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Proposta per una sinistra veronese.

La politica veronese, le prospettive del centrosinistra.

(22 Luglio 2005)

Cari compagni care compagne,
il documento allegato è frutto della discussione prima della segreteria provinciale del PRC poi del Comitato Politico Federale che lo ha discusso e approvato.

Vuole essere il contributo dei compagni e delle compagne di Rifondazione Comunista per il rilancio dell'azione della sinistra a Verona.

Le nostre analisi sulla situazionepolitica, il contributo su alcuni temi nodali per le condizioni di vita nella nostra provincia sono a disposizione di chiunque, partito -associazione-persona, voglia confrontarsi e contribuire al rilancio di una presenza di sinistra - che non si esaurisce ovviamente nel PRC - di cui avvertiamo un grande bisogno.

Il 5 settembre, in uno specifico dibattito alla FestainRosso - Festa di Liberazione ci confronteremo su questi temi con Nadir Welponer, DS - Carlo Melegari, Cestim - Giorgio Massignan, Italia Nostra - Chiara Stella, Donne Città Futura e naturalmente con tutti/e coloro che vorranno partecipare.

Siamo a disposizione per iniziative di confronto sui temi contenuti nel documento.

Fraterni saluti

Renato Peretti, segretario provinciale del PRC



PROPOSTA PER UNA SINISTRA VERONESE.

La politica veronese, le prospettive del centrosinistra.
Per una proposta di alternativa, per un percorso partecipato.


La situazione politica del centrosinistra veronese desta particolari preoccupazioni.

Ci troviamo di fronte ad un progetto che ha anticipato l’evento di Venezia e l’operazione centrista-moderata che la Margherita di Rutelli sta, ora, perseguendo a livello nazionale.

Anzi l’esperienza del comune di Verona, ma anche quella di Venezia, appaiono sempre più quali prove pratiche di ricerca e di sperimentazione della risposta moderata da offrire alla crisi del centrodestra anche a costo di una chiusura o rottura a sinistra.

Nonostante la convergenza al centro sia già fallita una volta con la lista Sironi, l’amministrazione comunale si colloca sempre più in continuità con l’esperienza passata tanto che l’assessore al bilancio di prima può ricoprire lo stesso incarico anche nella nuova giunta e nel PRUSST, pur non cambiando la sostanza delle cose, si possono tranquillamente invertire i ruoli per cui chi prima era contrario ora diventa favorevole e chi favorevole, contrario.

La giunta Zanotto, priva di una chiara strategia, versa in un evidente stato di difficoltà tanto da rischiare di non riuscire a trovare le risposte che i problemi impongono.

Spiccata appare inoltre la vocazione all’auto marginalizzazione della sinistra veronese.

La storica collocazione moderata della Camera del Lavoro, i risultati del congresso dei DS dove contrariamente alla volta precedente si è assistito allo scontro tutto interno alla maggioranza finito con l’elezione di un segretario di mediazione ed estraneo alla storia del PCI e con il ridimensionamento della parte più combattiva, ma risultata minoritaria, testimoniano della mutazione profonda di questo partito e della compatibilità della sinistra storica al progetto di governo neoliberista propugnato dai poteri economici-forti della città. La corporazione delle grandi e piccole banche, gli speculatori edili, la Confindustria, la stessa Curia hanno lavorato e lavorano per un progetto di governo che escluda la destra impresentabile della precedente amministrazioni, ma che lasci mano libera ai grandi interessi imprenditoriali.

Rispetto a questo progetto l’attuale maggioranza del comune di Verona risulta perfettamente funzionale e di questo tenore è la proposta politica concretizzatasi tanto a Legnago che a Villafranca.
In sostanza l’operazione prevede l’esclusione del PRC dall’alleanza di governo, l’assunzione subordinata dei DS e dei Verdi, l’apertura a componenti o singoli soggetti che rappresentino l’area moderata e centrista.

E’ un progetto pericoloso e perdente, che mantiene orientato a destra l’asse politico e programmatico, che fa riferimento sempre agli stessi settori sociali e continua ad escludere quelli popolari ed in particolare quelli relativi al mondo del lavoro.

