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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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ANCORA CLIMA ELETTORALE: COME CI PONIAMO

(22 Aprile 2017)

Editoriale del n. 52 di "Alternativa di Classe"

pippo civati

"Possibile" di Pippo Civati, è una delle tante espressioni di una sinistra borghese di fatto subalterna al PD.

A fine marzo è stata fissata dal Ministro dell'Interno M. Minniti la data delle prossime elezioni locali, tramite decreto: sarà l'11 di Giugno (con eventuali ballottaggi per la carica di sindaco, da tenersi poi il 25); ma il clima elettorale, pur costantemente latente, c'è sicuramente dall'esito referendario del Dicembre scorso... Certamente, nei primi giorni alcuni “neofiti” della politica ufficiale si “illudevano” che la sconfitta di M. Renzi avrebbe portato ad una scadenza ravvicinata anche per le elezioni politiche, ma questo, evidentemente, non corrispondeva agli interessi materiali del capitale e degli stessi parlamentari (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 48 a pag. 1).
Per quanto riguarda i due referendum validati, quelli su vaucher e responsabilità negli appalti, su cui la CGIL continua una campagna politica quantomeno inutile, anche se è stata formalmente fissata la data del prossimo 28 Maggio per “il voto”, il Decreto varato dal Governo Gentiloni è destinato ad eliminare tale scadenza, facendo, però, oggi figurare come “vincitore” l'impegno “riformatore” di quel sindacato, dato il (provvisorio) accantonamento dei vaucher. Una “vittoria di Pirro”, cui S. Camusso ed il resto del vertice fanno finta di credere!...
L'unica vera scadenza elettorale ravvicinata della politica ufficiale è, perciò, solo quella dell'11 Giugno (con appendice il 25), un test da tutti loro riconosciuto come importante... E' una sorta di anticipazione delle prossime elezioni politiche, ed i partiti borghesi vogliono verificare il proprio “peso reale”, valutando e confrontando le proprie percentuali di voto, fregandosene del fatto che i votanti sono in sostanziale costante diminuzione dagli anni '90, per regolarsi sui possibili aggiustamenti di linea da tenere.
Trattandosi di elezioni amministrative, le manovre di separazione ed aggregazione del ceto politico non sono omogenee dappertutto. Schematizzando, pur con le normali differenze territoriali, si assiste, sempre in “allusione” al livello nazionale, a tentativi di compattazione del centro-destra, all'agitarsi del populismo del Movimento 5 Stelle, seppure preso di mira dai “vecchi marpioni” della politica ufficiale, ed alla solita ricompattazione del centro-sinistra intorno al Partito Democratico, che, con l'ennesimo congresso, prova a rimanere il fulcro della politica della borghesia nazionale.
Le varie forze della sinistra borghese (“Possibile”, “Sinistra Italiana”, il resuscitato “PCI”, “Rifondazione Comunista”, e via di questo passo), tutte originatesi nel tempo da scissioni provenienti dal medesimo storico “troncone”, quello del Partito Comunista di Togliatti, Longo e Berlinguer, provano, con grandi difficoltà, ad allearsi tra loro per aumentare, in sostanza, il proprio potere contrattuale nei confronti del PD, che resta, comunque, “l'astro” di riferimento, da cui definire se stessi, in positivo o in negativo.
Proprio Domenica 2 Aprile è terminato il X° Congresso Nazionale del PRC-SE, tenutosi su due mozioni, delle quali le aspirazioni più “a sinistra” auspicavano, addirittura, un riavvicinamento internazionale ...ai BRICS (!). Molto triste è stato poi leggere le dichiarazioni del nuovo Segretario Nazionale, Maurizio Acerbo, sui bombardamenti americani in Siria, nelle quali si è apertamente allineato con il “Presidente” B. Assad e la Russia di V. Putin. Come se si dovesse per forza scegliere uno dei due contendenti nello scontro tra blocchi imperialisti!...
La realtà è che l'anno in cui la crisi strutturale del capitalismo ha manifestato i propri effetti nel mondo, il 2008, coincide con l'uscita della sinistra riformista dal parlamento italiano, e forse non è un caso. Già da qualche anno, infatti, l'ineffabile F. Bertinotti aveva dichiarato, peraltro con grande enfasi, che si erano “esauriti i margini del riformismo”, ma senza trarne alcuna conseguenza. Aldilà del fatto che si ritenga del tutto sbagliata tale prospettiva, oppure solamente limitata, dopo quasi dieci anni resta difficile oggi trovare ancora una ragion d'essere per quelle forze che si richiamano a quel tipo di prospettive politiche; e gli approdi risultano sempre più disastrosi.
