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Siria

Siria

(16 Agosto 2012) Enzo Apicella

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    (Imperialismo e guerra)

    L'ACCELERAZIONE AMERICANA
    NEL CONFRONTO
    PER LA SPARTIZIONE IMPERIALISTICA
    DELLA SIRIA

    (14 Aprile 2017)

    L’attacco missilistico condotto dagli Stati Uniti nelle prime ore del 7 aprile contro una base delle forze del Governo di Damasco è un’accelerazione in una spartizione imperialistica che, ormai sempre più chiaramente, costituisce il carattere fondamentale del conflitto che ha lacerato la Siria.
    Si tratta, più che di un colpo volto a far saltare il tavolo del ridisegno delle sfere di influenza del territorio siriano, di un atto di forza da parte di una delle principali potenze impegnate in un confronto, in cui si alternano momenti di intesa e di attrito, intorno al futuro assetto dell’area. L’attacco americano non è stato l’impulsivo e avventato scatto di un gigante acefalo, in contrasto con le logiche politiche che stanno guidando il confronto tra potenze intorno alla Siria. Non è una negazione dello sforzo in una ridefinizione dell’assetto siriano, della trattativa armata tra potenze. Anzi, va spiegato proprio all’interno di questo processo in corso. Illuminante in questo senso è stato il plauso della Turchia (insieme ad Israele ed Arabia Saudita), che, dall’intesa di fatto tra Stati Uniti – impegnati a sostenere le formazioni che hanno nelle milizie curde del Nord siriano la loro punta di lancia – e Russia – che appoggia Damasco – stava emergendo come la grande sconfitta. Le operazioni militari degli ultimi mesi hanno infatti messo in luce il profilarsi di una spartizione in cui al consolidamento della sfera lealista che, partendo dalla costa alawita, è andata proiettandosi verso Aleppo, ha fatto da contrappunto l’avanzata delle forze appoggiate da Washington, giunte a preparare un’offensiva contro Raqqa, capitale dell’Isis. La Turchia, per contro, ha visto delinearsi con sempre maggiore consistenza un’entità politica curda ai propri confini, mentre aree nevralgiche del settentrione siriano venivano di fatto suddivise tra formazioni riconducibili a Mosca o a Washington. Il tutto mentre Ankara metteva fine all’operazione “Scudo dell’Eufrate” con cui era intervenuta direttamente sul territorio siriano e l’Isis, che ai tempi dei suoi maggiori successi sul campo aveva beneficiato dell’oggettivo sostegno turco, si ritrovava ad indietreggiare a difesa delle proprie roccaforti in Siria e Iraq. Ora, l’imperialismo statunitense, con la rapida dimostrazione di forza contro Assad, potrebbe lanciare un messaggio a favore di un riequilibrio della spartizione in atto che, da un lato, riaffermi il ruolo primario di Washington e dall’altro riapra un maggiore spazio per Ankara a spese del campo russo-siriano.
    Il tempo e i fatti ci diranno se e quanto questa impostazione dell’analisi è valida. Ma con certezza possiamo affermare che anche la zampata missilistica statunitense non fa che confermare come la tragica partita siriana si giochi essenzialmente e in maniera determinante ai piani alti dell’imperialismo. È illusorio pensare che le varie entità siriane e locali impegnate sul campo – dalle forze lealiste alla galassia delle formazioni anti-Assad, dalle unità organizzate dai partiti curdi all’Isis – possano condurre un gioco in autonomia rispetto all’andamento del confronto imperialistico, perseguire un progetto che possa svincolarsi dall’influenza di potenze imperialistiche e regionali, imprimere un loro segno autonomo e determinante al conflitto, al di fuori della nuova spartizione imperialistica che sembra prendere forma (con quale esito, con quali tempi, con quale solidità, sarà da vedere). È illusorio e ingannevole. La guerra siriana è una guerra imperialistica, un conflitto pienamente fagocitato dal confronto, dalle dinamiche e dalle logiche dell’imperialismo. Dietro ogni rivendicazione - nazionale, religiosa, etnica, politica – che disponga oggi di una credibile possibilità di farsi largo nel cruento groviglio siriano non può che trovarsi la sponda e il sostegno di una centrale imperialistica o di una potenza regionale che detenga la forza per proiettarsi nel conflitto.
    Non si tratta di rifugiarsi nel comodo – e sbagliato – limbo della notte in cui tutti gatti sono grigi. Occorre distinguere i vari attori imperialisti, individuare con la maggiore precisione possibile le loro linee di azione e i nessi che le connettono al quadro siriano. Occorre ricondurre a specifici interessi di centrali imperialistiche e potenze regionali, alla loro interazione in divenire, la concretezza degli sviluppi della situazione, l’andamento dello scontro tra le forze in campo. Senza risolvere il tutto in una semplicistica e declamatoria condanna di un indistinto imperialismo. Ma se va rigettata la scorciatoia della declamazione superficiale, che rifugge l’analisi concreta, una valida alternativa non può essere individuata nell’invenzione di una guerra di liberazione nazionale, di una guerra santa, di una guerra progressiva che possa costituire l’essenza del conflitto all’interno del cerchio di ferro dell’influenza e della determinazione imperialistica.

    Prospettiva Marxista

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