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Egitto. Per quanto ancora?

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(29 Luglio 2013) Enzo Apicella

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CONTRO IL G7 NON SOLO LE PROTESTE!

(22 Settembre 2017)

Editoriale del n. 57 di "Alternativa di Classe"

manifattura digitale

Nato negli anni '70 come un Forum per coordinare le politiche economico-finanziarie dei “Grandi della Terra” dopo il crollo del sistema “di Bretton Woods” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno V n. 53 a pag. 1), anche se nella sostanza l'obiettivo fondante non è mai cambiato, il “G7 - Gruppo dei 7” (prima avviato con solo quattro “Alleati atlantici”: USA, Regno Unito, Francia e Germania Ovest, e poi formalizzato proprio come “G7” nel 1986) è divenuto nel tempo un Vertice sulla “sicurezza internazionale”, che si è riunito periodicamente.
Con il crollo dell'URSS e della “cortina di ferro”, la Russia era stata progressivamente avvicinata fino all'inclusione nel '97 con il “Meeting” di Denver, ma, con il consolidarsi della nuova alleanza dei “BRICS” e la graduale nascita del “G20”, più largo ed inclusivo, il G7 è tornato a rappresentare “gli Alleati” in versione moderna. Ne fanno parte, infatti, oggi anche Italia, Canada e Giappone, oltre che, come “invitati permanenti”, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la UE. La Russia, di per sé poco “interessante” dal punto di vista finanziario per l'Occidente, oltre che uno dei pilastri dei “BRICS”, ne è stata formalmente esclusa nel 2014 “per la crisi ucraina”, cogliendone l'occasione.
La presidenza del G7 viene tenuta dal Paese ospitante, che quest'anno è l'Italia. Secondo i calcoli del PD, la “riforma istituzionale”, sottoposta a referendum a Dicembre '16, avrebbe dovuto, infatti, farla ben figurare tra gli imperialismi alleati. L'esito referendario, invece, ha dovuto invertire il rapporto di “causalità”: è stata, così, proprio la Presidenza italiana a giustificare formalmente l'ennesimo governo PD, questa volta a cura di Gentiloni (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 48 a pag. 1).
Preceduto da quattro “summit tematici” in diverse città, il 26 e 27 Maggio il Vertice, vista la emergenza” della “questione migranti”, si è tenuto, non a caso, in Sicilia, a Taormina, dove la compattazione è avvenuta sui temi del terrorismo e dell'approccio securitario alla immigrazione, oltre che nella comune condanna alla Russia in Crimea, ad Assad in Siria ed alla Corea del Nord; in pratica, tutti insieme contro l'alleanza imperialista rivale dei BRICS!
Ma il vero clou, anche se solo formale, dato che la sostanza viene trattata negli incontri preparatori e gli affari trattati “a latere”, negli incontri bilaterali, com'è sempre in queste grandi kermesse (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 45 a pag. 10), sarà rappresentato dagli incontri previsti a Torino dal 26 Settembre al 1 Ottobre, visto che dovrebbero riguardare, nell'ordine, industria/i.c.t., scienza e lavoro: praticamente, nell'ottica imperialista, gli attuali temi dello “sviluppo”... Seguiranno poi i summit sulla agricoltura, a Bergamo a metà ottobre, e sulla salute, a Milano il 5 e 6 Novembre, a promuovere, rispettivamente, gli specifici business dall'agro-industria e delle multinazionali dei farmaci.
Sede degli incontri di fine mese dovrebbe essere la sfarzosa cornice della reggia di Venaria, in provincia di Torino, per garantire lo stile di rappresentanza, che “conviene” in casi del genere. Dal punto di vista dei contenuti, grande spazio lo occuperanno le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, le i.c.t., insieme alle altre “tecnologie innovative”, sulle quali l'Occidente sta puntando nell'ennesima ristrutturazione produttiva in corso, dato il vantaggio relativo ancora ricoperto in questi campi rispetto alle “economie emergenti”, a partire dai BRICS. Un'idea di questo gap la dà la classifica sull'indice di globalizzazione delle i.c.t., stilata nel 2014: mentre il Regno Unito detiene il primato, la Cina (con la migliore “performance” tra i BRICS), che pure oggi sta cercando “di correre ai ripari”, occupava solo il 12° posto, “addirittura” subito dietro all'Italia!...
