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La legge regionale sul lavoro del Friuli Venezia Giulia

e l’esito del Comitato Politico Regionale del PRC del 12 luglio

(13 Luglio 2005)

Esprimiamo, a nome della tendenza marxista del PRC, il nostro totale dissenso nei confronti del voto del Comitato Politico Regionale che, a maggioranza, ha dato, nella seduta di martedì 12 luglio, mandato al gruppo regionale del partito di proseguire la trattativa per l’elaborazione definitiva del disegno di legge sul lavoro in discussione. Valutiamo infatti tale legge con estrema preoccupazione per via di contenuti, che, nelle proprie linee fondamentali, corrispondono all’esigenza di dare attuazione alla legge 30 (generalmente nota come legge-Biagi): essa, infatti, in assenza di provvedimenti attuativi regionali, rischierebbe di rimanere in larga parte inapplicabile. Tale proposta di legge regionale legittima un’organizzazione altamente flessibile e senza garanzie del mondo del lavoro a esclusivo vantaggio della classe imprenditoriale locale.

Se si eccettuano le minime modifiche apportate alla legge nelle ultime settimane di trattativa, considerate poco rilevanti anche da tanta parte degli interventi che hanno animato il confronto all’interno del CPR, essa conserva l’impianto suggerito da Assindustria: nelle parole del presidente della Giunta Illy, essa serve precisamente a perfezionare la legge 30, “una buona legge (…) soprattutto per le nuove forme di flessibilità che favoriscono l’ingresso nel mondo del lavoro”.

Riteniamo grave la scelta del CPR del PRC, anche in considerazione della sempre più larga consapevolezza delle divergenze emerse in occasione di questa trattativa con il resto della coalizione su una materia tanto importante per il nostro partito: rifiutando di bocciare la legge in discussione, la maggioranza (sempre meno solida) del CPR ha di fatto accettato misure in aperta contraddizione con le posizioni tradizionalmente difese dal partito. Citiamo le misure più pericolose:

- il ddl recepisce il modello di apprendistato previsto dalla legge 30 e stravolge il modello di istruzione pubblica che il nostro partito ha sempre difeso, in antitesi, in particolare, alle proposte contenute nella legge Moratti. In merito, la Giunta regionale intende presentare un odg nel quale puntualizza i “contenuti formativi molto forti” dell’apprendistato, tali, si sostiene, da permetterne il riconoscimento dei crediti per l’eventuale ricostruzione di percorsi scolastici. Un odg del genere non migliora affatto i contenuti della legge regionale e non può in alcun caso essere presentato come un passo in avanti in direzione dell’accoglimento delle rivendicazioni del PRC, che avrebbe dovuto attestarsi sulla difesa intransigente dell’innalzamento degli obblighi formativi a 18 anni e sul rifiuto categorico del meccanismo dell’alternanza scuola-lavoro;

- il ddl prevede un ulteriore incremento dei finanziamenti alle aziende, già ampiamente dimostratisi fallimentari nel recente passato: alle aziende sono state sistematicamente distribuite risorse drenate dalle tasche dei lavoratori (tassati dalla fiscalità generale), senza che tali operazioni avessero un impatto positivo di qualche rilievo sull’assetto sociale regionale; come dimostra la recentissima vicenda della Hydraulic System di San Leonardo (sostenuta a suo tempo dalla Comunità montana, oltre che dalla Regione) e la meno recente vicenda della De Longhi, le aziende si sentono di fatto libere di ignorare i termini richiesti per beneficiare degli incentivi. Con la nuova legge chi potrà garantire con certezza che, ricevuti i compensi, le aziende s’impegneranno a non delocalizzare negli anni successivi o a far rispettare le norme di sicurezza? Promuovere un sistema di premi per agevolare le assunzioni a tempo indeterminato (attraverso, tra l’altro, modalità poco chiare, da precisare nel contesto di regolamenti attuativi che non verranno definiti dal Consiglio regionale) significa rinunciare all’impegno per la stabilizzazione generalizzata dei contratti atipici, il cui utilizzo andrebbe seriamente disincentivato attraverso meccanismi di penalizzazione per le aziende intenzionate a farne ricorso;

