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SMONTARE IL FISCAL COMPACT: LA VELLEITARIA PROPAGANDA DEL GOVERNO ITALIANO

(9 Luglio 2017)

gentiloni alé

Cerchiamo di mettere in luce l’assoluta strumentalità elettoralistica di questa mossa del governo italiano (e della segreteria del PD) che si inserisce in quel filone di propagandismo che punta a mettere sotto il tappeto la polvere delle macerie che loro stessi hanno provocato con una politica del tutto scellerata nel corso di questi anni.

1) Notizia (pubblicata in pompa magna dall’ineffabile Repubblica a pagina 3 di oggi domenica 9 luglio 2017)
Titolo: “Il premier Gentiloni prepara la campagna d’autunno: Smontare il fiscal compact”
Secondo l’articolo il governo italiano , nell’impossibilità di evitare l’inserimento del fiscal compact nei trattati europei si prepara al sabotaggio chiedendo tutta una serie di modifiche che non è il caso di elencare in questa sede per ragioni di spazio: è sufficiente esporre il senso politico che naturalmente richiede una spiegazione di merito.

2) Di che cosa si tratta: Il Patto di bilancio europeo, formalmente Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria (conosciuto anche con l'anglicismo fiscal compact, letteralmente "patto di bilancio"), è un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 28 stati membri dell'Unione europea, per la precisione non è stato sottoscritto da Regno Unito, Croazia e Repubblica Ceca, (N.B.: al tempo della stipulazione del suddetto trattato, la Croazia non faceva ancora parte dell'UE, al contrario di Regno Unito e Repubblica Ceca). È entrato in vigore il 1º gennaio 2013.
Il patto contiene una serie di regole, chiamate "regole d'oro", che sono vincolanti nell'UE per il principio dell'equilibrio di bilancio
L'accordo prevede per i paesi contraenti, secondo i parametri di Maastricht fissati dal Trattato CE, l'inserimento, in ciascun ordinamento statale (con norme di rango costituzionale, o comunque nella legislazione nazionale ordinaria), di diverse clausole o vincoli tra le quali:
a) obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio (art. 3, c. 1)
b)obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del PIL (e superiore all'1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL)
c) significativa riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL, pari ogni anno a un ventesimo della parte eccedente il 60% del PIL
d) impegno a coordinare i piani di emissione del debito col Consiglio dell'Unione e con la Commissione europea

3) Qual è il punto cardine del fiscal compact ? vedi lettera a) del punto 2: obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio (art.3 comma 1). L’Italia, come al solito prima della classe, lo ha inserito in Costituzione all’articolo 81. Che così è stato modificato : «Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale». Si tratta del punto dal quale discendono tutti gli altri e che è stato elevato a rango costituzionale. Finché l’obbligo del pareggio di bilancio resta in Costituzione l’idea di “smontare il fiscal compact” emendandone alcuni aspetti al momento dell’inserimento nei trattati, come intendono fare il governo Gentiloni e il PD a trazione Renzi, non rimane che un velleitario tentativo propagandistico.

4) Chi votò l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione?: “Entra in Costituzione il principio del pareggio di bilancio. Il Senato ha approvato con 235 sì e 11 no e 24 astenuti il disegno di legge di riforma dell’articolo 81 della Costituzione che è legge con questa quarta e ultima lettura, prevista per le riforme costituzionali. A favore più dei 2/3 dei componenti. Così è stato evitato il “rischio” di poter indire un referendum confermativo. Tra coloro che hanno votato a favore anche il presidente del Consiglio Mario Monti (che, come noto, è senatore a vita e quindi ha diritto di voto). “Un voto importante – ha detto all’uscita dall’aula di Palazzo Madama – Bisognava esserci e c’ero”.
Il via libera definitivo è arrivato da oltre i due terzi degli aventi diritto (il quorum era di 214 su 321) necessari per evitare il ricorso al referendum: confermativo. Hanno votato a favore i gruppi: Pdl, Pd, e il Terzo Polo (Udc, Fli e Api)”

5) A Sinistra si sono sviluppati due livelli di opposizione al Fiscal Compact. Il primo diciamo così interno comunque alla logica europeista risolto con una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare richiedente l’abrogazione su due punti importanti: l'eliminazione del principio del pareggio di bilancio e la salvaguardia dei diritti fondamentali nelle politiche di bilancio. Questa la notizia fornita a suo tempo “ C'è tempo per firmare fino alla fine di aprile del 2015. Obiettivo: raccogliere almeno 50 mila firme. Si possono scaricare i moduli e i materiali da qui.
Si è costituito un comitato promotore, presieduto da Stefano Rodotà, cui hanno aderito, tra gli altri, il giurista Gaetano Azzariti (estensore del testo), il leader della Fiom Maurizio Landini, la presidente dell'Arci Francesca Chiavacci, il presidente della Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, i portavoce di Sbilanciamoci Grazia Naletto e Andrea Baranes, il portavoce della Rete della conoscenza Alberto Campailla, il presidente della Comunità di Capodarco Don Vinicio Albanesi e molte personalità politiche tra cui Pippo Civati, Alfonso Gianni, Giorgio Airaudo, Stefano Fassina, Walter Tocci. Tra le prime firme quelle di Susanna Camusso e Padre Alex Zanotelli”
L’altro livello di opposizione a sinistra si colloca coerentemente e da tempo fuori dal quadro di riferimento europeo e nel quadro di un determinato anti – liberismo ed è rappresentato dal movimento di Eurostop, costituitosi pochi giorni or sono, che raccoglie sindacati di base, economisti, esponenti dell’opposizione sociale sulla base di questa piattaforma: I punti dirimenti per l’adesione sono quelli definiti all’inizio del suo percorso: “Eurostop si batte per l’abbandono dell’Euro e la rottura della UE e della NATO, passaggio indispensabile per rovesciare le politiche di austerità e la globalizzazione liberista che hanno distrutto diritti e conquiste sociali di decenni in Europa e ora minacciano la democrazia e le costituzioni antifasciste. La rottura è altresì necessaria per fermare la politica di guerra permanente scatenata dagli USA e dai loro principali alleati”.
La scelta sulla rottura dell’Unione Europea resta dunque quella decisiva da cui discende il programma politico e il programma d’azione. “Le lotte ed i movimenti sociali non hanno mai assunto coerentemente sinora questi tre NO, a EURO -UE -NATO, a volte dandoli per scontati come premessa o come conseguenza dei conflitti, ma senza mai dichiararli apertamente. Questa rimozione, in alcuni casi diventata un vero e proprio tabù, ha reso più deboli tutte le domande sociali di fronte ai ricatti e alle minacce del potere” è scritto nel documento politico che definisce identità e programma di Eurostop e rivendica l’Ital/Exit dalla gabbia Ue/Euro/Nato come passaggio ineludibile per il cambiamento politico e sociale del paese.

6) E’ necessario , infine, che siano chiare le responsabilità e le strumentalizzazioni. Buona parte dei ministri del governo Gentiloni votarono l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio addirittura in Costituzione e nessun atto concreto in opposizione fu compiuto dal governo Letta e da quello Renzi.
7) Infine, ancora una volta, con questa sparata si resta all’interno del quadro liberista perché si punta, in ogni caso, ad alleggerire il costo del lavoro dalla parte dei padroni e non certo a sviluppare investimenti in grado di produrre nuovo lavoro produttivo.

Franco Astengo

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