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LA MERCE UMANA E IL SUO PICCOLO SORRISO

(30 Novembre 2017)

sorriso merce umana

Dell’infame vicenda della vendita di esseri umani ridotti in schiavitù, recentemente resa nota dalla Cnn, sono tanti i risvolti vergognosi e spregevoli.
Non ultimo il ruolo assunto dall’imperialismo italiano, tanto lesto a sbandierare i risultati della riduzione di sbarchi di migranti dalla Libia quanto lento, moderato, autoassolutorio e riduttivo di fronte agli orrori commessi da soggetti ed entità a cui ha appaltato il compito di trattenere i migranti. Soggetti ed entità molto simili ai figuri che hanno imbastito l’orrendo mercato di carne umana documentato dal filmato diffuso dall’emittente statunitense. Esemplare poi è la reazione di alcuni dei maggiori giornali italiani di fronte all’utilizzo da parte francese del dramma dei migranti reclusi in Libia in chiave di concorrenza alla proiezione di Roma nella regione. Che l’imperialismo francese utilizzi questa tragedia pro domo sua e che il suo sdegno morale puzzi di ipocrisia lontano un miglio non ci sono dubbi. Significativo è però anche il fatto che la denuncia da parte italiana della strumentalità delle impennate umanitarie di Parigi sia accompagnata dal placido riconoscimento che il dramma esiste e persiste. Insomma, il problema è che il rivale capitalismo francese impugna questa vergogna, non la vergogna stessa. Lo scandalo dunque è che uomini, donne e bambini messisi in marcia alla ricerca di una vita decente possono servire da stampella e pretesto per le iniziative del concorrente imperialista, e non tanto che questi uomini, donne e bambini possono essere, anche grazie agli accordi stipulati con l’Italia, impunemente percossi, torturati, venduti.
Mentre su una sponda del Mediterraneo si celebra il ritorno in auge della schiavitù in pieno terzo millennio, una città di un Paese dell’altro versante è attraversata dagli interrogativi e dalla curiosità legati alla vicenda del felino selvatico portato a spasso da una signora, definita dal Corriere della Sera «elegantissima e griffata dalla testa ai piedi». Le argomentazioni della signora sono state sintetizzate nel titolo dell’articolo del quotidiano meneghino: «È mio, lo tratto bene. L’ho pagato 10 mila euro». Nel disumano mondo dove regna la merce, nella società capitalistica in cui viviamo, potrebbero benissimo essere le parole di uno dei protagonisti della compravendita di esseri umani in terra libica. Con qualche fondamentale differenza: gli uomini non sono pagati così tanto e non c’è tanta premura nel sottolineare la benevolenza con cui sono trattati. Il prezzo della merce, e la sua conseguente possibilità di essere ben conservata, lo decide il mercato. Questo è il capitalismo.
Intanto, anche sulla stampa italiana, è circolato un fotogramma in cui è ritratto uno degli uomini venduti. Mostra qualcosa di simile ad un piccolo sorriso. Come se, insieme a sentimenti più evidenti e brutali, come la paura, provasse un certo imbarazzo ad essere così platealmente, spudoratamente, esibito come “cosa”. Come se con quell’accenno di sorriso cercasse di mantenere una vitale distanza da quell’orrore triviale in cui è costretto, come se rivendicasse una minima soglia di pudore. In quel piccolo sorriso c’è l’umanità che ci interroga, un’umanità che non si è lasciata sopprimere, che continua ad affiorare di fronte all’oscena asta che va consumandosi. In quel piccolo sorriso c’è l’uomo contro la merce, guizzano le motivazioni profonde che ci devono spingere a rifiutare le misere e omicide logiche da bottega che concedono consenso alle pratiche distruttive degli imperialismi. Quel piccolo, accennato sorriso ha più peso, un peso sulla scala storica, di tutte le ipocrite e ammorbanti parole d’ordine delle capitali dell’imperialismo: dai nostrani “aiutiamoli a casa loro” e “prima gli italiani”, all’umanitarismo a intermittenza dei vertici transalpini, fino alle mille crociate contemporanee in cui gli interessi del capitale sono stati ammantati dall’esportazione della democrazia, variamente declinata.
Le ragioni della rivoluzione sono in quel piccolo sorriso.

Prospettiva Marxista

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