- il ddl sancisce, una volta per tutte, la sostanziale privatizzazione del collocamento, grazie alla norma che prevede di garantire finanziamenti ai centri per l’impiego in grado di rispettare i principi di economicità: essa, di fatto, privilegia le agenzie di lavoro private, che da tempo utilizzano senza scrupoli i lavoratori precari, abbagliandoli con il miraggio di assunzioni che non arrivano mai. Tale norma ribadisce non solo il carattere integrato del collocamento, ma anche l’assoluta marginalità, nel contesto del sistema del collocamento, dei centri pubblici, abbandonati al ruolo insignificante in cui si trovano ora e ai quali non serviranno a nulla i limitatissimi investimenti di cui si parla;

- il ddl recepisce l’impianto strutturale della legge 30: conseguentemente la sua approvazione da parte del partito caricherà l’organizzazione della responsabilità per le gravi conseguenze che esso produrrà a breve in una realtà fortemente in crisi come la nostra regione; l’approvazione, infatti, a livello locale di norme in grado d’integrarsi con l’assetto legislativo nazionale (ispirate tra l’altro dal tanto criticato giuslavorista Treu), non può che mandare in soffitta il proposito di cancellare, nel prossimo futuro, la legge 30, per via dell’importanza che verrà attribuita ai presunti miglioramenti apportati; non è un caso che Illy abbia gia parlato di un superamento della legge nazionale redatta da Marco Biagi, con i contenuti della quale “la nuova legge sul lavoro in Friuli Venezia Giulia non è in contrasto”;

Per queste e per numerose altre ragioni (fra le quali l’accettazione, in vari passaggi del ddl, dei principi di fondo della delocalizzazione oppure gli incentivi con i quali esso punta a promuovere la continuazione dell’attività lavorativa per gli anziani) il CPR avrebbe dovuto impegnare i propri consiglieri ad opporsi fermamente all’approvazione del suddetto ddl, con l’obiettivo di evitare che venga compromessa la credibilità del partito fra i lavoratori e all’interno dei movimenti sociali in lotta contro la precarietà. I sottoscritti membri del CPR hanno presentato un odg in tal senso, che non è stato recepito ma che ha raccolto adesioni significative, a dimostrazione dell’estensione del dissenso, forte anche all’interno del gruppo stesso dei consiglieri, nei confronti dell’opportunità di proseguire la trattativa.

Contestualmente all’espressione di tale dissenso, c’impegniamo a diffondere le ragioni della nostra contrarietà, con lo scopo d’informare le iscritte e gli iscritti al partito della gravità di una scelta che ci è parsa supportata esclusivamente dall’esigenza, che continuiamo a non condividere, di non compromettere i rapporti di buon vicinato con il resto della coalizione: l’internità ad Intesa Democratica si sta rivelando sempre più una gabbia, che impedisce di fatto al partito di difendere con coerenza le proprie ragioni. Le ragioni del probabile sostegno, infatti, che il partito esprimerà nei confronti del ddl sono le stesse che motivarono, nel 1997, lo sciagurato voto favorevole del nostro gruppo parlamentare nei confronti dell’allora “pacchetto Treu”: di fronte a questo pericolo intendiamo mobilitarci, con l’obiettivo di aprire un confronto ampio su questi temi con tutte le compagne ed i compagni che non accettano di farsi ingabbiare.

Su questi temi l’ormai prossimo congresso regionale del partito non potrà non esprimersi: c’impegneremo, pertanto, affinché in quella sede venga aperta una discussione generale sulla collocazione del partito all’interno dell’attuale Giunta regionale, considerata la gravità delle divergenze emerse nella discussione su una materia che correttamente tanta parte del corpo del partito giudica decisiva.

Udine, 13 luglio 2005

Per ulteriori informazioni, siamo disponibili allo 3357033930

A nome di FalceMartello, tendenza marxista del PRC,
Gabriele Donato e Stefano Pol, membri del Comitato Politico Regionale

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