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LO SPARTIACQUE DEL REFERENDUM.

Referendum.....dum......dum.....dum. Chi è? Il padrone!

(1 Dicembre 2016)

Riceviamo e pubblichiamo, più per completezza di dibattito che per piena condivisione dei contenuti

C'è un risultato referendario per i padroni e per le loro riforme.
C'è un risultato referendario per l'opportunismo, ed il suo proporzionale.
C'è un risultato referendario per gli sfruttati, e per la loro coscienza di classe.


LO SPARTIACQUE REFERENDARIO

Le rughe profonde tracciate dal movimento reale nell'attuale ciclo capitalistico difficilmente verranno messe in discussione dal risultato referendario sulla modifica di parte della costituzione italiana.
La linea generale riformista della borghesia europea (ed italiana) può subire qualche rallentamento provocato da un montante euroscetticismo, ma le necessità imposte dalle velocizzazioni globalizzatrici restano, ed impongono vincoli di bilancio e riforme strutturali applicate alla materialità del ciclo produttivo ed alla sue espressioni giuridiche, legali e costituzionali.
Meno legacci burocratici e piu' velocità decisionale, come lo snellimento e la digitalizzazione della pubblica amministrazione, e come il riequilibrio del rapporto di flussi economici stato-regioni sono il prezzo da pagare alla competitività tra blocchi continentali sul mercato mondiale.
I due fronti del si e del no pari sono nell'accettazione del programma riformista strutturale, tranne discuterne forme e tempi di applicazione.
E' evidente quindi che, al di la del risultato referendario (Renzi o governo tecnico?) la politica capitalistica contro il salario, il jobs act, la fabbrica 4.0, il pareggio di bilancio in costituzione, la riforma Fornero resteranno intatti.
Cosi' come intatta resterà l'esigenza, del resto in gran parte già in via di pratica applicazione, di risistemazione dell'intera architettura burocratica dello stato, nella prospettiva di una migliore funzionalizzazione ai nuovi compiti dettati dalle cresciute cessioni di sovranità nazionale.

Di fronte a questi fatti cosi' duri, la società della politica continua ad importunare la “società civile” con i suoi continui, ed unitari, richiami alla partecipazione al diritto-dovere del voto, utilizzando sciacallescamente persino eventi catastrofici naturali, oltrechè eventi di politica internazionle in chiave elettorale interna.

Il vero nemico di Renzi è l'astensione.
Infatti, lui la teme, e la combatte, con il carrozzone del si, insieme all'accozzaglia del no, che dice di “combattere” Renzi.
Renzi difende il suo governo, e le sue riforme.
Gli altri, quelli del no, dietro la costituzione, difendono il proporzionale.

Insieme, carrozzoni ed accozzaglie, praticando “l'unità nella diversità”, difendono la partecipazione, oltre la loro esistenza e qualche poltroncina.

Renzi ha paura dell'astensionismo perchè la scarsa partecipazione al voto può fargli perdere il suo referendum, e far cadere il suo governo.
In suo soccorso (solo oggettivamente?) accorre il fronte del no ad invitare il popolo alle urne, “salvando” cosi' Renzi insieme al suo referendum.
Erano partiti per far vincere il no, e forse (senza volerlo?), faranno vincere il loro “nemico”.
Che Monti, Brunetta, D'Alema, De Mita, Berlusconi, la CGIL, l'ANPI ed affini prestino le loro facce a simili trasformismi iperpoliticisti non è una novità, ma solo l'ultimo tentativo di riciclo.

Il guaio è che a questi campioni dell'opportunismo politico stanno dando (poca!) forza “movimenti sociali” variamente definiti, nell'illusione di trasformare l'ennesima sceneggiata elettoralistica in rivolta di popolo per “cacciare Renzi”.
Bel risultato per “masse critiche” e visionari del “no sociale-operaio” cui, evidentemente, piace frequentare bruttissime compagnie.
D'altra parte, si dice, se non si è “uniti” non si vince.
A parte che anche se si è uniti non è detto che si vince.
E poi, uniti con chi, per vincere cosa?
E ancora, l'”unità” è sempre la strada migliore?

Non certo per il movimento operaio, la cui teoria ha rivoltato il mondo rimettendolo con i piedi per terra, rifiutando e combattendo tutte le passate interpretazioni della storia e del suo movimento, la cui politica si è espressa nella separazione e nella contrapposizione netta degli interessi di classe, la cui organizzazione si è formata nella scissione da tutte le organizzazioni delle altre classi e frazioni di classe.
Nella loro storia di sfruttamento, i lavoratori hanno imparato a diffidare delle “unità politiche” che li hanno sempre fregati.
Con la scusa, o l'inganno, di essere insieme, uniti, in tanti, li hanno fatti votare, lottare o combattere per cause non loro, per obiettivi che non li riguardano o addirittura nocivi.
Fin dai tempi dell'”Unità fondata da Antonio Gramsci” gli hanno fatto ricostruire il paese “insieme” ma per il profitto e lo sviluppo del capitale, insieme nel C.L.N. che ha prima liberato e poi rimesso i fascisti ai loro posti di prima, “insieme” nel patto sociale dei produttori, per poi arrivare nel tempo al compromesso storico, alla politica dei sacrifici”, alle “due società”.
E poi, sempre “uniti”, nella “lotta contro il terrorismo”, fino alla delazione, all'assassinio dei militanti combattenti.
E ancora, nei movimenti contro la guerra, tra antimperialsti a senso unico, tifosi di Saddam come oggi di Assad, cattolici papa-boys e rivoluzionari, o nei social forum tra no-global, arrampicatori opportunisti e “buoni e cattivi”.
Fino ai giorni nostri, nella falsa unità del referedum contro Renzi, dove trasversalissimi schieramenti si scontrano nell'indifferenza operaia, incapaci di comprensione della realtà e di qualsivoglia reale incisività politica.
Fino ai giorni nostri, di fronte ad una passività operaia perdurante, si insiste a proporre “fronti” mal frequentati, e probabilmente pure sconfitti.

Occorre che i lavoratori coscienti ne prendano atto, definitivamente, traendone le conseguenze, politiche ed operative non piu' rinviabili, sostituendo la propria unità di classe alle “unità” truffaldine dei loro falsi amici.

E' forse questo l'unico elemento sfruttabile di questa lunghissima campagna referendaria: quello di aver contribuito a togliere ogni dubbio e a fare definitiva chiarezza sulla scelta di campo dei vari protagonisti, attori comprimari o comparse che siano.
E' un sipario ormai completamente strappato quello che si affaccia sul cosiddetto “movimento”, oggi lacerato ma lesionato da tempo, fin da Genova 2001 e poi sfilacciatosi nei mille distinguo, nelle mille distinzioni (e delazioni!) che ci hanno ridotto al presente pantano.
Due distinte scelte sono in campo:
quella dell'opportunismo e quella della rivoluzione.
C'è stato un tempo in cui ci si poteva mischiare,
facendo finta di valorizzare la cosiddetta “diversità”.
Ma quando la “diversità” significa saltare sul carro-zzone del padrone, accettarne idee, tempi e forme giocando partite truccate e non proprie,
bisogna scegliere da quale parte stare.

La minoranza rivoluzionaria che, seppur sgualcinata, sopravvive in Italia ed in Europa la sua scelta di campo l'ha fatta da tempo: contro Renzi, contro tutte le accozzaglie, e contro il sistema che le produce.

Pino ferroviere

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