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(25 Aprile 2011) Enzo Apicella

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UNA PROPOSTA DI FELICE BESOSTRI:
GRAMSCI, MATTEOTTI, L’ATTUALITA’ DELLA LOTTA AL FASCISMO, LA MIGLIORE TRADIZIONE DELLA SINISTRA ITALIANA

(30 Novembre 2017)

Ancora Felice besostri

Scrive Felice Besostri:

“Ho in mente un convegno da organizzare a Livorno alla fine gennaio 2018:
Livorno 1921 aveva ragione Turati o Bordiga? Hanno avuto ragione, a prezzo della loro vita, Matteotti e Gramsci. Raccogliere la loro eredità spirituale e valoriale portandola a sintesi è l'unico modo per far rinascere una sinistra in Italia. Quando si comincerà a capire che il pluralismo è una ricchezza per avere una nuova società di liberi ed eguali?”

Riprendo immediatamente rilanciandola la proposta del compagno Besostri.

Non basterà un convegno, sarà necessario mettere in moto un processo di effettivo confronto e aggregazione con l’obiettivo di ricostruire una presenza politica nel segno della migliore tradizione della sinistra italiana, superando di slancio la frenesia dell’opportunismo elettorali sta che i generali di tutte le sconfitte stanno mettendo in mostra proprio in questi giorni.

Il punto centrale di questa iniziativa dovrà essere rappresentato dalla rinnovata attualità della lotta contro il fascismo: un fascismo proteiforme quello che si sta presentando pericolosamente sulla scena ma che sempre più sta assumendo le vecchie vestigia dello squadrismo sopraffattore, ma non soltanto beninteso nella dimensione dei nazi – skin o di Casa Pound o di Forza Nuova, che pure non vanno sottovalutati perché rappresentano un pericolo reale.

Il neo – fascismo da combattere è quello che paga i libici per fermare con le armi i migranti; è quello che attenta alla Costituzione Repubblicana nonostante il voto del 4 dicembre; che intensifica lo sfruttamento del lavoro; che annulla lo stato sociale rilanciando proprio miti perduti dell’antico ventennio.

E’ il fascismo di un regime che si sta consolidando e che attraverso una legge elettorale votata ancora una volta al di fuori dai termini costituzionali si appresta a far svolgere una pericolosa funzione di “coalizione dominante” ai soggetti politici strettamente legati tra loro da interessi economici e di pura sopravvivenza di un ceto.

Gramsci e Matteotti scrive, dunque, Felice Besostri.

Cerco di indicare a questo punto perché, a mio giudizio, Gramsci e Matteotti:

“Gramsci in un’analisi molto approfondita perché delineata in una prospettiva storica molto ampia (cfr. “Le origini del fascismo” V edizione Editori Riuniti 1971) rintracciava le radici della reazione in questo modo : “il terrorismo vuol passare dal campo privato a quello pubblico, non si accontenta dell’immunità concessagli dallo Stato. Vuole diventare lo Stato. La reazione è diventata forte al punto che non ritiene più utile ai suoi fini la maschera di uno Stato legale ma intende servirsi di tutti i mezzi dello Stato”.

Così stando le cose si comprende come si dovesse proprio a Giolitti la decisione di quelle elezioni anticipate del 1921 nell’occasione delle quali si realizzò quell’alleanza tra liberali e fascisti che doveva aprire a Mussolini e ai suoi (35 eletti) non solo e non tanto le porte del Parlamento, quanto soprattutto la collaborazione attiva e passiva sempre più accentuata da parte dei più importanti esponenti di tutti i gangli dell’alta burocrazia statale (esercito, polizia, magistratura, prefetti) e della vecchia classe dirigente che le elezioni del 1919, svoltesi con la formula proporzionale, avevano spodestato dalla tradizionale posizione egemonica.

Se già nel gennaio del 1921 (tre anni prima del suo ultimo fatale discorso) Matteotti poteva denunciare, in un suo intervento alla Camera, una così impressionante serie di sopraffazioni e di violenze fasciste perpetrate con la connivenza degli organi che avrebbero dovuto essere preposti all’ordine pubblico, tanto più ciò doveva avvenire dopo che lo stesso presidente del consiglio Giolitti e con lui l’intero governo, avevano dato il segno dell’orientamento politico filofascista attraverso quell’alleanza elettorale.

Da allora lo squadrismo fascista non trovò più ostacolo consistente da parte delle cosiddette “forze dell’ordine”; da allora i capi del liberalismo e della democrazia “statutaria” non ebbero più né la forza né l’intenzione di opporre al fascismo una resistenza valida ed efficace.

Di fatto, attraverso tali complicità e appoggi la via del potere fu aperta al fascismo, mentre da parte delle organizzazioni proletarie si tentava, esaurita la spinta rivoluzionaria, una difesa disperata.

Le ragioni di tali complicità e appoggi risiedevano proprio nei motivi di classe che erano alla base della lotta tra fascisti e socialisti e che non sfuggivano fin dal 1920 – 21 né a Gramsci né a Matteotti.

E’ questo un punto fermo nella storia del fascismo e dell’antifascismo che non bisogna perdere di vista, perché costituisce ancor oggi una bussola di orientamento non soltanto sul piano storico.

Queste le parole di Matteotti ben prima della Marcia su Roma “ La classe che detiene il privilegio politico, la classe che detiene il privilegio economico, la classe che ha con sé la magistratura, la polizia, il governo, l’esercito, ritiene sia giunto il momento in cui essa, per difendere il suo privilegio, esca dalla legalità e si arma contro il proletariato”.

Gramsci,a quel punto, poteva a buon diritto sostenere che “solo la classe operaia non è responsabile all’interno delle condizioni in cui è stata piombata la nazione in seguito alle gravi sanguinanti ferite prodotte dalla guerra nel suo patrimonio umano e nel suo potenziale economico” e Togliatti poteva sottolineare gli “sviluppi inesorabili del fascismo mettendo in rilievo che solo il proletariato avrebbe avuto la volontà di condurre la lotta. In quella fase, precedente alla Marcia su Roma, emergono così le contraddizioni e le debolezze della parte liberale e democratica “statutaria” che risaltano anche nelle prese di posizioni di suoi esponenti antifascisti come Missiroli.” (da un mio testo “Antifascismo e marcia su Roma del 28 ottobre 2017)

In comune, essenzialmente, Gramsci e Matteotti in quel decisivo frangente storico ebbero la grande, inascoltata, intuizione della capacità della reazione di farsi egemone.

La stessa intuizione e capacità politica di cui abbiamo bisogno oggi a livello di base teorica per sviluppare una proposta complessiva di progetto, programma, organizzazione: di vera e propria ricostruzione politica della sinistra italiana, pur nelle sue differenti e articolate espressioni.

Senza mediazioni preventive, ma ricercando – come si sta cercando di fare –i tratti concreti dell’intreccio comune. Come risposta possibile , che ancora non si è avuta, a quei larghi settori sociali che il 4 dicembre 2016 respinsero la proposta di deformazione costituzionale in nome dell’affermazione, invece, della democrazia costituzionale.

In questo senso, a mio avviso, va ripresa, discussa, portata avanti la proposta avanzata dal compagno Felice Besostri.

Franco Astengo

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