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2 AGOSTO 1980, STRAGE DI BOLOGNA: MEMORIA E ANALISI

(2 Agosto 2017)

Gherardo Colombo

Gherardo Colombo

Non lasceremo trascorrere anche questo 2 agosto 2017 senza rinnovare il ricordo della tragica strage della Stazione di Bologna: quell’esplosione tremenda, quell’orologio fermo alle 10,25 del mattino, quelle vittime ignare colpite dal fulmine nel crocevia delle vacanze.

Sarà come per tanti altri fatti della storia d’Italia più recente, che non intendiamo far cadere nell’oblio: fatti che ci ricordano il doppio stato, i segreti, i misteri che hanno reso la nostra democrazia, quella scritta nella Costituzione Repubblicana, monca, distorta, lontana dai reali bisogni delle grandi masse.

Qualche anno fa la dichiarazione più provocatoria, a proposito di quel fatto venne proprio da lui, dal Maestro Venerabile, da Licio Gelli in persona: “Si è trattato di un mozzicone di sigaretta, la bomba non è mai stata trovata”.

Una frase che rappresenta l’impunità del “doppio Stato” o della “tela di ragno” (come la definì Flamigni, a proposito del delitto Moro).

Il “doppio Stato” come elemento di continuità e snodo fondamentale dell’intera storia del nostro Paese.

Correva l’anno 1980, l’anno nel quale fu messa alla prova la democrazia e che si concluse con i 35 giorni alla Fiat e la marcia dei cosiddetti “quarantamila”.

In quel 1980 si mise in evidenza, almeno agli occhi degli osservatori più attenti ma inascoltati, non tanto il “ritorno” al terrorismo fascista (che pure si era verificato) ma l’esigenza di una “teoria politica del terrorismo” che, almeno da Piazza della Fontana in avanti, aveva rappresentato uno degli elementi costitutivi della gestione del potere nel nostro Paese.

Furono svolti alcuni tentativi di analisi in questa direzione, di collegamento tra il terrorismo stragista di evidente matrice “nera”, i servizi segreti, la massoneria occulta della quale la Loggia P2 appariva come l’espressione più evidente .

Il 1980, sempre per cercare di non dimenticare, fu anche l’anno in cui Gherardo Colombo scoprì gli elenchi di Castiglion Fibiocchi che comprendevano anche le prove del collegamento tra P2 e Mafia, attraverso logge coperte siciliane provviste anche di diramazioni nel Ponente Ligure: tanto per ricordare che, quanto alla mafia al nord, nessuno ha scoperto nulla di nuovo.

Altri denunciarono il fatto che, in quella direzione, non si fosse mai svolta una valutazione di fondo: il Centro di Riforma dello Stato, diretto da Pietro Ingrao, convocò un convegno su questo tema, proprio ad Arezzo; alcuni coraggiosi tentarono analisi anche in sede locale.

Intanto che le indagini sulla strage marcavano il passo.

Qualcuno rispose che sarebbe stata sufficiente la riforma dei servizi segreti e che una collocazione diversa della sinistra nel quadro politico (c’erano già stati il “governo delle astensioni” e la “solidarietà nazionale”) avrebbe rappresentato un’ulteriore garanzia per il successo dell’operazione di riforma che tendeva a cambiare il modo di agire d’interi pezzi dello stato.

Il tarlo della “governabilità” ad ogni costo stava già corrodendo pezzi della sinistra italiana, fino a farla esplodere nel momento della cancellazione dei grandi partiti di massa, trasformati in comitati elettorali sempre più ristretti dal punto di vista del radicamento sociale.

Comunque secondo questo tipo di valutazioni minimaliste, il terrorismo nero, cui si era accompagnato quel tipo di attività dei cosiddetti “servizi di sicurezza” era ormai in declino, se non addirittura in via di estinzione.

Di fronte a questa sconcertante analisi che pure, a sinistra, ebbe piena cittadinanza al punto da essere maggioritaria all’interno degli apparati di partito, si replicò – pur nel rischio di rimanere profeti inascoltati – al riguardo della necessità di vedere lo stragismo attraverso una nuova lente, da parte di una sinistra istituzionalmente matura e capace finalmente di leggere lo spessore del meccanismo statuale.

Rimase quindi inascoltata l’analisi che individuava un “meccanismo degli apparati” capace di riprodurre abilmente se stesso attraverso l’espansione dei corpi separati nella logica dell’opacità permanente del potere.

La sinistra sulla base di un’analisi corretta (che pure fu sviluppate ma non tenuta in conto nelle sedi dove si elaborava la linea politica) avrebbe dovuto promuovere un’idea di riforma dello Stato da realizzarsi non certo attraverso una serie di “elemosine riformistiche”, ma realizzando ma lavorando per una trasformazione radicale del quadro politico nella logica dell’alternativa contrapposta a quella dell’alternanza.

Al centro, insomma, doveva ritornare, secondo questa ipotesi, il tema della “volontà politica”.

Ciò non avvenne, per molteplici ragioni che non ho qui lo spazio per analizzare e che comunque riguardano l’intero corso della storia d’Italia.

Abbiamo così assistito – da quel fatidico 2 agosto 1980 – al realizzarsi progressivo di quel meccanismo di autoritarismo, negazione della democrazia, affermazione di poteri occulti contenuti proprio nel documento sulla “Rinascita Nazionale” elaborato nel 1975, proprio dalla Loggia P2 di Licio Gelli.

E oggi quel documento pare trovare piena e compiuta applicazione: nella realtà economico – sociale, nell’informazione, nell’architettura delle istituzioni laddove (nonostante l’esito del referendum del 4 dicembre 2016) si sta ancora lavorando oscuramente per cancellare l’idea di repubblica parlamentare.

Serve quindi la memoria.

Servono la memoria e l’analisi.

L’ analisi di ciò che è stato allora rispetto alla realtà del nostro sistema politico e di ciò che sta avvenendo .

Vale la pena ogni volta che si scende alla stazione di Bologna, fermarsi a leggere i nomi scolpiti nella lapide che ricorda quel tragico giorno: un utile esercizio della memoria di un momento fondamentale nella storia d’Italia, non soltanto di tragedia per le famiglie delle vittime ma di dramma ver e profondo per la qualità della nostra democrazia

Franco Astengo

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