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Che Guevara

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    Il Partito Comunista d’Italia e la direttiva del fronte unico sindacale

    Al Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista luglio-agosto 1920

    (21 Maggio 2017)

    Oggi che il panorama sindacale italiano è caratterizzato dalla presenza di organizzazioni totalmente asservite al regime borghese, che tuttavia continuano ad inquadrare, seppur fiaccamente, la maggioranza del proletariato, e da un gran numero di piccoli sindacati, quello del fronte unico proletario è un problema teorico dai cruciali risvolti pratici.
    La Sinistra, prima Frazione all’interno del PSI, in seguito alla guida del PCd’I, ha sempre chiaramente affermato che un vasto strato di proletari, inquadrati per difendersi dalle conseguenze del meccanismo capitalistico di sfruttamento, costituisce una condizione dello sbocco positivo del processo rivoluzionario. Questo affermavamo anche allora, quando la imminenza dell’eversivo moto sociale si poteva misurare a mesi, e non come oggi, quando la classe operaia è tenuta divisa dai mandarini alla guida dei maggiori organismi di difesa economica.
    Riteniamo opportuno, prima di addentrarci nello studio specifico, riproporre ai lettori alcuni passi della relazione in materia sindacale che Carlo Radek tenne nella seduta del 3 agosto 1920 del secondo Congresso del Comintern. Traduciamo dal resoconto in inglese, “Minutes of the Second Congress of the Communist International, Ninth Session”. Tutto l’organico svolgimento esplicativo della relazione meriterebbe di essere attentamente considerato dai compagni.
    Nel movimento comunista si contrapponevano allora due tesi: l’una, sostenuta dai marxisti ortodossi, della necessità di lavorare nei sindacati, anche i più reazionari, per cercare di conquistarli all’indirizzo politico comunista; l’altra, solo apparentemente più a sinistra, fautrice della fuoriuscita dagli organismi a guida socialdemocratica in vista della formazione di sindacati “rivoluzionari”. La Sinistra italiana si attestava coerentemente e saldamente sulla prima tesi e, traendone le logiche conseguenze, impostava il suo lavoro per la creazione del fronte unico sindacale.
    Sarà uno snaturamento di questa direttiva il confonderlo con un’alleanza di sedicenti partiti “operai”.
    Ecco il testo. Solo alcune affermazioni possono considerarsi di non stretta ortodossia marxista, come la Sinistra, nel commentare le Tesi del secondo Congresso, non mancherà di rilevare.
    Dalla relazione emergono alcuni punti:
    1) I sindacati sono di vitale importanza per il successo dell’opera rivoluzionaria del PC.
    2) La regola generale è unire tutto il proletariato organizzato, ovunque si trovi inquadrato, senza creare nuovi organismi sindacali.
    3) La scissione da un sindacato non più conquistabile non è certo augurabile ma non è da escludere. Il nostro attuale in Italia “fuori e contro” ha un parente nel Radek, esponente dell’Internazionale, nell’esempio americano e inglese. La relazione avanza un concetto che i comunisti devono lottare nei sindacati in generale, ed è solo nella lotta che il partito può capire se determinati sindacati possono o meno essere riconquistati alla politica di classe. Solo la storia della lotta di classe concreta può stabilire l’alternativa: dentro o fuori.

    Carlo Radek

    Carlo Radek

    Relazione in materia sindacale tenuta da Carlo Radek
    Seduta del 3 agosto 1920

    Compagni, la questione del rapporto fra la Internazionale Comunista e i sindacati è la più grave ed importante che sta davanti al nostro movimento. I sindacati sono le più grandi organizzazioni di massa della classe operaia; svolgono un ruolo decisivo nelle lotte economiche, i principali elementi di scompaginamento del capitale, e dopo la vittoria rivoluzionaria i sindacati saranno in prima linea tra le organizzazioni chiamate a lavorare alla costruzione economica del socialismo [...]

    All’inizio della guerra molti di noi pensavano che il movimento sindacale fosse finito. Molti erano del parere che i sindacati, che in precedenza avevano combattuto il capitalismo principalmente utilizzando proprie risorse, sarebbero dovuti crollare alla fine della guerra di fronte ai grandi compiti che si sarebbero imposti loro. Non meno di un compagno come Rosa Luxemburg, all’inizio della rivoluzione in Germania, era dell’opinione che i sindacati erano fuori gioco. È significativo che questa questione non abbia trovato posto nei dibattiti alla conferenza di fondazione del KPD [...]

    È certamente vero che durante la guerra la massa dei lavoratori vide il tradimento dei capi sindacali, ed in larga misura si riempì di rancore nei confronti della burocrazia sindacale [...] Ora che si trovano ad affrontare grandi lotte economiche, che sono sotto attacco a causa di un’inflazione spaventosa, a causa di difficoltà per la questione delle abitazioni e per il caos economico, i lavoratori cercano di estendere e rafforzare la propria forza in lotta. Per fare ciò non possono andare che nei sindacati, per trasformarli in grandi formazioni di massa. E lì è dove le masse stanno andando.

    È significativo che in tutti questi paesi dove non vediamo particolare accrescimento nei sindacati rivoluzionari, le masse vanno direttamente nei grandi sindacati. Per esempio gli IWW in America o i sindacalisti in Germania sono è vero cresciuti di numero, ma solo molto poco in proporzione [...]