Industria, scienza e lavoro costituiscono proprio i tre campi da sviluppare nell'ottica della “industry 4.0”, della cosiddetta “Quarta rivoluzione industriale”. Dalla prima, di fine '700, legata all'introduzione delle macchine a vapore e del carbone come combustibile, alla seconda, di fine '800, legata al motore a scoppio ed alla elettricità, con il petrolio come combustibile, alla terza, iniziata nell'ultimo dopoguerra, con l'astronautica e l'informatica, con l'energia atomica come nuovo combustibile, ora, negli anni 2000, si starebbe passando a questa “Quarta”.
Anche se il primo Piano organico, quello USA, è stato presentato solo nel 2012, dopo la “strategia nazionale”, varata dal governo tedesco, il vero precursore mondiale, nel 2011, i primi passi sono stati fatti rapidamente. L'obiettivo, in sintesi, è quello di sviluppare la “manifattura digitale”, cioè il mettere in relazione nel ciclo produttivo industriale, attraverso “sistemi avanzati”, l'utilizzo dei principali effetti informatici, come la robotica e la stampa tridimensionale, con i “mega-dati (big data)”, i servizi di archivio informatici (“cloud”) e le strategie di “sicurezza” (“security”), a partire dalla logistica, fino ai clienti.
Il concetto di fondo, che viene enunciato come una “personalizzazione dei prodotti”, attraverso il “collegamento in tempo reale di oggetti, macchine e persone”, è, in realtà quello di passare da una produzione, che nella fase imperialista sta già condizionando in modo determinante i mercati, ma che mantiene ancora un distacco tra domanda ed offerta, ad un metodo “globale” che, sulla base di studi integrati sui mega-dati, soprattutto quelli delle propensioni al consumo, indirizzi i mercati stessi ad assorbire produzioni sempre più ritagliate sui profili programmati per il futuro del consumo, standardizzandolo a livello planetario.
Attraverso questa “via obbligata” per il capitale, esso vuole tagliare i tempi (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 45 a pag. 4), legando più strettamente i servizi alla produzione nella “catena del valore”, e recuperare “efficienza e produttività”, per “rilanciare” competitività e profitti. Richiedendo integrazioni sempre maggiori, la “produzione digitalizzata”, che necessita del contributo di Stati nazionali, università e centri di ricerca scientifica e tecnologica, è funzionale alla diffusione del partenariato pubblico-privato, che andrà a modificare lo stesso ruolo dello Stato e delle altre sovrastrutture.
Anche se nel 2015 sono partiti anche i Piani di Cina ed India, sono ancora le potenze dell'Occidente a dettare le tempistiche di questo “sviluppo”, dando il via a nuovi rapporti nei servizi digitalizzati. Gli USA, in questo senso, stanno insidiando la tradizionale supremazia europea nel campo dei servizi e del commercio, con studi sui dati di consumo informatizzati, per indirizzare a produzioni mirate “ad alto valore aggiunto”. E' vero, perciò, che se gli acquisti digitali possono essere oggi più comodi e convenienti per i consumatori proletari, permettono l'immenso business dei “big data”, mentre lo stesso affidamento generalizzato di sempre più dati personali ai “social network” lavora per lo sviluppo della ormai famigerata “industria 4.0”.