Anche l’esito dei referendum sulla legge sulla procreazione assistita deve far riflettere.

Ancora una volta si è registrata una netta differenza tra città e provincia ed una larga adesione alla proposta conformista e moderata dell’astensione.

Nel caso, ha trovato convergenza tanto la forte espressione della gerarchia cattolica che il diffuso sentire areligioso e lontano dalla politica ormai assai diffuso anche nella nostra realtà.

Positiva, pur se degna di miglio esito, è risultata invece l’esperienza all’interno del comitato promotore dove abbiamo lavorato assieme ad altre forze politiche, associazioni gruppi, operatori della salute e personalità della scienza veronese.
Di fronte a questa situazione ci poniamo il problema di affrontare non solo il tema della nostra difficile collocazione ma, e non potrebbe essere altrimenti, anche l’esigenza di una proposta, di un progetto che possa essere terreno di confronto con quell’area di singoli, di associazioni, di partiti ed organizzazioni che nella nostra città e provincia rappresentano storicamente la sinistra.
Siamo consapevoli che in questo percorso dovremo intercettare aree politiche e culturali che non sono identificabili semplicemente come “sinistra”, a partire dalle variegate espressioni del radicalismo cattolico, e che con l’area della sinistra tradizionale probabilmente sarà più facile interloquire con settori particolari o singoli soggetti.

Per definire i termini del nostro progetto possiamo indicarlo come il tentativo di ricostruzione di un ambito di confronto politico, culturale, di iniziativa per la sinistra veronese e di rilancio, di riqualificazione dell’Unione come progetto di alternativa politica ed istituzionale.

Le due cose camminano insieme e non ci sarà un vero progetto di alternativa credibile e partecipato se la sinistra non se ne farà carico dando il suo contributo come percorso e qualità programmatica.

Questo documento vuole essere una prima riflessione per una proposta di confronto, è una proposta aperta a contributi di metodo e di programma, una prima maniera per incominciare una riflessione non più rinviabile.

A che punto è il progetto unitario e il confronto fra le forze politiche del centrosinistra?

L’Unione praticamente non è ancora partita eppure qualcuno già la usa a sproposito per improbabili autocandidature. I rapporti tra le forze politiche sono sporadici ed occasionali e, nella confusione di ruoli, si equivocano gli scenari con l’ambito comunale di solito prevalente rispetto a quello provinciale, regionale o nazionale.

Eppure i soggetti interessati non sono gli stessi.

Al comune continua l’esclusione di Rifondazione Comunista che invece è, a pieno titolo, inserita agli altri livelli politici ed istituzionali.

L’amministrazione comunale ha fatto di tutto per dare peso e riconoscimenti ai rappresentanti moderati e l’ex sindaco Sironi è ancora ritenuta interlocutrice privilegiata pur non avendo molti titoli per esserlo. Le liste civiche mantengono come riferimento il risultato elettorale conseguito al comune di Verona anche se il loro peso, nelle altre consultazioni, è stato ampiamente ridimensionato.

Non c’è rapporto con le liste minori e pare sempre che tutte le questioni siano un affare privato tra Margherita e DS che spesso intersecano i livelli confondendo FED, Ulivo ed Unione.

A tutti è chiaro che il punto di maggior debolezza è rappresentato dalla provincia dove si è consumata tanto la sconfitta delle provinciali che delle regionali, ma nessuno è in grado di garantire un minimo di operatività e di relazione come le esperienze per le recenti elezioni comunali hanno ampiamente dimostrato.
Insomma il confronto politico è reso difficilmente praticabile e la strada per costruire qualche prospettiva per il futuro è piuttosto accidentata.

E’ per questo che diventa indispensabile riprendere le fila dei ragionamenti e delineare subito il campo d’intervento.

Il primo nodo che dobbiamo affrontare è quello della democrazia e della rappresentanza. Dobbiamo rivendicare che i processi di costruzione delle alleanze e di definizione dei programmi, a tutti i livelli, siano il risultato di un grande percorso di partecipazione e di coinvolgimento di persone, di soggetti politici e movimenti presenti nelle varie realtà.