    Sappiamo che la burocrazia sindacale, in linea con la propria prospettiva controrivoluzionaria, quale via d’uscita dalla situazione cerca sempre di escludere ogni lotta economica generalizzata [...]

    La condizione generale della classe operaia è tale per cui qualsiasi impostazione tattica riformista, di un graduale incremento nei salari reali della classe operaia, nelle sue condizioni di vita, è solamente un inganno opportunista [...]

    È chiaro in tale situazione che la tattica dei sindacati, gli obiettivi della lotta dei comunisti, non può consistere nel restauro dell’edificio del capitalismo, ma nel lavorare consapevolmente per il rovesciamento del capitale. In che modo dobbiamo condurre questa battaglia? Qui è dove spesso incontriamo, nella nostra ala “sinistra”, questa concezione: poiché è impossibile migliorare la condizione della classe operaia aumentando le paghe, è inutile combattere per questo [...] Anche se la classe operaia non è in grado di proteggersi con aumenti dei salari, rimangono valide ragioni perché non rimanga indifferente alle lotte per gli aumenti salariali [...] Anche se l’aumento dei salari non è un mezzo per risolvere la questione, è un mezzo per mantenere la abilità di lottare dei lavoratori [...]

    La classe operaia può convincersi che la situazione del capitalismo è senza speranza solo quando, spinta dalla necessità, entra in lotta e si convince nel corso di questa lotta che non c’è salvezza per essa sulla base del capitalismo. Le battaglie salariali, i cui risultati sono solamente temporanei, hanno grande importanza nella mobilitazione delle grandi masse lavoratrici per la lotta rivoluzionaria [...] Questa è la questione: le lotte parziali condurranno infine le masse lavoratrici all’attacco generale al capitalismo [...]

    Ora veniamo alla questione delle possibilità pratiche di trasformare i sindacati reazionari in istituti della rivoluzione. Nelle nostre Tesi sottoposte al Congresso lanciamo la seguente parola d’ordine come regola generale per i comunisti: entrate nei sindacati e battetevi nei grandi sindacati per conquistarli [...]

    In America e Gran Bretagna ci sono organizzazioni sindacali nei quali la burocrazia sindacale è eletta a vita. Perciò, pur mantenendo la linea generale delle nostre Tesi, dobbiamo chiamare i comunisti d’America e di Gran Bretagna a prendere in considerazione la possibilità e la necessità della formazione di nuovi sindacati in tutte le grandi organizzazioni d’America [...]

    Negli interessi del movimento operaio britannico e americano, dobbiamo evitare l’isolamento dei sindacati rivoluzionari. Dobbiamo attaccare il capitalismo non solo tramite le nuove organizzazioni, dobbiamo anche penetrare nella AFL. I compagni americani rispondono d’aver cercato di trasformare l’AFL per decenni; ma questo argomento è poco convincente. Per quanto riguarda l’AFL, siamo entrati nei sindacati con la buona intenzione di prendere immediatamente le armi; ma non vi sono qui solo elementi rivoluzionari, e non dobbiamo dimenticare che tutti quegli sforzi sono stati fatti durante un periodo di sviluppo pacifico [...]

    Se dovesse emergere dalle loro lotte che sarà necessario distruggere l’AFL, dovranno farlo. Non c’è però alcun interesse tattico che richieda di ostinarci nel rifiuto di penetrare nell’AFL. Il compito è di lavorare là ed intervenire come il fattore che unifichi tutte quelle forze che vi operano al di fuori con le forze dei lavoratori americani che sono organizzati nell’AFL e la cui arroganza aristocratica sarà infranta da tutte le sofferenze che il crollo del capitalismo porterà loro anche in America.

    Stabiliamo, pertanto, come regola generale la lotta per conquistare i sindacati [...]

    Il compito del comunismo riguardo i sindacati è molto difficile e ingrato. È qui nei sindacati che vediamo il confluire di milioni di lavoratori chiamati dalla storia a diventare l’esercito principale della rivoluzione. Essi vi giungono con tutti i loro pregiudizi, tutta la loro inerzia, tutti i loro stati d’animo mutevoli [...]

    Il Partito Comunista basa la propria linea politica sugli elementi che scaturiscono dalla società borghese. Cercheremo di trasformare i sindacati in organizzazioni di combattimento. Qualora la resistenza della burocrazia si dimostrasse più forte di quanto riteniamo, non avremo timore ad abbatterla, perché sappiamo che importante non è la forma ma la capacità dei lavoratori di organizzarsi e la loro volontà di organizzare la lotta rivoluzionaria. Entreremo nei sindacati e cercheremo di conquistarli con tutte le nostre forze, senza legarci a loro. Non permetteremo che la burocrazia sindacale ci riduca all’impotenza, e dove lottano per limitare la possibilità della nostra battaglia rivoluzionaria noi, alla testa delle masse, li cacceremo da questi sindacati. Penetriamo nelle organizzazioni sindacali, non per difenderli, ma per creare coesione tra i lavoratori, sui quali solamente possono formarsi i grandi sindacati operai della rivoluzione sociale. La cosa più importante è l’unione di due aspetti: stare con le masse, al fianco delle masse, ma nemmeno accodarci alle masse. Questa è la linea politica comunista nei sindacati [...]».

    PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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