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Mercenari di Berlusconi

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(28 Febbraio 2011) Enzo Apicella
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Italia: sulla vicenda Voucher

Proponendo i loro referendum i sindacati di regime tradiscono la lotta di classe ed ancora una volta abbandonano i precari

(2 Agosto 2017)

Da il Partito Comunista N. 384, luglio-agosto 2017

voucher 2

Nel numero scorso abbiamo riportato vari dati sui voucher, abrogati in questa primavera dal governo Gentiloni. Abbiamo visto come questa forma di pagamento della forza lavoro sia stata introdotta nel 2003, dal secondo governo Berlusconi, e nel corso degli anni, in perfetta continuità al di sopra dei governi e delle legislature, la possibilità di farne ricorso sia stata ampliata, consentendone una considerevole diffusione.

Il Jobs Act del governo Renzi – approvato il 3 dicembre 2014 – l’ha ancora peggiorata, tra cui con l’innalzamento del tetto massimo percepibile dal singolo lavoratore da 5 a 7 mila euro netti in un anno.

La Cgil non proclamò nemmeno un’ora di sciopero per cercare di impedire l’approvazione di quella nuova riforma del lavoro, ma solo otto ore il 12 dicembre 2014, cioè 9 giorni dopo che la legge era stata approvata dal parlamento: più in basso di così quanto ad ipocrisia e nullità nell’azione sindacale è davvero difficile immaginare.

Poi, per cercar di far dimenticare di non aver fatto nulla contro il Jobs Act, il Direttivo Nazionale Cgil del 18 febbraio 2015 decise, con grande impegno propagandistico della sua macchina organizzativa, di raccogliere le firme per promuovere tre referendum abrogativi ed una proposta di legge d’iniziativa popolare denominata “Carta dei diritti universali del lavoro”, presentata come un nuovo “Statuto dei lavoratori e delle lavoratrici”.

Così lo commentammo sul n.379 di questo giornale nell’articolo “L’opposizione di facciata della Fiom spalleggia il corporativismo della Cgil: 8 anni di tradimento degli interessi operai”, nel capitoletto “Trappole democratiche” (http://www­.international-communist-party­.org/Partito­/Parti379­.htm#Fiom):

«Il ricorso al metodo del referendum popolare e a quello legislativo è fumo negli occhi. Ciò che la Cgil non ha voluto difendere sul piano della lotta di classe, non lo conquisterà certo con questi mezzi, pieni di inghippi e trappole, in cui la forza operaia è sostituita dalla conta delle opinioni dei cittadini, dei membri di tutte le classi, o dai voti dei parlamentari. Quando sono chiamati a votare su questioni che riguardano i lavoratori i membri di tutte le classi e strati sociali, che campano tanto meglio quanto più è sfruttata la classe operaia, la vittoria padronale è garantita (...)
«Una eventuale proposta di legge popolare deve naturalmente essere approvata e non si capisce come lo stesso parlamento che – al di sopra dei governi e delle legislature – esegue gli ordini della borghesia nazionale e internazionale producendo le più nefaste leggi antioperaie, dovrebbe licenziare una proposta di legge se non dopo averla cambiata rendendola favorevole agli interessi padronali. Lo stesso per i referendum abrogativi: cancellano gli articoli di una legge, ma il vuoto che lasciano deve poi essere riempito dall’opera legislativa dei governi e dei parlamenti borghesi. Quindi, quand’anche si raccolga il numero sufficiente di firme, impiegando a questo scopo energie che dovrebbero essere utilizzate per organizzare la lotta di classe; quand’anche la borghese Corte Costituzionale e la borghese Cassazione approvino i quesiti referendari; quand’anche si raggiunga il cosiddetto quorum; quand’anche infine si riesca a vincere l’influenza che i potentissimi mezzi d’informazione borghesi hanno sulla rimbecillitissima opinione pubblica, orientandola a votare contro l’interesse della classe dominante, nemmeno nel caso in cui si verifichi questa remota ipotesi è possibile il raggiungimento dell’obiettivo favorevole alla classe lavoratrice».