Dobbiamo richiedere che sia costituito un tavolo provinciale e che questo sia promotore di comitati dell’Unione e di iniziative su tutto il territorio provinciale, comune per comune, circoscrizione per circoscrizione.
L’altro nodo centrale è quello della definizione e della condivisione del programma.

I risultati delle elezioni nella nostra regione ci dicono che nelle realtà dove più pesante è stato il morso della crisi, dove maggiore è stato l’attacco alle condizioni di lavoro, al salario all’occupazione, lì abbiamo registrato i peggiori risultati per il PRC e per il centrosinistra e più rilevante è stata la crescita del consenso alla Lega o alla lista di Panto.
Davanti a questa deriva moderata o la sinistra si candida a coprire un ruolo chiaro ed esplicito di alternativa di programma e di società, oppure è destinata alla subalternità e all’emarginazione.

E’ per questo che indichiamo alcuni ambiti di confronto importanti, ma che non possono essere né completi né unici.

Di sicuro ci sono temi di carattere generale come la pace, i diritti, la cittadinanza, il rispetto delle minoranze e la cultura delle differenze che non possono essere messi in secondo piano e rispetto ai quali è giusto fare riferimento alle elaborazioni già in tante occasioni ribadite e che anche qui riconfermiamo, ma ci sono questioni più particolari e che proviamo a richiamare in maniera un po’ più specifica.

La prima delle questioni: il lavoro.

La crisi neoliberista dopo la sbornia delle privatizzazioni, dell’illusione di trovare facili ricchezze attraverso la speculazione finanziaria, delle mancate innovazioni produttive e della politica del piccolo è bello, ci ha privato di qualsiasi ruolo nei rami strategici, ci rende esposti sul versante della concorrenza con i paesi dal bassissimo costo del lavoro e ci ha portato sull’orlo del baratro della recessione.

La divisione internazionale del lavoro e l’incapacità dell’imprenditoria nazionale di competere sulla qualità del prodotto ci penalizza, ma è proprio il modello veneto, basato su scarsa qualificazione, bassi salari ed alto sfruttamento, il primo a non reggere il confronto e ad esporci al rischio di finire con un territorio devastato e con la precarietà e l’insicurezza sociale assunte a sistema.

Da noi pesa ancor di più che a livello nazionale la mancanza di un progetto di sviluppo industriale che affronti il devastante processo di deindustrializzazione in atto, il nodo del rilancio dell’industria manifatturiera, della competizione di qualità e della ricerca.

La questione del lavoro ormai completamente destrutturata da flessibilità e precariato, rischia di segnare in maniera fortissima vaste aree delle nuove generazioni e tutti quanti sono colpiti dai processi di ristrutturazione e di delocalizzazione.

Non è aumentata la disoccupazione, ma è sensibilmente peggiorata la qualità del lavoro.

E’ rinato il caporalato che si consuma attraverso le cooperative che affittano il lavoro e le varie agenzie di lavoro interinale. Da qui è ripartita la disumanizzazione dei lavoratori, la separazione tra salario e qualità della vita, tra precarietà ed esclusione sociale, tra tessuto solidale e frammentazione individuale.

A questo punto diventa prioritaria la difesa dell’occupazione contrattualmente protetta ancora esistente, la lotta contro i finanziamenti pubblici alle aziende che delocalizzano, la richiesta di un salario di cittadinanza a sostegno delle fasce di lavoratori, soprattutto giovani, vittime del precariato e della flessibilità e l’elaborazione di un progetto di selezione degli investimenti pubblici per orientare le risorse disponibili verso le produzioni di qualità, la ricerca e l’università al fine di creare posti di lavoro sicuri e ben retribuiti; di come cioè il pubblico può rendere competitivo il sistema.

Sul tema avvertiamo il più sconcertante silenzio da parte del centrosinistra nella nostra regione ed a livello veronese. Dopo essere stati per anni inutili estimatori del modello veneto, senza coglierne i limiti di prospettiva e i devastanti costi sociali ed ambientali, registriamo la loro incapacità a liberarsi dai vincoli ideologici e culturali che li vedono subordinati alla logica del mercato come unico strumento di governo dell’economia. A Verona ancor più notiamo il vuoto nelle prospettive economiche della città e il ”polo finanziario” ci sembra poca cosa nella marea di crisi aziendali che sta attanagliando la nostra provincia.

