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Tiburtino III: il Pc di Rizzo si schiera (finalmente) contro le provocazioni fasciste ai danni dei rifugiati

(9 Settembre 2017)

rizziani contro la guerra tra poveri

Da giorni il quartiere Tiburtino III - storico insediamento popolare della periferia est della capitale - è oggetto di attenzione da parte dei media, in virtù della tensione creatasi attorno al centro per i rifugiati di Via del Frantoio, gestito dalla Croce Rossa. Quella che è un'offensiva portata avanti da gruppi di chiara matrice neofascista, anticipata dall'accurata diffusione di menzogne, è stata presentata da diversi organi d'informazione come una "rivolta di popolo". Contro questo clima, segnato dall'attivismo dell'estrema destra come dalla spinta a disinformare da parte di parecchi giornalisti, si sta impegnando il Nodo Territoriale Tiburtina, che ha anche scritto una lettera aperta agli abitanti del Tiburtino III, della Tiburtina e di tutta la città, invitando alla partecipazione ad un'assemblea che si terrà il 12 settembre presso il circolo Arci Concetto Marchesi di Via del Frantoio 9b. In realtà, la stessa sede, il giorno prima, dalle ore 18.00 alle 21.00, ospiterà un altro momento di confronto pubblico, significativamente intitolato Nessuna guerra tra poveri a Tiburtino III e promosso dal Partito Comunista, la formazione politica guidata da Marco Rizzo. Si tratta di un evento probabilmente separato (non sappiamo sino a che punto chi lo organizza si stia dialettizzando con il già citato Nodo Territoriale Tiburtina), ma comunque da segnalare. Perché sembra andare nella direzione giusta, rappresentando forse una piccola svolta nell'agire dell'agguerrito partito affiliato al KKE (Partito Comunista di Grecia). Sin qui, soprattutto per bocca del suo Segretario, il PC non si è mai più di tanto esposto sul tema immigrazione, se non per ribadire di essere contrario ai discorsi romantici che - attorno a questo argomento - vengono svolti dai radical chic. In astratto, il discorso di Rizzo potrebbe avere una sua validità, solo che la spinta a "smarcarsi" dal radicalismo "salottiero" o da un verbo genericamente umanitario, più che all'elaborazione di un discorso classista ha portato spesso ad un atteggiamento scarsamente solidale nei confronti degli immigrati soggetti ad aggressioni fisiche o anche a massicce campagne mediatiche di stampo razzista. Il primo dirigente del PC, nel parlare giustamente della spinta del capitale a fare degli immigrati un esercito di riserva, impiegato per abbassare il costo della forza-lavoro, si è spesso dimenticato di citare una rilevante contro-spinta. Che è quella legata ai tanti immigrati presenti nelle manifestazioni concrete della lotta di classe, spesso nel segno della rottura completa rispetto alla volontà padronale: l'esempio dei facchini della logistica è il più pregnante in tal senso.
Ora, non sappiamo se l'assemblea di dopodomani sarà il primo passo verso una nuovo modo di affrontare una questione così urgente, ma di sicuro ci sembra muovere da presupposti condivisibili. Nel comunicato di convocazione si parte sottolineando che in questi "anni la presenza di poche decine di rifugiati non ha creato alcun problema al quartiere". Del resto, ragionando più a monte, "la causa della crisi non sono gli immigrati, vittime anch'essi di questo sistema". Non è presso di loro che vanno cercate "le responsabilità della disoccupazione, della precarietà del peggioramento delle condizioni salariali e di vita, dell'assenza di servizi nelle periferie, dei problemi abitativi": tutte queste problematiche chiamano invece in causa "i grandi gruppi economici che determinano le politiche dei governi". Ma per fortuna i discorsi razzistoidi veicolati dai media, tendenti a trasformare immigrati e rifugiati in un capro espiatorio, al Tiburtino III non hanno avuto successo: "la maggioranza" dei suoi abitanti "non ha abboccato ai tentativi dei fascisti e non si è fatta strumentalizzare".
Valorizzando questo atteggiamento lucido, che invalida gli sforzi congiunti di giornalacci e squastristi, il Pc si propone di fare un passo ulteriore: quello di convocare un'assemblea "aperta e popolare", per discutere "insieme al quartiere" su "come affrontare questa situazione", scongiurando una "guerra tra poveri che serve solo a chi governa e ai grandi poteri economici, per distrarci dalle lotte reali". Che dire, tutto sottoscrivibile: sarebbe bello se questo passaggio assembleare diventasse un tassello di quell'impegnativo riscatto delle disastrate periferie romane che passa anche per l'individuazione dei veri nemici di chi subisce da anni una condizione di costante precarizzazione delle condizioni di lavoro e/o di vita.

Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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