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    Referendum: un esito che spariglia la partita tra padroni e proletari

    (5 Dicembre 2016)

    Per prima cosa vediamo i numeri [vedi: http://elezioni.interno.it/referendum/scrutini/20161204/FI01080610000.htm]:

    I votanti sono stati il 68,48%, gli astenuti il 31,52%.

    I NO sono il 59,95%, pari al 41,05% dei votanti.

    I sono il 40,05%, pari al 27,42% dei votanti.

    La vittoria del NO era scontata, ma forse non in queste proporzioni che esprimono l’addensarsi di una nebulosa sociale dai contorni politici assai sfumati e incerti.

    Era scontata perché il referendum ha assunto la connotazione di un plebiscito sull’operato di un governo che gode di una trista popolarità.

    Il SÌ ha vinto nella provincia autonoma di Bolzano (63,69%) dove meno si è sentito il peso negativo della politica governativa. Ha vinto in Toscana (52,51%, a Firenze il 57,71% e a Siena il 57,18%), feudo clientelare della cosca governativa Renzi, Boschi & Co., e di misura in Emilia Romagna (un risicato 50,39%), dove nonostante tutto resiste il modello affaristico/cooperativistico tanto caro al PD.

    La vittoria del NO era scontata anche perché la maggior parte dell’elettorato è costituito da anziani che sono poco propensi a cambiamenti, viste le batoste subite in questi ultimi anni. Mentre i giovani scelgono l’astensione, e non solo per la dannazione del Jobs Act, ma per la crescente sfiducia nelle istituzioni di uno Stato oppressivo e sfruttatore.

    Dopo il referendum, si apre uno scenario di incertezze, poiché, come è evidente, il fronte del NO è assai contraddittorio, abbraccia componenti che vanno dalla Lega di Salvini ai movimenti di sinistra (il cosiddetto NO sociale), passando per i 5 Stelle.

    La vittoria del NO è stata significativa in aree politicamente assai eterogenee, motivo per cui è assolutamente aleatorio attribuirle una precisa connotazione politica. Per esempio, al Sud, dove la Lega ha poche carte da giocare, il NO è attorno al 70%. Mentre negli storici feudi leghisti il NO sfiora a malapena il 60%. Ed è comunque condiviso con altre forze politiche, spesso in concorrenza.

    Ma l’incertezza risiede soprattutto in ciò che il NO sottende e implica; l’incertezza risiede in coloro che non si riconoscono in nessun partito; risiede anche nel 31% di astensionisti che nel Sud superano abbondantemente il 40%, con punte di oltre il 50% (Crotone).

    In queste condizioni, è assolutamente improbabile che nasca una coalizione di governo omogenea e altrettanto difficilmente le eventuali elezioni anticipate potranno dare una risposta che soddisfi gli appetiti dei padroni e degli affaristi che dominano la vita economica.

    Ma c’è del buono. L’incertezza rappresenta sicuramente un’attenuazione degli attacchi contro le condizioni di vita e di lavoro dei proletari, dei lavoratori dipendenti, dei pensionati dei disoccupati.

    C’è del buono, perché può essere un’occasione per riflettere e dar vita a iniziative all’altezza della situazione. I giochi sono aperti.


    Milano, 5 dicembre 2016.

    Dino Erba

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