Siamo convinti che la base di qualunque ricomposizione sociale e territoriale passi dalla definizione di un progetto di sviluppo economico che proponga forti elementi di solidarietà e inclusione sociale, di valorizzazione del lavoro, di tutela e valorizzazione ambientale; che non ci possa essere ricollocazione dell’attività imprenditoriale che non sia fondata sulla sicurezza sociale per le persone.

In mancanza di ciò è destinata ad affermarsi la truffa della Lega, un atteggiamento a parole protezionista, per il blocco delle delocalizzazioni, i dazi sulle importazioni ed il ritorno alla lira, per poi lavorare sul mai abbandonato progetto di totale liberismo delle condizioni di lavoro, di quelle salariali e la tutela sociale differenziata per gli immigrati.

Le comunità migranti, un nodo politico culturale amministrativo

La questione dell’immigrazione, a cui ormai sono affidati interi settori produttivi, si impone in maniera puntuale e precisa.

Qui oltre al precariato si insinua in modo preponderante il lavoro nero e, di conseguenza, lo sfruttamento ed il mancato riconoscimento anche dei diritti più elementari.

La legge Bossi-Fini al di là dal regolamentare i flussi migratori è diventata la fabbrica della clandestinità e la maniera per assicurare manodopera sotto costo e al di fuori di ogni garanzia contrattuale.

I migranti, così, sono indispensabili per l’economia, ma rimangono senza diritti ed una volta ultimato il turno di lavoro sono senza casa e spesso costretti a vivere in condizioni estreme e carenti se non prive anche dei servizi fondamentali.

Forte è divenuta la loro presenza in alcuni quartieri recuperandoli dall’abbandono, ma nel contempo dando origine a pesanti situazioni di sovraffollamento cioè ad alte concentrazioni di persone obbligate, soprattutto dagli speculativi costi degli alloggi, in appartamenti sottodimensionati ed a volte già nemmeno abitabili.

Se l’abrogazione della legge Bossi-Fini deve diventare un irrinunciabile punto del programma di governo dell’Unione, l’estensione del diritto di elettorato attivo e passivo, a cominciare dalle circoscrizioni, per i migranti in regola col permesso di soggiorno, deve essere un nostro obiettivo irrinunciabile.

Per tutti gli altri occorre rivendicare una marcata politica di accoglienza e di inserimento degna di questo nome ed in modo da bandire le scelte discriminatorie e le manifestazioni razziste.

L’emergenza casa.

Il problema della casa non colpisce solo i migranti, tanto che, nella nostra realtà, è diventato una vera e propria emergenza.

I proprietari di casa sono diminuiti in percentuale e sono aumentati gli sfratti per morosità divenendo il 70% del totale.

Sono segni evidenti delle difficoltà che molte famiglie incontrano per arrivare alla fine del mese, tanto da non riuscire nemmeno a sostenere le spese dell’alloggio.

E’ la fascia a rischio di povertà che si sta allargando in maniera preoccupante e tocca ormai il 10% dell’intera popolazione.

I più colpiti sono gli anziani soli e le famiglie monoreddito che non hanno protezione davanti all’aumento del costo della vita.

Dal mercato della casa sono escluse pure le giovani coppie principalmente a causa delle precarie condizioni lavorative a cui sono sottoposte e che non garantiscono loro le minime risorse necessarie per affrontare il mercato immobiliare.

La questione più emblematica a questo proposito è la contemporanea presenza di sfrattati, di bisognosi di case e di appartamenti sfitti e volutamente sottratti al mercato dell’alloggio.

E’ una situazione del tutto inaccettabile rispetto alla quale servono urgenti interventi dei comuni in modo da superare in fretta l’attuale scandalosa situazione.

La ripresa dell’intervento pubblico nella costruzione e nel reperimento di nuovi alloggi e lo sviluppo dell’edilizia economico popolare sono misure non più rinviabili.

Al proposito l’attivazione di Ater ed Agec diventano indispensabili, mentre siamo contrari alla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico che, nella situazione attuale, significa solo un complessivo arretramento della presenza pubblica davanti all’emergenza casa.

