali adepti (o meno) della confraternita Gülen, queste misure estremamente repressive hanno così colpito gli attivisti e i simpatizzanti della causa kurda e della sinistra radicale. Più di diecimila aderenti ai sindacati di sinistra sono stati sospesi dalle loro funzioni o direttamente esclusi dalla funzione pubblica. La quasi totalità dei media di sinistra kurdi e turchi sono stati vietati.
La repressione verso le forze democratiche in particolare si è estesa in questa ultima settimana. Militanti che lottano contro la precarietà nella scuola superiore e “universitari per la pace” firmatari della petizione che protesta per la guerra contro il popolo kurdo sono stati licenziati; i dirigenti, gli editorialisti, i vignettisti del più importante quotidiano di opposizione di sinistra, “Cumhuriyet”, sono stati arrestati dopo la perquisizione del proprio domicilio e i sindaci della più importante città kurda, Diyarbakir, sono stati arrestati con l'accusa di essere membri dell' “organizzazione terrorista PKK”. Così come è accaduto recentemente anche per una ventina di altri municipi della regione kurda. A dirigere il comune di Diyarbakir sono stati nominati nuovi amministratori filogovernativi.
Ma l'arresto, dopo la perquisizione del loro domicilio, della direzione dell'HDP (che alle elezioni del 7 giugno 2015 aveva ottenuto il 13,1%, un successo imprevisto che ha destabilizzato totalmente il partito di Erdogan, l’AKP) segna una tappa decisiva nell'annientamento della democrazia da parte del regime dittatoriale. Questa inaccettabile offensiva che nega il valore del espresso da 6 milioni di persone è una conseguenza della guerra condotta dallo stato turco contro l'aspirazione all'autodeterminazione del popolo kurdo in Turchia e in Siria.
Noi, marxisti rivoluzionari di Turchia, che avevamo fatto appello al momento delle elezioni del 7 giugno a votare per questo partito in cui si cristallizzano le rivendicazioni di pace, giustizia e democrazia, condanniamo fermamente questa confisca dei voti di milioni di kurdi, di donne, di lavoratori, di giovani, di ecologisti, di militanti LGBTI, delle minoranze etniche e religiose, di democratici.
Di fronte a questa terribile tempesta che fin d'ora scuote pericolosamente le basi della vita comune e solidale dei popoli della Turchia, la nostra trincea resta quella di una resistenza irriducibile per la pace, per la libertà, per la democrazia, per la laicità...
“Anche nel momento in cui siete più pessimisti, non guardate la punta dei vostri piedi ma l'orizzonte, e vedrete la speranza, sicuramente. Se non la vedete, guardate ancora una volta, guardate fino a che lsa speranza non apparirà” dice Selahattin Demirtas, il copresidente dell'HDP oggi arrestato e chiuso nelle galere del regime.
Sì, fino a che la speranza non apparirà.

anticapitalista.org

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