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LA NUOVA CAMPAGNA MILITARE DI ERDOGAN

Caccia turchi bombardano il territorio yazida di Sengal nell’Iraq del nord e le postazioni dello YPG nel Rojava

(27 Aprile 2017)

Erdogan

Dal 9 aprile abbiamo soggiornato per due settimane nel Sengal, Iraq del nord. Abbiamo indagato riguardo l’impiego illegale di armi tedesche da parte del signore della guerra kurdo Mesud Barzani, utilizzate contro la popolazione locale yazida. Appena giunti nel Sengal, uno dei primi luoghi che ci viene mostrato è il Bahce Serokati, il giardino Abdullah- Öcalan. Il monumento fu eretto in memoria dei combattenti e delle combattenti di PKK e unità di resistenza yazide caduti nella battaglia dell’autunno 2014 contro le milizie terroriste dello Stato Islamico (ISIS), caduti per impedire il genocidio della minoranza yazida.

Quel monumento non c’è più. Nella notte del 25 aprile i raid dei jet turchi hanno colpito parallelamente diversi obiettivi: Iraq del Nord, Sengal e Rojava. Distruggendo rispettivamente una base dello YPG a Karacok, due emittenti radio – una nel Rojava, l’altra nel Sengal, e bombardando le montagne di Haftanin, Gare e Kandil.

Al momento della pubblicazione di questo testo non siamo in grado determinare con precisione l’entità dell‘attacco. Certo è che ci sono morti e feriti. E certo è anche che l’attacco era da tempo prevedibile e che costituisce il preludio di una campagna di attacco via terra contro il movimento di liberazione kurdo. Nessuna sorpresa dunque: Recep Tayyip Erdogan e il suo burattino Binali Yildirim lo avevano annunciato da mesi, indicando anche la data precisa dell’azione. L’opinione pubblica internazionale, che aveva mostrato preoccupazione per gli yazidi quando si trattava di giustificare la vendita di armamenti all’Iraq, tace.

Si possono già trarre alcune considerazioni riguardo al significato dei bombardamenti.
Primo: non si tratterà di provocazioni isolate. La Turchia ammassa carrarmati al confine con l’Iraq, rinforza le truppe nella Regione Autonoma del Kurdistan nel nord dell’Iraq e schiera i collaborazionisti.

Secondo: gli attacchi favoriscono direttamente lo Stato Islamico. Poiché le Unità Kurde di Difesa del Popolo YPG/YPJ e i loro alleati sono alle prese con la liberazione della cittadina siriana Taqba, il cerchio di assedio intorno a Raqqa, capitale di Daesh, è chiuso. A Taqba si combatte pesantemente da giorni. I bombardamenti turchi aiutano lo Stato Islamico a prender fiato, perché costringono lo YPG/YPJ ad occuparsi di un nuovo fronte.

Terzo: gli USA hanno dato espresso consenso verso l’operazione, altrimenti ora dovrebbero reagire drasticamente. “Tutti sanno che è un gioco di tattica” dice a LCM l’internazionalista Serhildan Sengali da Qamishlo. “Qualche volta Washington ci fa delle concessioni, qualche volta le fa alla Turchia. Sicuramente gli USA vogliono che noi andiamo verso Raqqa. Ma non vogliono che diventiamo troppo forti. Perciò permettono alla Turchia di svolgere un certo tipo di operazioni. Entrambi (Turchia e USA, ndt) comunque vogliono eliminare Kandil.”

Quarto: la guerra a Sengal si fa con Panzer tedeschi. Le milizie del KDP (governo di Barzani, ndt) ne hanno alcuni e collaborano con Erdogan. Li hanno utilizzati il 3 marzo contro gli yazidi e lo faranno di nuovo, se Barzani non cambia schieramento o se non lo fermeranno altri partiti kurdi.

Quinto: l’attacco mostra di nuovo le conseguenze reali del “Flüchtlingsdeal” (accordo sui rifugiati stipulato da Germania e EU con la Turchia, ndt) supportato da Angela Merkel. Ankara impedisce sistematicamente ogni tentativo di ristabilire la normalità nel Sengal o nel Rojava per evitare che le persone restino o addirittura tornino dopo essere scappate dalla guerra. L’effetto degli attacchi: nuovi rifugiati.

I bombardamenti di oggi fanno prevedere per i prossimi mesi tempi difficili. Erdogan vuole rinforzare la sua dittatura all’interno così come all’esterno e il suo avversario principale è il movimento di liberazione kurdo. Erdogan ha ribadito: li vuole “annientare”. Il silenzio della stampa mondiali riguardo ai massacri nelle città di Cizre e Nusaybin (est della Turchia, ndt) dello scorso anno lo incoraggia a non avere riguardo verso le vittime civili.

articolo di Peter Schaber apparso su http://lowerclassmag.com

t.a.

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