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L'ombra nera

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(20 Agosto 2012) Enzo Apicella
E' morto ieri il disoccupato Angelo di Carlo, che si era dato fuoco per protesta 8 giorni fa davanti a Montecitorio

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Crisi Safilo: difendere con la lotta ogni posto di lavoro!

(1 Giugno 2005)

La crisi industriale continua a colpire. Dopo la Fiat e l’Alitalia sempre più numerose sono le crisi anche nel Nordest: De Longhi, Burgo, Ermolli, Seima elettronica, Caffaro: ora è il turno della Safilo group, multinazionale dell’occhialeria.

Il piano di riorganizzazione, per ora solo prospettato dall’azienda, prevede la chiusura di 3 dei sette stabilimenti presenti sul territorio nazionale: quello di Calalzo di Cadore (BL) che occupa 249 addetti e in provincia di Udine, quelli di Coseano e Ronchis, che occupano rispettivamente 145 e 90 addetti. A ciò si aggiunge il mancato rinnovo dei contratti a termine e interinali e il ricorso alla Cassa Integrazione per quanto riguarda gli altri due stabilimenti friulani, Martignacco e Precenicco.

Le motivazioni presentate dalla proprietà a giustificazione di tale progetto sono la maggiore competitività, efficienza produttiva e la necessità di dare al gruppo una buona collocazione sul mercato della borsa: il risultato di questo riassetto finanziario sarà lasciare per strada centinaia di donne, precari e intere famiglie di lavoratori. La linea del gruppo è chiara quanto la scelta di mantenere tutto più riservato e confuso possibile per evitare “danni d’immagine” e, sopratutto, l’ eventuale reazione dei lavoratori. Per questo motivo il gruppo non hanno presentato un chiaro e dettagliato progetto industriale.

E’ un piano che prevede solo tagli al personale, chiusure di stabilimenti e un futuro di precarietà per tutti i dipendenti SAFILO. Ne più ne meno di un LIFTING organizzativo sulle spalle di tutti i lavoratori, operai ed impiegati!

La possibilità di ricollocarsi nel territorio è pressoché nulla visto l’andamento negativo dell’occupazione in Regione: -0,7% anche questo trimestre e il futuro è sempre meno roseo.

I vari LORENZON e TABACCHI di concerto con le BANCHE, piangono “lacrime di coccodrillo” per motivare tale piano: perché non spiegano come mai, dopo anni e anni di profitti (basta guardare i bilanci dell’azienda!), ora devono far pagare le loro scelte ai lavoratori?

Di fronte a queste prospettive è necessaria l’unità e la compattezza dei lavoratori.

La SAFILO pensa di utilizzare la vecchia tecnica del “dividi et impera”, mettendo gli uni contro gli altri in un’assurda guerra tra poveri, facendo credere che se alcuni stabilimenti chiudono, per gli altri la sorte sarà diversa.

Ma l’esperienza ci insegna che non è così.

Per la De Longhi la delocalizzazione doveva essere limitata solo allo stabilimento di Ampezzo, mentre oggi anche nel resto degli stabilimenti veneti la situazione é altrettanto critica.

Purtroppo la risposta dei sindacati non è stata pronta e risoluta: a parte il rifiuto della firma della CIG per gli stabilimenti di Precenicco e Martignacco, non si è ancora organizzato un piano di lotta per dire No alla chiusura e il possibile sciopero di 8 ore è stato rimandato a dopo l’incontro fra azienda e sindacati previsto per il primo giugno, invece che proclamarlo in concomitanza con l’astensione dal lavoro e la mobilitazione nel bellunese prevista per il 31 maggio!

La recente lotta alla SMALTI di Modena, coinvolta in un tentativo di ristrutturazione simile a quello SAFILO, ha dimostrato le potenzialità della lotta dura e compatta:

- per costringere la proprietà alla trattativa è stata organizzata la CASSA DI RESISTENZA, un sostegno economico concreto ai lavoratori che scioperano e che permette di informare tutto il territorio della lotta in corso;

- l’articolazione di un pacchetto ore di lotta con scioperi generali del gruppo, a scacchiera, per singoli reparti ecc, ha bloccato la stabilimento e le consegne intaccando il “nervo sensibile” della produzione obbligando il padrone a fare numerosi passi indietro;

- il coordinamento dei delegati dei vari stabilimenti e la gestione della lotta da parte dei lavoratori ha mantenuto il fronte UNITO e COMPATTO ed in grado di colpire il padrone inducendolo a più “miti consigli”.

E’ necessario combattere l’idea del “meno peggio” che comunque vuol dire cassa integrazione e licenziamenti per tutti.

Nello stabilimento di Ronchis dopo l’annuncio della chiusura i padroni hanno tentato di portare via i macchinari produttivi: la reazione degli operai e dei sindacati è stata giusta e tempestiva, come fu allora quello delle lavoratrici della De Longhi che bloccarono ininterrottamente per oltre 20 giorni, con picchetti ed occupazioni lo stabilimento!

Le vertenze De Longhi e Smalti sono solo alcuni degli esempi concreti che dimostrano come l’unità dei lavoratori e la loro determinazione nel proseguire la lotta abbiano dato dei buoni risultati.

Per questo, oltre a dire NO ALLA CHIUSURA e NO AI LICENZIAMENTI (anche quelli incentivati con buonuscita in denaro: quale altro posto di lavoro è possibile trovare con questa crisi occupazionale?) è necessario:

1. eleggere dei comitati di lotta , basati sulle assemblee, che estendano la mobilitazione e gestiscano la trattativa con l’azienda sulla base di un mandato dei lavoratori;

2. a fronte degli esuberi dichiarati dalla proprietà, rivendicare la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario applicando i contratti di solidarietà (c’è bisogno di ridurre la produzione? Lavorare meno, lavorare tutti! E dopo tanti anni di profitti è giusto che i padroni sacrifichino parte dei loro dividendi !!);

3. creare un coordinamento con i lavoratori degli altri stabilimenti SAFILO per organizzare la mobilitazione e lo sciopero generale dell’intero gruppo;

4. appellarsi alle rappresentanze sindacali, studentesche e a tutte le realtà associative interessate a sostenere la mobilitazione e a lanciare casse di resistenza per sostenere gli scioperi!

Perché come ci hanno insegnato i lavoratori emiliani : “Se l’azienda è in crisi non è certo per colpa dei lavoratori; le leggi che governano il mercato non le abbiamo decise noi ma i padroni e dunque siano loro a pagarne le conseguenze. Non è possibile che “quando le cose vanno bene” per un’azienda l’unica cosa che aumenta per noi lavoratori sono i ritmi di produzione e invece “quando le cose vanno male” dobbiamo essere noi a farne le spese. I lavoratori della Smalti Modena hanno detto No ai licenziamenti e sono scesi in lotta rivendicando la riduzione d’orario di lavoro a parità di salario. I padroni fanno profitti da favola col nostro sudore e sacrificio, perciò devono essere loro a “tirare la cinghia” se il LORO mercato non tira. Dopo che per anni si sono macinati utili ora in una fase di ristagno del mercato si vogliono mandare a casa i lavoratori. Crediamo che l’unica soluzione adeguata per difendere i posti di lavoro debba essere quella di dare fondo ai profitti fatti quando le cose andavano bene e ridistribuire il lavoro, disponibile in questo momento, fra tutti i lavoratori riducendo l’orario a parità di salario fino a che non ci sarà una ripresa della domanda.”

La nostra voce
Lavoratori e delegati per un sindacato democratico e combattivo
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