Dentro la Cgil l’iniziativa referendaria e legislativa fu accolta con favore dalla sua maggiore corrente di sinistra, quella denominatasi all’indomani dell’ultimo congresso “Democrazia e Lavoro”, ed ha condotto al suo ricompattamento con la maggioranza, manifestatosi in occasione della prima Assemblea Generale della Cgil – il nuovo organismo sindacale istituito con la V Conferenza d’Organizzazione Cgil – svoltasi nel settembre 2016. Nicola Nicolosi, coordinatore nazionale di quell’area, così commentò: «[Con] la scelta di proporre una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare sulla “Carta dei Diritti universali” e tre Referendum sul lavoro contro le scelte scellerate del governo del Partito Democratico e del suo segretario Renzi alleato di Alfano, hanno cambiato lo scenario (...) la CGIL recupera il suo ruolo di protagonista nella vita politica e sociale del Paese» (“Progetto Lavoro” n.20, settembre 2016).

S’è visto infatti il grande successo dell’iniziativa! Dei tre referendum il più importante, quello riguardante l’art.18, è stato bocciato dalla Cassazione, per l’evidente inadeguatezza del testo referendario proposto, e ha dato il via libera solo a quelli sulla “responsabilità solidale negli appalti” e a quello sui voucher.

Il Governo aveva fissato la data del voto al 28 maggio 2017 ma, come noto, il 21 aprile il Parlamento ha convertito in legge un decreto del Governo che ha abrogato le leggi sottoposte a referendum, facendoli decadere. Il 27 maggio, il giorno prima della data in cui i referendum si sarebbero dovuti svolgere, alla Camera, in Commissione Bilancio, i voucher sono stati reintrodotti sotto altra veste, provocando la “reazione” della Cgil. La Camusso così ha commentato: «Il Governo e il Parlamento non hanno abrogato i voucher ma i referendum (...) un Parlamento ed un Governo che in 35 giorni votano una legge e poi il suo contrario, minano la loro credibilità ed autorevolezza e la stessa fiducia nelle Istituzioni (...) La Cgil nella sua storia si è sempre battuta per difendere la democrazia e le sue regole, perché in quella difesa, c’è la difesa della libertà nel lavoro, la cittadinanza del lavoro».

La Camusso ha ragione e noi, che sappiamo come la classe lavoratrice possa difendersi solo con la forza dello sciopero, non possiamo che vedere con favore il fatto che la classe dominante mini la fiducia dei lavoratori negli ingannevoli strumenti democratici messi lì bell’apposta per evitare che essi prendano la strada della lotta.

Invece per i bonzi sindacali non conta il rapporto di forza tra proletariato e capitale, che prevederebbe la dura opera di organizzazione e mobilitazione di classe, lo sciopero e l’azione diretta dei lavoratori. Basta raccogliere un’adesione ideale di opinione, un po’ di firme e chiedere la consultazione popolare. Chi decide sarebbe il sovrano “consenso popolare”, la nazione intera arbitro della contesa fra lavoratori e capitale. Sarà, è vero, un po’ arduo convincere il borghese, il padrone, lo sbirro, il prete, il bottegaio, il proprietario fondiario, tutte quelle classi sociali che compongono il popolo e che vivono sulle spalle dell’unica classe che lavora, a rinunciare ad una parte dei profitti per salvaguardare le condizioni degli operai. Ma questa è la democrazia.

Vediamo ora la nuova legge che ha reintrodotto i voucher.

Prevede due forme di lavoro occasionale: una denominata Libretto Famiglia, l’altra Contratto di Prestazione Occasionale.

Ogni persona fisica o azienda non può superare il limite di 5.000 € annuali per la totalità di lavoratori. Il lavoratore non può superare quello di 2.500 € con il medesimo committente e di 5.000 € complessivi.

Possono fare ricorso a prestazioni di lavoro occasionali tramite Libretto Famiglia le persone fisiche, non nell’esercizio dell’attività professionale o d’impresa, per lavori domestici, inclusi il giardinaggio, la pulizia o la manutenzione, l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità, l’insegnamento privato supplementare.

Il prezzo orario di questi lavori è fissato in € 10,00 così suddiviso: € 8,00 per il compenso al lavoratore; € 1,65 per la contribuzione alla Gestione separata INPS; € 0,25 per il premio assicurativo INAIL; € 0,10 per il finanziamento degli oneri di gestione.