La sanità.

Siamo di fronte ad un grande progetto della destra, a livello nazionale e regionale.

E’ il progetto già sperimentato in Lombardia e teorizzato nei documenti varati dalla precedente amministrazione regionale. E’ il progetto di liberalizzare la sanità, trasferendone settori sempre più rilevanti al privato scaricando l’aumento dei costi sulle famiglie e peggiorando complessivamente il servizio.

La conquista della gestione sanitaria regionale da parte della Lega non cambia la prospettiva e la gestione Tosi si ripropone in linea con il modello Gava.

La prospettiva della privatizzazione è ulteriormente accentuata nella nostra provincia dove ad una Ulss prevalentemente gestita da privati, la 21, dove si stanno chiudendo esclusivamente strutture ospedaliere pubbliche, si aggiunge quella di una grande realtà ospedaliera privata nella 20 (l’ospedale di Don Verzè a Lavagno) e il ridimensionamento dell’Azienda Ospedaliera di Verona.
Ai tagli delle strutture ospedaliere pubbliche, alla privatizzazione di comparti e di ospedali, corrisponde il progressivo svuotamento dei distretti territoriali, della prevenzione, delle attività riabilitative.

Il declino di una sanità di eccellenza, come era ed in alcuni settori rimane quella veneta, sembra ormai senza ritorno. A questo si aggiunga l’inevitabile aumento dei costi ( vedi le prestazioni private) e l’aumento progressivo della quota di “compartecipazione” scaricato sugli utenti.
La difesa e lo sviluppo della sanità pubblica rappresenta, per tanto, un versante importantissimo.

La salute non è merce, ma un diritto ed occorre quindi recuperare le risorse necessarie per garantire a tutti un servizio sanitario di qualità abolendo il prelievo forzoso dell’aliquota regionale e l’intollerabile tassa dei ticket che esclude ormai le categorie più deboli anche dalle prestazioni più ordinarie.

Ciò non si realizza solo con insediamenti ospedalieri adeguati, ma occorre lavorare per ottenere la riduzione delle liste di attesa per le visite specialistiche che spesso raggiungono livelli inaccettabili.

Da questo punto di vista la vera sfida è il presidio del territorio con strutture che rispondano alla richiesta di prestazioni che altrimenti non possono che finire per intasare i pronto soccorso.

Occorre riprendere a ragionare sulla prevenzione ormai da anni abbandonata e la cui carenza è divenuta la vera causa delle difficoltà in cui versa la sanità nella nostra regione.

La recente nomina dell’assessore Tosi della Lega Nord in un settore così importante per tutti i cittadini impone la massima attenzione perché se è vero che ogni assessore deve essere giudicato per le scelte che andrà ad attuare, qui siamo in presenza di un forte rischio che la struttura sanitaria possa essere usata anche per sostenere scelte discriminatorie e contrarie a qualsiasi etica della salute vista come diritto universale di tutte le persone.

I servizi, difendere un patrimonio pubblico, garantire qualità e bassi costi

Il tema dei servizi resta decisamente centrale a partire da quelli alla persona che vanno meglio qualificati e sviluppati come l’assistenza domiciliare e gli interventi nei confronti di quanti sono affetti dalle nuove malattie degenerative.

La situazione in cui versano i malati di Alzheimer, gli anziani non autosufficienti, in generale le categorie di cittadini disabili è grave. Va data risposta alla domanda di diritti che viene da queste persone e va combattuta la scelta di scaricarne sulle famiglie i costi economici e sociali.

In questo ambito è ora di fare un bilancio del funzionamento del rapporto con il privato-sociale e di superare l’indiscriminato ricorso a cooperative non in grado di garantire la qualità della prestazioni.

Visti i costi e l’estensione dell’intervento, sono maturi i tempi affinché i comuni intervengano con proprie agenzie di servizi alle persone, di natura pubblica e magari consociate, in modo da garantire interventi di qualità ed economicità di gestione.

Occorre cioè puntare a fare in modo che la solidarietà si affermi come “virtù civica”, come connotato del modo di essere di ogni cittadino che appartiene ad una comunità che accoglie, include e supera le paure e diviene caratteristica dell’appartenenza.
Con molta attenzione va posta la questione delle risorse disponibili come il territorio, l’acqua e l’aria.