Continua, in questo modo, la ricerca, sempre più pervasiva, da parte del capitale, di nuovi ambiti di autovalorizzazione, nel tentativo di rilanciare il saggio di profitto. Sono sempre gli USA, che stanno cercando di adeguare alla aumentata velocità delle transazioni finanziarie, l'unico modo attuale per garantire remunerazioni ad alti livelli su quel piano, le stesse decisioni di business aziendale, utilizzando la nuova “produzione digitalizzata”. Tutto ciò si traduce sempre più, per gli operai, in trasformazione del loro lavoro vivo, con un aumento del “saggio di sfruttamento”, in informatica e robotica, che si traducono, a loro volta, anche in più raffinati metodi di controllo. Tali metodi possono giungere, nonostante le democratiche, e peraltro utili, leggi “sulla privacy”, fino ad una “discreta” e selettiva sorveglianza, e non solo tramite “l'intelligenza artificiale” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IV n. 45 a pag. 4).
Anche se in Italia esiste un relativo ritardo sul tema, che, più che per le modalità previste dal recente Piano, deriva da motivi strutturali della composizione del capitale nazionale, risulta insufficiente il modo frettoloso con cui alcuni compagni analizzano gli effetti dell'introduzione della “industria 4.0”, arrivando perfino a negarne il contenuto innovativo, ed individuandone solo, in modo liquidatorio, l'aspetto, pur reale, del nuovo sfruttamento sul posto di lavoro. Davvero molte sono le implicazioni di questo processo, che è “epocale”, anche se, ovviamente, non va a modificare il fondamentale rapporto tra capitale e lavoro. Ma, proprio perché epocale, si tratta di un processo che va indagato a fondo, rifuggendo da atteggiamenti sia di acritica adesione, che di mero ed antistorico rifiuto. Si tratta certamente di conoscerlo e studiarlo, per ricavare i nuovi termini in cui si sta andando ad esprimere la contraddizione di classe nel prossimo futuro.
Per contestare il summit torinese è nata l'aggregazione del “ResetG7”, che ha indetto, con la Assemblea di movimento del 10 u. s., “seminari, manifestazioni di piazza e cortei”, culminanti nelle iniziative nei giorni che vanno dal 28 al 30 Settembre. Le “forze antagoniste” intendono utilizzare l'interesse mediatico sulle passerelle torinesi di lorsignori, per mostrare al mondo la loro “...poca fiducia sul fatto che dal vertice di Venaria possano uscire soluzioni che aiutino a risolvere (sic!) il problema della disoccupazione e della precarietà...”. Naturalmente, da parte dei media e dei politicanti istituzionali, al fine di allontanare qualsiasi eventuale benevolenza verso i protestatari da parte della opinione pubblica, non si fa che paventare incidenti e “problemi per l'ordine pubblico”, tanto “caro” al Ministro Minniti.
Riteniamo certamente giusto il manifestare, quanto riteniamo positiva la partecipazione del sindacalismo conflittuale e di parte del movimento per la casa alle iniziative in programma. Anche se non ci pare sufficiente il mobilitarsi in prossimità temporale con il Vertice: rappresenta ormai il rituale di tutti i vertici internazionali, ampiamente previsto e preventivamente neutralizzato, oltre al fatto che, in questi termini, interessa poco i lavoratori ed i proletari in genere... Se poi i promotori definiscono come “retorica” sia l'innovazione, che la stessa “industria 4.0”, dimostrano davvero di essere lontani dalle questioni che oggettivamente riguardano il lavoro nel mondo.
Ed il ritardo tecnologico e programmatico dell'Italia nel campo non può essere, in questo senso, un alibi, ma, al massimo, può rappresentare “l'attenuante” per la diffusa perdente ottica nazionale nell'approcciare i problemi posti alla classe dallo sviluppo capitalistico. Non si tratta, insomma, di proporre al mondo o, peggio, allo stesso “G7”, “soluzioni alternative”, che poi non potrebbero che essere recepite dal capitale, in questo caso quello Occidentale, e trasformate, se “convenienti”, verso il suo interesse, ma soprattutto di conoscere e capire come il capitale ed i suoi politicanti intendono procedere, per individuare le condizioni migliori in cui muoversi nei vari campi per perseguire gli interessi contrapposti della classe nella lotta.

Alternativa di Classe

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