Per quanto riguarda la sinistra di classe, o le forze che vi si richiamano, tra molte di esse pare permanere una visione che non riesce a prendere atto della realtà. A parte chi si continua a “dialettizzare” con il Movimento 5 Stelle, o con personaggi come il Sindaco di Napoli, L. De Magistris, che sta costruendo la “propria” formazione politica, si va da chi, laddove riesce, si presenta alle prossime elezioni amministrative in “Sinistra Alternativa”, un fronte che comprende anche PCI e PRC, come fa Sinistra Anticapitalista, ad esempio, a Monza, e chi, invece, insiste a presentarsi da solo in alcune città, come il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL), quest'anno con lo slogan “Rivoluzione in Comune”.
Il PCL, nel dichiarare che non sono le “poltrone” il suo interesse, afferma di cercare “voce e visibilità” per le proprie proposte politiche. Non abbiamo motivi per metterne in dubbio le intenzioni. Riteniamo, però, fermo restando il fatto che gli altri tipi di scelte elettorali finora citate siano ancora peggiori, che si tratti di valutazioni profondamente sbagliate per forze che intendono porsi su di un piano rivoluzionario...
Chiarito il fatto, scontato per dei comunisti, ma che è sempre bene ricordare, che il sistema parlamentare/elettorale è il migliore involucro politico del capitalismo, dato che mistifica la differenza di classe in una presunta uguaglianza di tutti i “cittadini”, la quale dura invece, e solo formalmente, nel giorno in cui si vota, va detto che, da comunisti, non abbiamo pregiudiziali di tipo ideologico contro una eventuale presentazione elettorale, del resto già avvenuta nella Storia. L'analisi si sposta sulle condizioni.
Innanzi tutto non si può pensare che un cambiamento in senso rivoluzionario possa derivare da un “utilizzo alternativo” del parlamento, vista la funzione da questo rivestita nell'ambito di questo sistema sociale. Ciò a maggior ragione oggi, quando le scelte del capitale sono sempre più interconnesse a livello internazionale, ed il margine decisionale dei parlamenti, siano essi transnazionali, nazionali o locali, è sempre più ridotto: sono in ballo, semmai, solo i metodi di gestione, ma non certo i contenuti.
La crisi economica, poi, così importante ed estesa, non può che coinvolgere anche il piano della sovrastruttura politica, e non interessa certo a noi cercare “soluzioni” a questa crisi, magari proponendo forme di “ingegneria istituzionale”: l'unica soluzione che ci può interessare è l'uscita da questo sistema sociale; e la via non è il parlamento!... Sempre astensionismo allora?
Certamente i margini per un utilizzo propagandistico per posizioni classiste, sia programmatiche che contingenti, sono oggettivamente ridotti dal fatto che è sempre più chiaro a molti che i poteri di tali assise si vanno ulteriormente restringendo. Ciò non toglie che non si possa ancora ad oggi escludere la possibilità di una presenza in tali organismi, per utilizzarli come amplificatori delle posizioni espresse nelle varie attività di interesse. Ma è, prima di tutto, proprio la presenza nelle attività concrete, fra i proletari, dove vivono e lottano, che va cercata la propria “visibilità”! Non ci sono scorciatoie.
Quando tale presenza passerà dal livello della testimonianza a quello effettivo e consistente, e sarà chiaro anche al di fuori di ristrette cerchie di compagni che per i comunisti lo Stato è lo “strumento per l'oppresione di una classe da parte di un'altra [da F. Engels “La guerra civile in Francia”, del 1891]”, ci si potrà porre il problema di un eventuale utilizzo del parlamento borghese come “amplificatore”, dato che non ci pare assolutamente credibile una amplificazione di mere intenzioni teoriche. Confrontando, poi, tale possibile utilizzo con gli altri strumenti che la classe potrà utilizzare, si valuterà il da farsi.
Ma non basta. Un'altra condizione importante, che, purtroppo, la frammentazione esistente non dà nemmeno spazio per considerarla, sarà quella di avere livelli organizzativi concreti, che vadano oltre i ristretti confini nazionali. Ciò permetterà di fare delle valutazioni anche per quanto riguarda eventuali utilizzi propagandistici di un qualsiasi livello politico istituzionale del nemico di classe, in un'ottica esterna alla “prigionia” in cui ci tengono nazionalismo e transnazionalismo, i quali “costringono” troppi compagni a ragionare in tali termini, veramente, oggi più di ieri, troppo ristretti.
Come il fatto di trovarsi in un Paese alleato degli USA ci porta a vedere, e giustamente, la strumentalità e la pericolosità dell'attacco imperialista USA portato alla Siria, non va mai dimenticato che l'altro contendente è un altro blocco imperialista, che mantiene sotto il proprio giogo un'altra parte del proletariato internazionale....

Alternativa di Classe

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