Sono beni essenziali ed oggi è diventata forte la percezione che sono risorse da tutelare.

Anzi è stato proprio il loro indiscriminato utilizzo a produrre gli attuali disequilibri ed a generare uno scambio tra potere e consenso. La politica e l’economia, strette come sono tra interessi contrapposti, fino ad ora non si sono dimostrate capaci di garantirne un corretto uso e di assicurarne la tutela.

E’ per questo che i servizi essenziali vanno mantenuti nell’ambito pubblico

Acqua e rifiuti.

Per l’acqua è necessario arrivare ad un soggetto pubblico di dimensioni provinciali che tolga questo bene essenziale da ogni logica speculativa e ne garantisca l’accesso, alle medesime condizioni, a tutti i cittadini.

Per i rifiuti, occorre prima di tutto lavorare per ridurne la produzione a cominciare dagli imballaggi, favorendo il riuso ed il riciclo ed incentivando il recupero.

L’estensione e la generalizzazione della raccolta differenziata diventa una sfida importante ed ormai ben accolta anche dalla cittadinanza.

In questo settore ci sono le condizioni per lo sviluppo della presenza pubblica non solo nel trasporto, ma anche nel trattamento dei rifiuti nella logica di una filiera operativa che sottragga il settore da tentazioni speculative attivate da imprese che operano nella prospettiva della privatizzazione dei servizi.

Occorre ragionare nella logica ormai consolidata voluta dal decreto Ronchi verso il superamento delle discariche ed a favore dell’incentivazione dei processi di termovalorizzazione a garanzia ambientale ed i cui costi però devono essere contenuti e più accessibili di quanto non siano oggi.

Per la realtà veronese va superata la situazione di Cà del Bue, il cui impianto è già costato molto caro alla collettività e senza aver raggiunto livelli apprezzabili di funzionamento.

La conclusione dell’annosa vertenza con Ansaldo, pone le condizioni per lavorare all’adeguamento della struttura alle esigenze.

Su questo versante, non è più rinviabile il pieno coinvolgimento dei soggetti comunali interessati come AGSM ed AMIA.

Energia

Per l’energia, pur in presenza della liberalizzazione recentemente imposte dalla legislazione nazionale, occorre salvaguardare il patrimonio pubblico di conoscenze ed infrastrutture rappresentato dalle ex municipalizzate che non possono finire sul mercato del privato in un’ottica unicamente finanziaria che può risolvere la questione del bilancio, ma le snatura rendendole inutilizzabili quali strumenti per l’attuazione di una seria politica sul versante della risposta ai bisogni della cittadinanza.

Mobilità e gestione del territorio.

Trasporti

Anche il tema dei trasporti merita specifica attenzione.

Non c’è alternativa alla diversificazione dei modi di trasporto in maniera da diminuire il traffico privato su gomma, responsabile degli intasamenti delle nostre strade e del sempre più marcato inquinamento dell’aria.

Percorsi sicuri per i pedoni, adeguata rete di piste ciclabili, ma anche potenziamento e sviluppo del trasporto pubblico a partire dall’unificazione tra AMT ed APTV sono scelte obbligate.

Interventi di questa natura si fondano principalmente sulla loro diretta interconnessione per cui hanno bisogno di adeguati parcheggi scambiatori e di strutture portanti come le metropolitane di superficie e sistemi tipo la tramvia sui quali non si può perdere la scommessa. La questione della tramvia a Verona assume poi valore dirimente per quanto riguarda la visione stessa della città e l’uso del centro storico e si pone come elemento di conflitto all’interno del centrosinistra.

Nello stesso tempo vanno attuati i processi di riduzione del traffico nei centri storici ed è da contrastare l’idea che solo nuove infrastrutture di alto impatto ambientale, come le nuove superstrade o autostrade e la TAV, possano risolvere le attuali situazioni critiche.

La tutela del territorio

Forte è infatti il rischio che davanti a spese enormi e ad irrecuperabili devastazioni territoriali ci si trovi poi con i problemi aumentati piuttosto che risolti.

