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Università di Trieste: le ragioni dello sciopero generale del 10 novembre

Le tante ragioni - anche locali - di uno sciopero generale nazionale

(5 Novembre 2017)

sciopero generale 10 novembre

USB vi invita a partecipare allo SCIOPERO GENERALE NAZIONALE, di 24 ore, di tutte le categorie private e pubbliche, che si svolgerà venerdì 10 novembre ’17 CONVOCATO da USB, confederazione COBAS e CIB UNICOBAS.

A TRIESTE è previsto un presidio organizzato in P.zza dell’Unità d’Italia, a partire dalle ore 09.00 (zona Municipio).


Perché uno sciopero generale nazionale?

Le ragioni per partecipare ad uno sciopero generale sono talmente tante che si fa fatica ad elencarle. È certo però che il Ministro dell'Economia e quello per lo Sviluppo Economico incarnano la filosofia di questo governo (in perfetta continuità con quelli precedenti) in materia di politiche per il lavoro, cioè più soldi alle imprese, più soldi alle imprese, più soldi alle imprese.

Dopo il recente salvataggio delle banche a suon di decine di miliardi, con la Legge di Stabilità di quest'anno si procederà a finanziare il rinnovamento tecnologico delle imprese (il piano Industria 4.0) con più di 20 miliardi di euro, ai quali si aggiungono piani di defiscalizzazione e incentivi vari alle imprese. Anche i pochi spiccioli destinati all'occupazione vengono assorbiti dalle formule varie di bonus e sostegno alle imprese, senza mai prendere atto che ogni sostegno economico alle aziende si traduce in precarizzazione dei rapporti di lavoro e riduzione del personale attraverso l'introduzione di nuove tecnologie.

Ma, dice il governo, c'è la ripresa, gli strumenti messi in atto cominciano a dare i loro frutti… Forse ci sono segnali di ripresa per le aziende private grazie a questi continui esborsi di soldi pubblici a loro sostegno, ma sul fronte delle nostre condizioni di vita la ripresa non c’è.

I poveri sono in aumento, comunque li si voglia calcolare. Le persone che perdono il posto di lavoro sono tantissime, e la quantità di crisi aziendali in discussione al Ministero (quasi duecento) lo testimonia. Le aziende che forniscono servizi, dai trasporti all'energia ai rifiuti, sono in cronico deficit di manodopera, ma vengono costrette ad una continua riduzione delle risorse (“spending review”).


Tra i lavoratori pubblici i tagli ormai hanno ridotto di molto il personale, tanto che la Ministra Madia ha timidamente annunciato l'esigenza di nuove assunzioni, mentre i rinnovi contrattuali (il contratto e i salari sono fermi dal 2009 e la Corte Costituzionale, già con sentenza del 24/06/15, aveva sancito la incostituzionalità perché “… si è palesata appieno la natura strutturale della sospensione della contrattazione…”) prevedono pochi centesimi e quindi consacrano una perdita secca di salario.

Nel settore privato la fetta di lavoratori a basso salario, ben al di sotto dei mille euro, è ormai dilagante e sono tollerate, se non incentivate, anche forme schiavistiche di lavoro, con turni massacranti, nessuna protezione per la salute e crescente decontrattualizzazione.

Aumentano il part time obbligatorio e la flessibilità selvaggia senza nessuna considerazione per le esigenze di vita delle persone. Ed anche gli strumenti di controllo, spesso mascherati da nuova tecnologia, rendono sempre più invasiva per ogni lavoratore la giornata di lavoro.

È oramai ineludibile nel nostro Paese, e deve essere considerata centrale dell’azione sindacale, la questione dell’orario di lavoro. L’aumento di produttività registrato negli anni deve tradursi in una riduzione generalizzata e significativa dell’orario di lavoro, a parità di salario. Nell’attuale condizione dell’economia, la ridistribuzione dell’orario è strumento principe per la ridistribuzione del lavoro fra masse crescenti di senza lavoro.

Si continua a tentare la carta della contrapposizione tra giovani e anziani, tra garantiti e non garantiti e sull’onda di queste vere e proprie “fake news” si continua ad aumentare l’età pensionabile per chi lavora, si riducono gli importi delle pensioni e così facendo si impedisce anche l’ingresso stabile nel mondo del lavoro ai giovani e ai disoccupati. Intanto l’evasione fiscale ha raggiunto i 111 miliardi di euro…

Anche la gestione delle grandi crisi aziendali, come Alitalia o ILVA, ci rimanda ad un progetto di società in cui ciò che conto sono soltanto il profitto aziendale e l'utile dell'azionista: settori strategici per il paese vengono svenduti, senza nessuna considerazione dei lavoratori ma anche senza un disegno complessivo per questo Paese.

Aumentano le privatizzazioni dei servizi pubblici, spesso mascherate da parole come “efficientamento organizzativo” oppure adottando strumenti normativi come la costituzione di fondazioni (chi direbbe di NO ad un ente “no profit”?).

Per venire ad una questione concreta ed attuale in questo ateneo, non sarà priva di conseguenze, ad esempio, la strada intrapresa dall’attuale gestione dell’Università di Trieste verso la costituzione di una "fondazione universitaria":

la questione "fondazioni universitarie" si colloca nell’ambito della diffusa “pratica” legislativa delle “esternalizzazioni” di "servizi pubblici" ceduti a soggetti privati.

Nei fatti, norme e regolamenti alla mano, le funzioni delle fondazioni si sono allargate a dismisura, consentendo la proiezione all’esterno (e cioè proprio l’esternalizzazione) di attività vitali ed essenziali della struttura universitaria.

Evidenti, pertanto, sono i pericoli per lavoratrici e lavoratori, tanto quelli già in servizio, quanto quelli che saranno assunti al di fuori delle regole concorsuali pubbliche e secondo le norme sul “Job Act”.

Oppure, a livello cittadino, basterà fare riferimento all’appalto di quote consistenti di servizi pubblici vitali come quelli educativi erogati dai Comuni.

Nel Comune di Trieste pensiamo a quanto avviene nei ricreatori e negli asili comunali dove invece di stabilizzare tutto il personale educativo ed ausiliario precario, si è preferito aumentare il ricorso alle cooperative. Il massimo ribasso completa un quadro di per sé già tragico con il risultato che le condizioni di lavoro e i livelli salariali del personale in appalto è in caduta libera e la qualità del servizio a cui le famiglie affidano i loro figli peggiora di anno in anno.

Per quanto riguarda la sanità, è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere, come l’Italia abbia scelto la strada della sanità senza medici: si stanziano risorse ingenti per costruire ospedali (vedi il nuovo Burlo a Cattinara, dopo aver speso milioni di euro per la ristrutturazione del Burlo stesso), mentre non si vuole mettere mano ad un piano delle assunzioni di medici, personale infermieristico e tecnico. Nel contempo non si riflette sui mali causati dalla “aziendalizzazione” della sanità e da una dirigenza terreno di spartizione partitica.


In sintesi, è con queste argomentazioni che USB vi invita a partecipare allo SCIOPERO GENERALE NAZIONALE, di 24 ore, ti tutte le categorie private e pubbliche, che si svolgerà venerdì 10 novembre ’17 CONVOCATO da USB, confederazione COBAS e CIB UNICOBAS.


A TRIESTE è previsto un presidio organizzato in P.zza dell’Unità d’Italia, a partire dalle ore 09.00 (lato municipio).



Firmato:

USB Unione Sindacale di base – Università degli studi di Trieste

per USB Pubblico Impiego
Ferdinando Zebochin

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