Il compenso al lavoratore è superiore di 50 centesimi rispetto ai vecchi voucher. Su questo punto la sinistra borghese, compresi alcuni esponenti della CGIL, si sono scagliati contro perché prima dell’uscita della legge si vociferava un compenso di € 10 netti al lavoratore. Evidentemente i cigiellini non hanno neanche letto la loro proposta Carta dei diritti “universali”: infatti il Libretto Famiglia pressoché ricalca il loro articoli 80 e 81 e prevede la paga oraria di € 7,50, come i vecchi voucher. Ipocrisia senza confini.

Invece al Contratto di Prestazione Occasionale possono fare ricorso professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori, associazioni, fondazioni ed altri enti di natura privata nonché, e forse è questa la novità più importante, le amministrazioni pubbliche. La misura del compenso netto è fissata a € 9,00 per ogni ora (€ 1,50 più di quanto rivendicato dalla Cgil!) per minimo 4 ore giornaliere. Sono a carico del committente € 2,97 per l’INPS e € 0,32 per l’INAIL. Sui versamenti complessivi effettuati dal committente sono dovuti gli oneri di gestione della prestazione di lavoro occasionale e dell’erogazione del compenso al prestatore nella misura dell’1,0%.

I voucher, su pressione di Confagricoltura, vennero estesi alla raccolta nei campi, ma, come si evince nella tabella pubblicata nel numero scorso, mentre negli altri settori si è avuta una impennata del ricorso a questa forma di pagamento, in agricoltura dal 2011 al 2015 l’utilizzo non è cresciuto. Cosa hanno quindi pensato di fare con questa nuova legge? Abbassare la paga oraria! Nel settore agricolo il compenso minimo orario sarà uguale all’importo della retribuzione oraria stabilita dal contratto collettivo nazionale degli operai agricoli e florovivaisti, che ne prevede tre, a seconda dell’Area, la qualifica, del lavoratore. Area 1: € 7,57; area 2: € 6,94; area 3: € 6,52. La paga massima sarà pressoché uguale ai vecchi voucher, quella intermedia del 9% inferiore e quella più bassa del 14%.

Con questa legge quindi sconfitta è la classe operaia mentre tanti sono i vincitori.

All’Inps è stata regalata una entrata economica con le commissioni per la gestione attraverso il suo portale, oltre una buona dose di liquidità. Infatti il committente compra le ore all’INPS e questa verserà al lavoratore l’importo dovuto il 15 del mese successivo. Nel caso la prestazione sia svolta a cavallo di due mesi, ad esempio i giorni 30, 31 luglio e 1 agosto, il malcapitato percepirà il pagamento il 15 settembre. Inoltre il pagamento verrà effettuato con bonifico bancario e se il lavoratore non ha un conto corrente, cosa frequente per gli immigrati, potrà riscuotere il dovuto ad uno sportello postale decurtato di € 2,60.

Alla piccola borghesia è stata ridata questa forma contrattuale più comoda ed economica per retribuire i suoi domestici. Invece il Contratto di Prestazione Occasionale è più restrittivo nel lavoro privato rispetto ai vecchi voucher limitandone l’utilizzo alle aziende con massimo 5 lavoratori assunti a tempo indeterminato; inoltre, ne sono stati esclusi alcuni settori come l’edilizia, le cave, l’escavazione, etc.

Dove invece è stato introdotto questo nuovo tipo di contratto è la pubblica amministrazione. Ciò aiuterà la macchina statale borghese ad evitare ulteriormente assunzioni a tempo indeterminato e allargherà il solco fra i sempre più vecchi lavoratori stabili ed i pochi giovani precari.

Insomma, un ulteriore passo in avanti verso il lavoro precario, che non è stato fermato con gli strumenti democratici del referendum e della legge d’iniziativa popolare proposti dalla Cgil, e che poteva esserlo solo con la lotta, con l’arma dello sciopero. Così il regime borghese si sta apprestando a colpire ulteriormente con un nuovo intervento legislativo, com’è stato per i precedenti, con l’assenso dei sindacati di regime.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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