Ne va da sé che la gestione del territorio diventa, di conseguenza, un’ulteriore sfida di massima importanza.

L’incontrollata estensione del costruito oltre a pregiudicare importanti fette di territorio, determina un generale stato di degrado e di indeterminato disordine urbanistico difficilmente recuperabili.

La logica della speculazione fondiaria è ancora molto forte per cui non è difficile incontrare costruzioni di tipo industriale disseminate ovunque ben oltre le esigenze produttive.

Il governo del territorio, attraverso una seria e trasparente programmazione che non perda mai di vista l’insieme, che determini il giusto equilibrio tra aree utilizzate ed agricole, che sia centrato più sul recupero dell’esistente piuttosto che sull’espansione, che valorizzi il verde, che contemperi le esigenze produttive con quelle residenziali, direzionali e commerciali non è solo un’esigenza a cui rispondere, ma anche una sfida da cogliere e valorizzare.

La partecipazione e la democrazia diventano caratteristiche fondamentali di uno sforzo che ponga al centro il pubblico interesse e la promozione del bene comune.

Molti sono ancora i temi in cui una visione di sinistra può e deve essere caratterizzata.
Basta ricordare le tematiche giovanili con spazi e luoghi di ritrovo, di sperimentazione, di auto organizzazione, ma anche di possibilità di semplice espressione di sensibilità e capacità.

C’è la scuola, da garantire pubblica ed aperta a tutti, luogo di incontro, di formazione e di crescita di consapevolezza sociale oltre che di conoscenze. Luogo privilegiato di protagonismo giovanile che incomincia a rapportarsi con la realtà esistente che non può ritornare ad essere il mero strumento della selezione di classe.

Serve una visione sull’economia, che analizzi e sappia leggere i fenomeni dei settori fondamentali.

Dall’agricoltura con le sue produzioni di qualità ed il rapporto tra prezzo al dettaglio e quello alla produzione. C’è da favorire la diversificazione delle culture, da valorizzare quelle autoctone e quelle dalla provenienza certificata. C’è da sostenere quella biologica e quella di garanzia contro le modificazioni genetiche.

C’è il problema industriale e della trasformazione.

Non perché dobbiamo insegnare ai padroni del vapore come riorganizzarsi, ma perché risulta del tutto irrazionale puntare al superamento di un settore così importante e decisivo proprio ora che ritorna la centralità della produzione quale elemento fondamentale per la creazione di ricchezza e di posti di lavoro.

Certo c’è un enorme problema ambientale e di utilizzo delle risorse, ma da tempo abbiamo imparato a non farci incastrare dalla contraddizione lavoro/ambiente.

Vogliamo lavorazioni non inquinanti, di qualità e verso le quali sia possibile una riconversione dell’attuale sistema produttivo.

Neanche il terziario può essere l’unico orizzonte praticabile.

Negli ultimi anni ha avuto un incremento notevole e ha molti settori di particolare pregio.

Il sistema finanziario e bancario si sta sviluppando a macchia d’olio e sta anche sempre più condizionando l’intero tessuto sociale.

Per molti aspetti sta estendendo il suo potere tanto da condizionare le scelte delle amministrazioni locali come è avvenuto a Verona in occasione dell’approvazione del polo finanziario.

Ma la nostra bussola deve rimanere ben orientata verso le condizioni di vita dei ceti sociali più deboli, della qualità della vita nei quartieri, della riqualificazione delle periferie.

La morsa del carovita si fa sempre più stringente e colpisce strati sociali, fino a poco tempo fa, inimmaginabili.

Risposte nel controllo dei prezzi, per evitare speculazioni ed offrire opportunità di acquisto a condizioni controllate deve diventare una strada da sperimentare e percorrere.

Tanti sono quindi gli interventi necessari per qualificare un intervento ed una proposta che non può essere solo di principio, ma deve trovare obbligatoriamente delle conseguenti traduzioni pratiche.

Lo sforzo fatto, senza pretese esaustive, è un contributo nel senso indicato ed una maniera, speriamo positiva, per aprire il confronto.

Verona 4 luglio 2005

FEDERAZIONE PROVINCIALE DI VERONA
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
prcverona@libero.it

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