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Gli affranti e gli estatici Ovvero, il neo-Presidente USA e gli utili idioti

(13 Novembre 2016)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Che cosa faranno adesso gli utili idioti, di qua e di là dal mar (qualunque mare), sempre ostinatamente convinti che a dettare la politica (interna, estera, economica, sociale, ecc. ecc.) sia l'Uomo (la Donna) della Provvidenza, eletto ogni tot anni con gran risuonare di grancasse e lancio di stelle filanti, scoppio di petardi e brillar di paillettes, sventolar di bandierine, sorrisi a trentaquattro denti e manciate di promesse d'ogni tipo come se fossero confetti? Che cosa faranno adesso gli affranti, che ormai come unico programma altro non hanno che il lamentoso “votare il meno peggio, ma votare” e si dibattono nell'angoscioso dilemma “che cosa (non) abbiamo fatto? che cosa (non) dovevamo fare?”. E non riescono a nascondere una punta di rancore per quella tanto osannata Democrazia che così li ha castigati (“Ah, ingrata! Con tutto quello che abbiamo fatto per te!”)? E che cosa faranno adesso gli estatici, i vincitori di oggi, già sfiancati da una crisi che dura da anni e che può solo peggiorare, e riportati a nuova vita dall’illusione che l'Uomo della Provvidenza rifarà tutti i conti, volterà la pagina del libro e, benedicendo a destra e sinistra e bastonando a sinistra e a destra, li tirerà fuori dal pantano (per non dir di peggio), tornando a fare “grande l'America” (il Mondo) – come d’altra parte tutti gli Uomini (le Donne) della Provvidenza hanno sempre (e per ovvi motivi!) promesso di fare? Di qua e di là dal mar, la fabbrica degli utili idioti, insieme all'industria delle armi, non conosce crisi – sovrapproduce felicemente, perché il Capitale sa bene che là si fonda, almeno in grossa parte, il proprio potere, il proprio investimento a lungo termine. Gli utili idioti non capiscono che la politica (interna, estera, ecc. ecc.) non la fa l'Uomo (la Donna) della Provvidenza, ma è dettata dalle necessità materiali di autovalorizzazione del Capitale. L'Uomo (la Donna) della Provvidenza serve solo (e sempre più volgarmente, sgangheratamente, facendo appello ormai solo agli istinti più bassi) a illudere, rassicurare, ricompattare chi, standosene ai margini, rischia di spingersi troppo ai margini, e magari (non sia mai!) rischia di volgersi a un reale antagonismo, di non credere più alle sparate da bar di periferia, con annesse ballerine seminude. Si chiederanno mai, gli affranti, com'è che gli otto anni del tanto celebrato e amato Uomo della Provvidenza hanno lasciato uno scenario di così profondo malessere, di così furibondo rancore? Proveranno ancora, timidamente, a tirar fuori dal cappello dell'illusionista la Riforma sanitaria e la Riforma dell'immigrazione, quei due grandi imbrogli (come a tempo debito abbiamo dimostrato, dati alla mano), miranti dare un contentino a un esile strato di mezze classi terrorizzate all'idea di sprofondare nell'abisso e lasciando il resto ad annaspare nel fango e nella merda della sopravvivenza quotidiana? Capiranno mai che così il Capitale, una volta di più, ha celebrato i propri fasti all'insegna del divide et impera, accumulando al tempo stesso contraddizioni che poi non sa gestire? Qualche anima bella (qualche filosofo, qualche opinionista) ha mestamente commentato: “Siamo divisi… Siamo due nazioni…”. Ma guarda! E gli estatici, che cosa diranno quando le stesse esigenze superiori del Capitale si accaniranno una volta di più su di loro, massacrando ulteriormente intere regioni, cittadine e città già massacrate, già lasciate ad arrugginire, a seccare e annegare? Quando, passato il tempo delle sparate con annesse ballerine, il “loro” Uomo (o Donna) della Provvidenza dovrà fare davvero i conti con ciò che gli dettano le leggi impersonali e inaggirabili del Capitale, e allora potrà solo allargare le braccia, invocare il bene supremo della Nazione, della Patria, dell'Economia Nazionale e correre a cercare un nuovo Nemico di turno? La guerra di classe – lo ricordiamo nell'editoriale di questo numero – è incessante. E la classe dominante vi si allena quotidianamente, sul piano militare interno ed esterno, su quello politico-sociale e su quello ideologico: cioè, allevando utili idioti, destinati poi, quando il momento lo richiede, a diventare feroci boia. Ecco perché sempre più necessario è il radicamento internazionale del partito comunista: perché la rabbia, il rancore, le frustrazioni, l'inconsapevole antagonismo
vengano indirizzati nel senso giusto – dell'abbattimento d'un modo di produzione ormai marcio, e disgustoso in tutti i suoi aspetti.
10/11/2016

Partito comunista internazionale (il programma comunista)

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