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DISILLUSIONE , CRISI DELLA POLITICA, RAPPRESENTANZA DELLA CONDIZIONE SOCIALE

(3 Giugno 2017)

Alessandro Rosina

Alessandro Rosina

Questa la notizia (da repubblica.it):
“Addio alla "bussola" per antonomasia della politica: destra e sinistra sono parole vuote per gli elettori giovani di oggi. Addio ideologie e senso di appartenenza, com'è stato per generazioni. Lo dice il Rapporto Giovani 2017 dell'Istituto Toniolo realizzato in collaborazione con Fim Cisl: il 61,5% di un campione di 2000 persone nega qualsiasi importanza alla distinzione destra-sinistra. Questa "indifferenza" tocca il picco tra chi ha come riferimento il Movimento 5 Stelle: si arriva al 77,6%. Il no alla discriminante classica prevale comunque nell'elettorato di tutti i partiti. Solo il 16,8% dei giovani dichiara, invece, di non avere un'idea chiara su cosa rappresentino effettivamente i diversi orientamenti ideali.
Cresce lo scontento tra i giovani e aumenta anche la disillusione nei confronti della politica e della classe dirigente, ritenuta la responsabile di tutti i mali: "In Europa abbiamo la più alta percentuale di Neet (not in education, employment or training), ossia giovani non inseriti nello studio, nel lavoro o nella formazione - spiega Rosina - . Lo scenario più probabile è un voto di astensione o di protesta". I millennials sono "tripolari": c'è una parte che protesta; una che non aderisce a nessun partito e rimane lontano da tutti, in attesa di una proposta politica che parli il loro linguaggio; e una parte minoritaria, rappresentata dai giovani con i titoli di studio più alti, che cerca di essere propositiva e manifesta interesse per un partito o movimento. In una scala da 1 a 10 per esprimere il grado di vicinanza ai vari partiti-movimenti, un giovane su tre (il 34,6%) dà l'insufficienza a tutti. I 5Stelle ottengono un voto uguale o superiore al 6 dal 35,1%, il Pd dal 25,7% e la Lega dal 23,1%.”

Commento:
Si pone una domanda molto precisa: il fatto che non ci sia percezione delle fondamentali contraddizioni sociali significa che questo sono estinte?
Certamente no, questo è evidente.
Le questioni prioritarie, in questo senso, sono soprattutto due:

1) Il sistema di valori
2) La coscienza di subire il meccanismo dello sfruttamento, che non è mutato nonostante l’innovazione tecnologica e la globalizzazione che non hanno portato ad alcuna “liberazione dal lavoro”

In sostanza:
Se scendiamo più nel concreto e diamo ora uno sguardo ai comportamenti politici tenuti dalla Destra e quelli tenuti dalla Sinistra in Italia, rileviamo facilmente che la Destra considera la realtà come qualcosa di significante da decifrare, mentre la Sinistra la considera come oggetto in cui trasferire principi etici dotati di senso. Esaminiamo infatti la ricorrente disputa sull’art 18. La Destra ritiene che lo si debba cambiare perché la realtà ne impone la fluidità per rendere stabile il lavoro, la Sinistra ritiene che lo si debba mantenere perché di per sé sancisce la stabilità del lavoro come valore. Per la Destra il concetto di lavoro va collegato alla possibilità oggettiva di renderlo possibile e quindi di garantirlo in quanto utile ed efficace allo sviluppo sociale; per la Sinistra il lavoro per definizione ne richiede una certa stabilità che va salvaguardata al di là di ogni oggettiva condizione che lo renda possibile. Pur non volendo entrare in questa diaspora, possiamo da questa rilevare materiale utile per comprendere come, non tanto le differenze siano da ricercare nei valori quanto invece nelle modalità di approccio al mondo e nel programma interpretativo del mondo. Il lavoro è infatti inteso da entrambi gli schieramenti come risultato e valore sociale da perseguire.
Dopo quanto detto possiamo giungere alla seguente conclusione. La Destra oggi va intesa come disposizione verso il mondo che estrapola significati dalla realtà per governarla (lavoro flessibile come condizione per garantire la piena occupazione), la Sinistra invece va intesa come disposizione che elargisce significati alla realtà per modellarla secondo dei principi (lavoro stabile come valore da incorporare nelle relazioni industriali).
In sintesi, quindi, mentre la Destra dota la realtà di significati assumendoli soltanto in seguito come valori, la Sinistra dota di senso la realtà aggiungendovi un quid etico assunto come valore prioritario. Quid etico composto da : eguaglianza, solidarietà, visione universalistica della condizione umana e di conseguenza internazionalismo.
Un “no” secco all’homo oeconomicus.
Di conseguenza:
La sinistra, in particolare dopo lo scioglimento dei grandi partiti di massa e l’emergere di una egemonia fondata sul consumismo individualistico che si è traslata anche nei meccanismi di formazione del consenso (e di conseguenza in politica) ha abdicato al proprio compito di portare il senso etico legato alla coscienza della propria soggettiva e insieme collettiva condizione sociale come valore prioritario, irrinunciabile, non negoziabile fondato proprio su di un sistema di valori la propria identità e la propria prospettiva politica.
Identità e prospettiva politica collegati direttamente ad una progettualità di radicale cambiamento delle condizioni sociali e politiche ( il “marxiano” abolire lo stato di cose presenti).
La situazione descritta dallo studio dell’Istituto Toniolo non può essere supinamente accettata: occorre una reazione portando ai soggetti sociali che esprimono questa disillusione e questa indifferenza una capacità di costruire una coscienza del proprio essere portato all’interno di una organizzazione politica capace di esprimere lotta e di portare avanti una indispensabile funzione pedagogica.
Naturalmente in una dimensione di massa.
A questo punto però subentra anche la “questione sindacale”, il ruolo dell’organizzazione dei lavoratori di sviluppare coscienza di lotta estendendola a tutte le categorie sociali sviluppandone il senso dell’organizzazione e dell’istanza collettiva di intermediazione a tutti i livelli.
Non è il caso di dilungarci oltre: le vere “bestie nere” di chi ha eretto lo sfruttamento come propria bandiera per realizzare assieme arricchimento e sopraffazione (un binomio inscindibile) sono rappresentate come sempre dalla capacità prima di tutto culturale di saper rappresentare collettivamente e in modo organizzato la materialità della propria condizione sociale.
Una lezione da non dimenticare mai.

Franco Astengo

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